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 2011  maggio 23 Lunedì calendario

Droni Usa proteggono gli ex arsenali sovietici - Centinaia di tunnel sotterranei sparsi sotto migliaia di chilometri di steppa bruciata, rocce e cemento, in un paesaggio spettrale devastato da 456 esplosioni di bombe atomiche

Droni Usa proteggono gli ex arsenali sovietici - Centinaia di tunnel sotterranei sparsi sotto migliaia di chilometri di steppa bruciata, rocce e cemento, in un paesaggio spettrale devastato da 456 esplosioni di bombe atomiche. Era uno dei segreti più grandi dell’ex Unione Sovietica: il poligono di Semipalatinsk, oggi in Kazakistan, dove Stalin fece esplodere nel 1949 la prima bomba atomica in risposta agli americani. Ma oggi sono proprio gli ex nemici a proteggere i segreti di questo sito abbandonato a tutti i venti e soprattutto a tutti i malintenzionati, tra i quali - come teme Washington - possano arrivare anche i terroristi per dotarsi di materiali per una «bomba sporca». La terra di Semipalatinsk - 18 mila chilometri quadrati nel Nord-Est del Kazakistan - è letteralmente farcita di plutonio. Il luogo per i test venne scelto dal capo della polizia segreta staliniana Lavrenty Beria in persona, e le prime bombe venivano fatte esplodere senza nemmeno evacuare i villaggi circostanti. Dopo 116 esperimenti «all’aperto» arrivò il bando internazionale, e i sovietici furono costretti a limitarsi ai test sotterranei: ne vennero condotti 340, di cui l’ultimo nel 1989. Due anni dopo finì tutto: il tentativo di costruire il comunismo e sfidare gli Usa nella guerra fredda, la stessa Urss e i soldi. Il sito, presidiato da 30 mila soldati, venne smantellato con una fretta tale che l’ultima bomba, «in canna» in uno dei tunnel sotterranei, venne dimenticata, e disinnescata soltanto nel 1995. Mosca si dimenticò subito di Semipalatinsk, rifiutandosi però di condividere la documentazione con gli occidentali. I kazaki mandarono 500 soldati a fare la guardia a un territorio enorme e deserto, senza sapere bene nemmeno cosa contenesse il poligono. Che da allora diventò un incubo per gli Stati Uniti: un documento del Pentagono del 2009, svelato da Wikileaks, parla della necessità di «impedire che i residui di materiali nucleari cadano in mano dei terroristi», aggiungendo che Semipalatinsk era «il progetto di importanza critica» tra tutti quelli che il contribuente americano finanziava per garantire la sicurezza nucleare dell’ex nemico. Una missione quasi impossibile. I 181 tunnel usati per le esplosioni - e ancora pieni di materiale fissile - sono stati sigillati con «tappi» di cemento, ma nel 2004 almeno 110 gallerie erano state riaperte dai contrabbandieri. Che non erano in cerca di segreti nucleari, ma più banalmente di cavi di rame da rivendere in Cina. Almeno dieci «scavatori» sono morti dopo aver respirato l’aria piena di polvere al plutonio dei tunnel. «La mentalità dell’ex sovietico è cambiata», si lamenta Kairat Kadyrzhanov, direttore del Centro nazionale per il nucleare del Kazakistan e responsabile formale per il sito: «Cinquant’anni fa, quando vedevano il filo spinato e il muro di cemento, andavano via. Oggi, al contrario, vogliono scavalcarli per vedere cosa c’è dentro». Per impedirlo, i tunnel ora vengono risigillati a spese del Pentagono, che fornisce anche droni per pattugliare il territorio e sistemi di detector per tracciare ogni movimento nel perimetro del poligono. «Stavolta usiamo cemento speciale che assorbe il plutonio», ha detto Kadyrzhanov al New York Times, «a quel punto sarà più facile ricavare materiale fissile grattando le mura di una centrale atomica». Il governo del Kazakistan ha la responsabilità del poligono ma comunque ha solo una vaga idea di quello che contengono i tunnel: non essendo una potenza nucleare non ha diritto ad accedere a certe informazioni. Sia i kazaki che gli americani però si sentono tranquillizzati dal fatto che da un certo punto in poi la Russia ha cominciato a condividere parte dei documenti segreti su Semipalatinsk, riducendo drasticamente il timore che il Cremlino continuasse a nascondere qualcosa nella steppa. Una delle preoccupazioni dei russi era che gli scienziati americani avrebbero potuto dedurre informazioni strategiche sulle bombe atomiche made in Urss analizzando i residui di materiale fissile nei tunnel dove erano avvenute le esplosioni. Ma la paura che quelle rocce e quella sabbia potessero diventare materiale di partenza per una «bomba sporca» alla fine ha prevalso.