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 2011  maggio 23 Lunedì calendario

SE L’HEDGE FUND FINISCE ALLA SBARRA

Se pensate che la reputazione del settore finanziario americano abbia toccato il fondo, vi sbagliate. È appena iniziato il processo per insider trading contro Raj Rajaratnam, il fondatore miliardario di un hedge fund. Si tratta di una denuncia particolarmente scioccante perché svela il lato corrotto del mondo finanziario.

Il processo di Rajaratnam è eccezionale per diversi aspetti. Innanzitutto, è uno dei pochi casi di insider trading mai intentato contro un gestore professionista di hedge fund. Storicamente, i procuratori statali e federali hanno sempre preferito perseguire trader "occasionali", che facilmente individuabili.

Un classico esempio può essere il seguente: una piccola banca italiana ricevette da qualcuno, che non aveva mai condotto contrattazioni, un ampio ordine di azioni Us Shoe poco prima che l’azienda venisse acquisita dal marchio Luxottica; in questo caso, non fu difficile sentir puzza di bruciato. In altre parole, dal momento che i trader occasionali sono rari, è palese trovare il nesso di causalità tra le operazioni di trading e una soffiata illegale, mentre è difficile identificare un problema quando qualcuno fa centinaia di contrattazioni al giorno.

Nel caso di Rajaratnam, la possibilità di stabilire tale nesso è venuta grazie a un’intercettazione telefonica. Questo è il secondo aspetto rilevante del processo: si tratta del primo caso di insider trading che si affida a uno strumento probatorio generalmente riservato ai casi di droga o mafia. Quando i contenuti di tali conversazioni saranno rivelati in un tribunale, non placheranno la già elevata sfiducia della gente verso il settore finanziario, che non gode certamente di grande fama.

L’aspetto più rilevante di questo caso è il livello di persone coinvolte. Le precedenti azioni penali per insider trading nei confronti di soggetti che non fossero trader occasionali coinvolgeva solitamente singoli individui, come nel caso del finanziere Ivan Boesky avvenuto negli anni 80.

Questa volta, parliamo del cuore dell’America societaria. Un amministratore delegato di McKinsey, Anil Kumar, si era già dichiarato colpevole per aver fornito informazioni riservate a Rajaratnam nello scambio di pagamenti in contanti per un importo pari a 1,75 milioni di dollari. Raja Gupta, da nove anni amministratore delegato McKinsey, è accusato di essere uno dei cospiratori, insieme a Rajiv Goel, Ceo di Intel.

È talmente difficile immaginare che dirigenti di successo mettano a repentaglio carriera e reputazione che molti di noi sperano addirittura che le accuse si rivelino infondate. Un recente studio accademico, condotto da Lauren Cohen, Andrea Frazzini e Christopher Malloy, mostra d’altra parte come non sia improbabile che amici universitari come Kumar, Goel e Rajaratnam si radunino per condividere informazioni riservate.

Dallo studio emerge che i gestori di portafogli scommettono maggiormente su aziende i cui dirigenti sono amici o conoscenti del college, guadagnando un rendimento annuo aggiuntivo dell’8 per cento. Si potrebbero benevolmente leggere tali risultati nel modo seguente: dal momento che i compagni di college si conoscono meglio, un gestore di portafoglio è avvantaggiato nel giudicare la qualità del Ceo con il quale ha trascorso il proprio tempo al college. Questa interpretazione stride però con la scoperta che i rendimenti positivi sono legati a doppia mandata alla divulgazione di notizie societarie.

Se un processo di questo genere durerà dieci settimane, il pubblico giungerà facilmente alla conclusione che tutti gli hedge fund sono corrotti e che le regole del gioco valgono solo per gli outsider. Per fortuna non siamo a questo punto. Se da un lato vi sono certamente alcune mele marce nel settore, dall’altro la maggioranza dei trader ha un comportamento corretto e le loro ricerche contribuiscono a rendere il mercato più efficiente.

D’altra parte, i gestori legittimi di hedge fund non riusciranno a rimuovere facilmente il fango che i trader solitari hanno gettato sul settore. Un modo per risolvere il problema sarebbe quello di adoperarsi attivamente nella divulgazione delle informazioni. Gli hedge fund dovrebbero pubblicare tutte le contrattazioni degli ultimi due anni. I ritardi derivanti dalla divulgazione di tali informazioni non indebolirebbero la competitività, perché metà delle loro operazioni di trading si svolgono rapidamente. Al contrario, la pubblicazione delle informazioni comporterebbe una credibilità che deriva dal fatto di non avere nulla da nascondere.

La divulgazione pubblica e volontaria degli hedge fund potrebbe altresì prevenire un intervento di regolamentazione di gran lunga più rigido che potrebbe derivare dalle allarmanti notizie scaturite dal processo di Rajaratnam.