Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sull’idea di Bossi di portare due ministeri al Nord si è scatenata un’iradiddio, non solo col centro-sinistra – che definisce la proposta una cretinata -, ma soprattutto col centro-destra: la Polverini e Alemanno («balle») hanno chiesto un incontro a Berlusconi, i meridionali (Forza del Sud) dicono che a ogni ministero portato al Nord deve corrispondere un ministero portato al Sud (uno a Napoli, uno a Bari, uno a Reggio Calabria), palle di fuoco da Cicchitto e Gasparri (capigruppo Pdl alla Camera e al Senato), bacchettate da Formigoni («non è l’esigenza prioritaria»), ostilità da La Russa. Il punto di vista dell’opposizione è invece riassunto da Rosy Bindi: «Che i ministeri entrino in questo modo nella campagna elettorale è la prova che il premier è ridotto come Totò a vendere Fontana di Trevi pur di tenere in piedi una maggioranza agonizzante».
• In definitiva di che si tratta?
Gliel’ho detto, la trovata della Lega è quella di trasferire – personale e tutto – due o tre ministeri al Nord. All’inizio erano due, e cioè quello delle Riforme (Bossi) e quello della Semplificazione (Calderoli). Si tratta tuttavia di due dicasteri piccoli, con poco personale, il cui trasloco avrebbe un impatto scarso sulla città. Infatti ieri Bossi ha detto che a Milano deve arrivare anche un ministero di peso «il più grande che c’è, che fa muovere l’economia».
• E qual è il ministero più grande che c’è?
La Pubblica Istruzione. Un milione e duecentomila dipendenti. La struttura amministrativa più grande del mondo dopo l’esercito degli Stati Uniti. Ho telefonato alla Gelmini per sapere che ne pensa. Le pare impossibile («è il ministero che ha unificato l’Italia»). Secondo lei oltre tutto Bossi non ha in mente la scuola, ma un dicastero economico, per esempio quello per lo Sviluppo economico. Nel Pdl, fuori dalle virgolette, ammettono tutti però che si tratta di roba da campagna elettorale, da non prendere troppo sul serio. In altri termini: sono colpi, per tentare di tirar su qualche voto a Milano, in un momento molto difficile.
• Ma al mondo esistono posti dove i ministeri sono distribuiti tra varie città?
Ho chiesto in giro, e non risultano. Anzi, più uno stato è federale, più la sua struttura amministrativa centrale è forte e ben radicata per controbilanciare le istituzioni locali. Non c’è in effetti federalismo ben fatto senza un centro forte, e con le competenze ben definite. Da noi un’esperienza di decentramento, del genere che il capo leghista va propagandando adesso, è l’Agenzia per la comunicazione, l’AgCom, che formalmente sta a Napoli, ma i cui membri sono poi continuamente a Roma. Un esempio di decentramento (con 300 dipendenti) che non mi pare stia funzionando. Altro esempio negativo è la Consob, che sta a Roma invece di stare a Milano, dove c’è la Borsa. Spostare la Consob non sarebbe poi troppo complicato, ma la legge relativa giace da tempo immemorabile in commissione Affari costituzionali senza che nessuno le faccia fare un passo avanti. C’è infatti anche questo: il sistema italiano prende decisioni semplici con una lentezza esasperante. Figuriamoci una decisione complicata come quella di portare un pezzo di capitale a Milano.
• In che senso, un pezzo di capitale?
I ministeri stanno nella capitale. Se ne porto tre a Milano, sto di fatto decidendo che il Paese ha due capitali. Quando la capitale venne portata da Torino a Firenze (1864) si trasferirono ministeri ed impiegati, con relativo sacco edilizio della città e caos inenarrabile. Firenze non ci guadagnò e ai fiorentini la faccenda non piacque per niente. Nel 1871 la capitale venne trasferita a Roma. Cioè, ancora una volta, il trasloco riguardò i ministeri e la burocrazia nazionale. Ognuno di questi trasferimenti comportò gigantesche operazioni di sottogoverno e la creazione di ricche clientele. Infatti Napoli, quando nel ’60 il Regno delle Due Sicilie venne consegnato a Vittorio Emanuele II, visse la cosa con disperazione: si perdevano posti di lavoro e una quantità di prebende. Ora, è a questo che pensa Bossi? A trasferire a Milano quel tanto di sottogoverno implicito nell’esistenza di un ministero?
• Che dice Berlusconi?
Bossi: «Berlusconi a noi ha detto sì e parola data non torna indietro». Calderoli: «Io sono abituato che nel Pdl decide Berlusconi e lui ci ha detto di sì. A me questo basta». Berlusconi: «Ci sono già a Milano dipartimenti delle opere pubbliche e del provveditorato scolastico, penso che non ci sia nessuna difficoltà a che alcuni ministeri possano venire a Napoli e in altre città anche del Sud, e che potranno essere in grado di lavorare conoscendo da vicino le situazioni». Dia retta a me, la settimana prossima, a ballottaggi finiti, ce ne saremo completamente dimenticati.
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