Alessandra Mangiarotti, Corriere della Sera 06/10/2012, 6 ottobre 2012
INCASSI RECORD E VELENI. ECCO LE 84 SOCIETA’ CHE RACCOLGONO I TRIBUTI - C’è
anche una onlus, la cooperativa Fraternità Sistemi di Ospitaletto, nell’albo delle concessionarie per la riscossione dei tributi locali. È una società di capitali, anche se con finalità non profit, e questo basta. Lo dicono le norme. Ci sono anche due società a suo tempo assorbite da Tributi Italia, protagonista dell’ultimo scandalo. Quindi la pugliese Gema, sospesa dopo il penultimo scandalo di luglio. E poi ci sono piccole e piccolissime che hanno sede in pezzi d’Italia dove i residenti non superano il tetto delle cinquemila anime e il costo del servizio è spesso più alto. È il caso di Zungri e Maida in Calabria, di Caltavuturo in Sicilia, ma anche di Endine Gaiano, nella bergamasca Val Cavallina.
In tutto sono 84 le concessionarie indicate nell’albo pubblicato dal dipartimento delle Finanze e a loro si appoggiano oltre 4.000 comuni: dalla reintegrata Ici alla Tarsu. E poi multe, lampade votive. C’è chi fa da sé e riscuote direttamente, magari consorziandosi con altri, e chi delega pagando il servizio a società private. Quanto? «Il 20-30-40% del tributo dovuto per la fase accertativa, il 5 per la riscossione spontanea», dice Francesco Tuccio, presidente dell’associazione uffici tributi enti locali (Anutel). «Per tutta l’attività siamo al 14%, per la sola accertativa non si supera mai il 10», replica Pietro di Benedetto, da vent’anni presidente dell’associazione delle aziende concessionarie Anacap.
Per il primo, ex funzionario comunale dell’area tributi, il sistema delle concessionarie «è una giungla: Tributi Italia non è l’unico scandalo, altre sono osservate speciali». Per il secondo, avvocato che fino al 2009 è stato anche difensore della Tributi Italia, il sistema «è la salvezza dei Comuni che non potrebbero farne a meno, il problema non è legato al maneggio del denaro, ma alle garanzie e ai controlli». Prima c’erano gli esattori, nel ’97 il decreto 446 ha dato la possibilità ai Comuni di rivolgersi a terzi. Le società private, una quarantina, prima si appoggiavano alle banche. Poi dal 2006 è arrivata Equitalia, molte sono finite lì, altre sono nate: le iscritte all’albo (dal 2010 si attende il decreto attuativo per la revisione) sono raddoppiate. Una volta dentro basta non avere condanne penali, disporre dei capitali minimi e si partecipa alle gare. «L’aggio pattuito, il costo del servizio, spesso è frutto di una convenzione», spiega Tuccio. «Ecco la prima anomalia: così, con la benedizione di politici, amministratori e dirigenti compiacenti (e interessati), il costo del servizio aumenta». La seconda anomalia: «Tutta italiana: i soldi finiscono prima nelle casse della concessionaria, poi del comune». La terza: «I controlli: di Tributi Italia si sapeva da quasi 10 anni, le segnalazioni alla commissione albo sono arrivate. La cancellazione doveva essere automatica e invece... lì siedono, oltre a Comuni e Province, le concessionarie». «Ci sono state le dovute istruttorie, io stesso ho votato per la cancellazione — ribatte De Benedetto —. E poi il primo controllo spetta ai comuni».
Domenico Coppola, 72 anni, ex esattore, ha una concessionaria a Grumo Nevano (Napoli). La sua Sogert riscuote tributi per il comune di Cardito (dove ha sede anche un’altra concessionaria come la Iap) e al Nord. «Da noi la Finanza arriva una volta l’anno, i controlli ci sono. Della Tributi Italia si sapeva, i Comuni avevano denunciato. Del resto se un Comune non riceve nessun accredito si dovrebbe muovere: o no?».
Alessandra Mangiarotti