Aldo Grasso, Corriere della Sera 06/10/2012, 6 ottobre 2012
QUANDO LA CHIESA SI APRI’ ALLA MODERNITA’
«Ogni Concilio è quasi come un intervento chirurgico, in quanto si manifesta innanzitutto come una scossa dell’organismo e come un pericolo. È incontestabile che dopo il Concilio si siano verificate situazioni di crisi, da cui derivano difficoltà e impegni, che solo così possono essere affrontati. Proprio tramite il venire a galla della crisi, si risvegliano forze salutari che possono condurre al rinnovamento». A pronunciare queste parole è il professor Ratzinger, allora — siamo negli anni 70 —, arcivescovo di Monaco. L’intervista giaceva, come tante altre, nei preziosi archivi Rai ed è stata rispolverata da Luigi Accattoli e Nicola Vicenti per un’interessante puntata de «La Grande Storia» dedicata al Concilio Vaticano II: «La Chiesa nel mondo. 50 anni dal Concilio» (Rai3, giovedì, ore 23.10).
La voce di padre Lombardi ha fatto da filo conduttore per riflettere sui fatti e gli eventi, per sentire i protagonisti del tempo, per capire come comprendere quel Concilio che Giovanni Paolo II ha definito «la più grande grazia del ventesimo secolo».
Alcuni, tra cui il priore di Bose Enzo Bianchi o il ministro Andrea Riccardi, sono convinti che il Vaticano II sia stata la grande scommessa della Chiesa per entrare nella modernità: papa Giovanni pensava di cambiare la Chiesa facendo leva sui «contenuti» dei Vangeli. Pensava cioè che la forma si fosse divorata la sostanza. Altri invece, si rifanno alla famosa espressione di Paolo VI, «il fumo di Satana nel tempio di Dio», per diffidare del Vaticano II o, quantomeno, per sottolineare come esista una falsa e abusiva interpretazione del Concilio, che vorrebbe una rottura con la tradizione, anche dottrinale. Innovatori contro tradizionalisti. Anche questo documentario si conclude con il famoso «discorso della luna», improvvisato da papa Giovanni l’11 ottobre 1962, in occasione della serata di apertura del Concilio. Il Papa che diffidava della tv ci ha lasciato un piccolo capolavoro di comunicazione pop.
Aldo Grasso