il Fatto Quotidiano 6/10/2012, 6 ottobre 2012
GRILLI-ORSI, NEL GOVERNO CRESCE L’IMBARAZZO
Dopo il Salva Italia, il Cresci Italia e il Trasforma Italia di due giorni fa, il presidente del Consiglio Ma-rio Monti dovrà escogitare almeno altri due decreti di emergenza: il Cura Grillismo e il Salva Grillite. Il primo serve a contrastare la minaccia costituita per il quadro politico dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo: l’ondata di scandali che travolge i partiti mette a rischio il percorso che, attraverso un esito elettorale ben equilibrato, dovrebbe portare al Monti-bis. E il decreto con cui giovedì scorso il governo ha messo i primi freni agli sperperi e alle ruberie nelle Regioni e negli enti locali è solo il primo passo di un tentativo di normalizzazione che solo l’esecutivo tecnico può guidare, visto il caos in cui si dibattono i partiti.
Ma nell’immediato il pericolo più serio per Monti è la grillite, malattia insidiosamente contagiosa che prende il nome da Vittorio Grilli, ministro dell’Economia. La rivelazione fatta giovedì sera dal programma televisivo Piazzapulita (La7) ha fatto tremare i pilastri di Palazzo Chigi. Tutti hanno sentito le parole con cui il numero uno di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, ha rivelato a cena all’amico Ettore Gotti Tedeschi che il gruppo industriale pubblico avrebbe risolto i problemi finanziari dell’ex moglie di Grilli, Lisa Lowenstein, assegnandole “consulenze inutili”. Vicenda di grande imbarazzo per il governo. Grilli ha ripetutamente smentito che mai siano intercorsi favori del genere tra la società di cui è, in quanto ministro, dominus. Orsi ha fatto lo stesso, con pari decisione. Ieri i due si sono attestati sulle dichiarazioni già rese nei giorni precedenti alle rivelazioni di Piazzapulita.
Rimane l’imbarazzo di Monti: perché Orsi nega di aver fatto ciò che egli stesso ha detto a Gotti Tedeschi e indirettamente, essendo intercettato in quanto indagato, ai magistrati?
I casi sono due: o Orsi adesso smentisce per coprire Grilli, o semplicemente durante la cena si è lasciato andare a qualche esagerazione, della quale però non sente il bisogno di scusarsi con Grilli e con il governo. Entrambe le ipotesi sono inaccettabili per Monti. Sulla carta la strada maestra sarebbe quella di pregare Orsi di accomodarsi all’uscita, visto anche che lo scorso 1 dicembre è stato messo al vertice di Finmeccanica al posto dell’allora indagato (e oggi archiviato) Pier Francesco Guarguaglini solo perché il governo era tenuto all’oscuro del fatto che fosse già indagato per un reato molto più grave delle false fatturazioni attribuite a Guarguaglini: corruzione internazionale, riciclaggio, finanziamento illecito ai partiti.
Ma chi dovrebbe chiedere le dimissioni a Orsi è proprio Grilli, che dimostrerebbe così di non avere niente da temere dal manager piacentino. Finora non l’ha fatto, e qui la storia si complica.
NELLA VISIONE di Monti la questione Finmeccanica potrebbe essere solo una fantasia di Orsi. Ma per il premier il problema più grave con Grilli è un altro: la telefonata intercettata con l’ex presidente della Banca Popolare di Milano, Massimo Ponzellini.
Nella conversazione intercettata Grilli chiede al vecchio amico di intercedere presso il segretario pd Pier Luigi Bersani per una non ostilità alla sua scalata al vertice della Banca d’Italia. Monti ha il problema di avere nella poltrona chiave del suo sobrio esecutivo un signore che si apprestava a diventare governatore della Banca d’Italia con un eventuale debito di riconoscenza verso una banchiere sottoposto alla vigilanza di palazzo Koch (vigilanza non superflua visto che alla fine l’hanno arrestato).
Per Grilli tira una brutta aria. Nel giro di pochi giorni ha dovuto registrare l’ostilità del Sole 24 Ore, che prima ha pubblicato la severa richiesta di spiegazioni dell’economista Luigi Zingales, e poi ha velenosa-mente archiviato la vicenda, dopo una lunga lettera di spiegazioni del ministro, come “leggerezza”. Poi è arrivato un duro articolo su Repubblica dell’economista Tito Boeri, coetaneo di Grilli, con un passato parallelo di studi alla Bocconi e negli Stati Uniti. Insomma, è proprio l’ambiente di provenienza di Grilli che tende a emarginarlo, additandolo al pubblico ludibrio.
Monti e Grilli hanno parlato dell’imbarazzante vicenda giovedì, a margine del Consiglio dei ministri e Grilli è uscito rinfrancato dal colloquio, accompagnato dai pubblici complimenti del premier per il lavoro fatto sul decreto Sviluppo. Grilli non ha però tenuto conto che Monti, in genere, non manda preavvisi.
E INFATTI, come accade in questi casi, la grillite si è rapidamente trasmessa dal mondo degli economisti togati alla politica. Ieri per la prima volta è comparso il tema della politica economica di Grilli, dopo che per mesi nessuno aveva mai neppure sospettato che lo sperimentato tecnico di via XX Settembre fosse titolare di una politica. È stato il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, a lanciare un significativo grido di dolore: “In vista delle elezioni e con questo distacco della gente dai politici, noi dobbiamo per forza portare avanti una proposta per la crescita e, pur mantenendo in piedi l’attuale governo, non possiamo continuare a fare la guardia bianca della linea recessiva di Grilli”.
Dichiarazione notevole. Richiamandosi ad antiche radici socialiste, Cicchitto si paragona con sgomento agli ultimi difensori dello Zar travolti dalla Rivoluzione d’ottobre. Lo Zar è Monti, Grilli viene dipinto come un suo ottuso esecutore.
E l’imbarazzo della maggioranza trova la sua miglior fotografia nell’altro polo. Il segretario pd Bersani ieri, interrogato sulla vicenda scottante dell’intercettazione Grilli-Ponzellini, non è riuscito a pronunciare un commento più penetrante del seguente: “Non lo so, su questo francamente non ho un’idea”. E se non ce l’ha lui, figuriamoci gli elettori. Giorgio Meletti • LISA, L’EX MOGLIE USA CHE “FACEVA CASINI” - Un uomo dell’altezzosa raffinatezza di Vittorio Grilli non si capacita di essere al centro di pettegolezzi un po’ ruspanti sui suoi rapporti con la ex moglie americana. Abituato a pensare in inglese alle sfere rarefatte dei noumeni finanziari, il ministro dell’Economia ha creduto di cavarsela con sdegnose smentite e gridando al “fango” (in inglese mud). Ma adesso la disastrosa attività imprenditoriale dell’ex moglie gli torna addosso come una vendetta del destino.
Ha sottovalutato il problema. Soprattutto ha sottovalutato l’avviso mandatogli dal sito Dagospia. Il quale un giorno non qualsiasi scrisse: “Avvisate Vittorio Grilli che la sua ex moglie americana è furiosa. Si è fatto una nuova famiglia ma il divorzio (e gli alimenti) non arrivano e pare che la bella signora Lowenstein racconta alle amiche romane che è stanca di aspettare ancora...”. Era il 4 giugno scorso, e solo il giorno dopo i magistrati che indagavano sulle tangenti Finmeccanica avrebbero interrogato Ettore Gotti Tedeschi a proposito della sua ormai celebre cena del 23 maggio da Rinaldi al Quirinale con Giuseppe Orsi, numero dell’azienda di piazza Montegrappa, indagato per corruzione internazionale.
Solo il giorno dopo si seppe che il “fango” messo nel ventilatore da Orsi tra un primo e un secondo era stato ascoltato dagli inquirenti e sarebbe presto stato di dominio pubblico. E che in quella cena il piatto forte erano stati proprio i problemi economici della quarantasettenne Lisa Caryl Lowenstein, originaria di New Haven, Connecticut.
E DUNQUE Dagospia magicamente anticipò all’interessato la notizia che gli affari della signora erano ormai argomento di conversazione in tutti gli uffici più ovattati del potere politico ed economico. Che, vere o false che fossero le storie raccontate da Orsi, l’opinione comune di vasti pezzi della classe dirigente aveva già stabilito prima dei magistrati intercettori che il professore anglofono aveva un problema serio.
Dice Orsi a tavola che la bella Lisa “gli ha lasciato qualche casino in giro”, e poi insiste: “Era un’imprenditrice, faceva dei casini”. Orsi è bene informato sulla misteriosa ex moglie di Grilli. È vero, fa (o faceva) l’imprenditrice, a dispetto della qualifica di “consulente aziendale” con cui il 20 gennaio 2009 fu ospite del salotto televisivo di Mario Latella (Sky Tg 24) per commentare in diretta la cerimonia di insediamento (inauguration) di Barack Obama alla Casa Bianca.
Imprenditrice sfortunata, che nel 1998 fonda una sfortunata società chiamata Made in Museum. L’idea è quella di vendere ai turisti quegli inutili oggetti ispirati alle opere d’arte che nell’entusiasmo del viaggio culturale qualcuno compra sempre (merchandising). L’Italia è la Mecca di iniziative del genere, anche perché, in mancanza del giapponese, magari c’è qualche amministratore delegato che compra qualche migliaio di euro di simpatici oggetti da regalare a Natale (gift) al posto della banale bottiglia di vino. Questo e altro si trova nelle strategie commerciali di fine anni ‘90, anni di boom e di sperperi in aziende private e, soprattutto, pubbliche.
Made in Museum va forte, apre un negozio dentro il duty free di Fiumicino, un altro all’aeroporto di Pisa, dove vanno forte le torri pendenti. Ma arriva l’11 settembre 2001, la tragedia delle torri gemelle stronca l’America e anche la moglie americana. È crisi nera del turismo, degli aeroporti, di tutto. Crollano gli affari. La signora Lowenstein chiude il bilancio 2002 con numeri da incubo: 535 mila euro di fatturato (più che dimezzato rispetto all’anno prima), perdite per 668 mila euro (superiori al fatturato), un debito di 2,3 milioni di euro (quattro volte il fatturato), di cui oltre la metà verso le banche di cui per mestiere si occupa il marito.
DOPO L’ANNO ORRIBILE la Made in Museum fa perdere le sue tracce. Non esistono altri bilanci depositati, e non si sa se la società esista ancora o sia fallita o sia stata liquidata. Si sa solo che un triste giorno del 2006 la signora ha venduto per 1600 euro le azioni (sue e del fratello) a due signori sconosciuti. Che i debiti non si sa chi li abbia pagati, o se mai le banche li abbiano chiesti indietro. E che il vecchio imperatore della Fiat, Cesare Romiti, ancora schiuma rabbia per non aver potuto fare causa alla Made in Museum per gli affitti arretrati di Fiumicino. g. m.