Alberto Arbasino, la Repubblica 6/10/2012, 6 ottobre 2012
È IL NOSTRO INNO, BELLEZZA
Continuamente, e per taluni magari scandalosamente, nei massimi eventi ufficiali e sportivi si canta e ripete che noi poveracci «Siamo da secoli — calpesti e derisi — perché non siam popolo — perché siam divisi ». Tutto vero, per carità di patria: è il nostro inno nazionale, bellezza. E allora, tutti in piedi sull’attenti? Senza cappello?... Ma intanto, la vera unità d’Italia si riscontra non già nei testi scritti, dalla
Divina Commedia
ai
Promessi Sposi,
bensì nell’“oralità” dei nomi battesimali, uguali dappertutto e modificati nell’uso parlato: Beppe, Gianni, Giangi, Pupa, Marisa, Ale, Cicci, Pucci.... E lasciamo perdere i diffusissimi Deborah o Christian. W l’Unità italiana?
*** «Brindando» (ma vi pare il momento?) mentre fra donne e champagne si continua a bacchettarci, frustarci, frustrarci, fustigarci, flagellarci, staffilarci... Naturalmente e continuamente sibilando, mugolando, abbaiando, berciando, vociando, sbraitando, strepitando, schiamazzando,
muggendo... Tutto un sibilare, secondo le cronache.
*** Stracciarsi le vesti fa benissimo, signora mia. Come cospargersi il capo di cenere: vedrà che bello, dopo. Però, poi, le gradirebbe ricucite con filo in tinta, col filo bianco, o con un fil rouge? E per il rotto della cuffia, me dica un po’ Lei, che se fa?
*** Palla al piede o al balzo, per noi va tutto bene, signora. Guardate però che abbiamo ancora le varie maschere e spugne gettate nei giorni scorsi. E tutti i cilindri e le lenti dei prestigiatori e degli entomologi. E una manciata de cartine de tornasole. E ’sti vecchi cartelli con su «gamba tesa», «denti stretti», «ciglio asciutto», «tutta birra», «buzzo buono»... Mah. Qua ce sarebbe pure un piede de guera. Ma uno solo. Scompagnato. E piccolo. L’altro, andostà? Boh. *** Ho agitato lo spauracchio, ma mi hanno risposto picche.