Alessandro Pasini, Corriere della Sera 06/10/2012, 6 ottobre 2012
IL MIRACOLO DI MR BASEBALL CHE BATTE ANCHE BRAD PITT
Anche nella vita esistono i sequel. Gli Oakland Athletics mercoledì notte sono clamorosamente entrati nei playoff della Major League di baseball ma, soprattutto, il loro general manager Billy Beane ha ripetuto un miracolo tutto americano giudicato fantascientifico e irripetibile già quando accadde la prima volta, nel 2002. Una storia talmente pazzesca che se ne impadronì Hollywood. Risultato: il film «Moneyball», uno dei titoli più interessanti dell’anno scorso, con Brad Pitt nei panni di Beane, l’uomo capace di trasformare una squadra povera e perdente in una vincente grazie a una teoria semplice ed efficace. Invece che continuare ad affidarsi principalmente agli osservatori, BB recluta i nuovi acquisti sulla base delle statistiche, la religione/malattia del baseball. Liquida dunque i vecchi scout, ingaggia un giovane laureato in Economia a Yale e, dopo un avvio pessimo, raggiunge risultati storici: stabilisce il record assoluto di vittorie consecutive (20) nell’American League (una delle due leghe della Mlb, l’altra è la National: i vincitori delle due leghe fanno le World Series) e conquista i playoff. Lì esce al primo turno ma conta poco. Conta che i suoi metodi si sono dimostrati validi, tanto che i mitici Boston Red Sox gli offrono vagoni di soldi per passare da loro. Lui rifiuta e, guarda i casi della vita, i Red Sox nel 2004 vinceranno il loro primo titolo dopo 86 anni seguendo le sue teorie.
Il sequel è arrivato quest’anno, nella vita vera. A inizio stagione, ad aprile, gli A’s sono considerati una mezza armata brancaleone confinata in un ambiente moscissimo, con uno stadio vecchio e una proprietà che, considerata la rivalità coi San Francisco Giants sull’altra riva della Baia, vorrebbe trasferire la franchigia più giù a San José, verso un mercato ritenuto più interessante. Ancora a luglio le loro chance di vincere la West Division dell’American League è data a 100 dai bookies. Non solo: i quattro lanciatori titolari rimasti sono tutte matricole; i fortissimi e ricchissimi Texas Rangers volano; il lanciatore Brandon McCarthy viene colpito da una pallina e dev’essere operato alla testa, restando alcuni giorni fra la vita e la morte. Ma tutto ciò svanisce di fronte all’effetto Billy Beane: quell’improbabile melting pot chiamato squadra (con giocatori da tutto il mondo, persino Australia e Corea del Sud) cresce, ci crede, rimonta 13 partite ai Rangers, li appaia e nell’ultima partita della stagione regolare li stronca 12-5, spedendoli al secondo posto e a uno spareggio difficilissimo con Baltimora giocatosi stanotte.
Caduta e rinascita, i brutti e sporchi che diventano eroi mentre gli eroi cadono in disgrazia (nella vittoria di mercoledì è stato decisivo un errore mai visto della strapagata stella di Texas, Josh Hamilton). Hollywood non avrebbe saputo scrivere di meglio, anche perché il punto di partenza resta sempre lo stesso: il monte stipendi degli A’s è il 29° su 30 squadre della Major League con 55 milioni e 372.500 dollari contro i quasi 198 dei New York Yankees.
È il tocco di Billy Beane, possibile solo nel meraviglioso gioco del baseball, filosoficamente concepito per alimentare la sorpresa fino all’ultimo out, e realizzabile grazie al sistema sportivo americano, che permette sempre agli ultimi di diventare primi. Tanto per dire: delle 10 squadre arrivate ai playoff, 4 non hanno mai vinto un titolo e solo tre dei primi sette monte stipendi sono rappresentati. Insomma, come ha scritto bene Tom Verducci, uno dei più bravi giornalisti americani, «nella notte del dibattito presidenziale tra Romney e Obama, il baseball ha mostrato che cosa sia la democrazia al lavoro». È questo è il baseball davvero: democrazia in azione.
Billy Beane, innaffiato di birra e torte in faccia dai suoi giocatori nella festa post vittoria, ha commentato sereno: «I successi del passato non me li ero goduti. Adesso, a 50 anni, voglio imparare a gustarmeli. Per non dimenticarli mai». Lui, direbbe la morale della favola, ha vinto comunque, ma la storia non è ancora finita. Domani gli Athletics esordiscono nei playoff contro i Detroit Tigers. Trattandosi di baseball un pronostico è impossibile, sarebbe come prevedere l’amore o una vincita alla lotteria. Uno sceneggiatore però avrebbe già in mente la trama: gli A’s arrivano alle World Series contro i rivali dei San Francisco Giants come accadde nel 1989. La sfida allora fu interrotta dal terribile terremoto che sconvolse la Baia, poi gli A’s vinsero l’ultimo dei loro nove titoli. Senza il terremoto e senza Brad Pitt, sarebbe il «the end» più bello per il ritorno di Billy Beane, il general manager più bravo d’America.
Alessandro Pasini