
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Anche la Siria è in fiamme, secondo al Jazeera nell’ultima settimana la polizia e le altre forze di sicurezza hanno ammazzato 150 persone, il culmine delle manifestazioni di protesta si è toccato venerdì con dimostrazioni e scontri a Daraa, Latakia, Hama. Re Assad II ha rilasciato duecento detenuti, come chiedeva la piazza, ma ieri la quasi-ribellione non si è fermata, a Latakia il popolo è tornato in piazza e ha bruciato gli uffici del partito di governo, idem a Daraa dove il giorno prima avevano buttato giù la statua dell’ex presidente Assad I le cui macerie ieri sono state scalate da dimostranti a torso nudo che gridavano «libertà». Qui è anche apparso il cartello «Il popolo vuole la caduta del regime», uno slogan che fino a venerdì era stato declamato con prudenza, tant’è vero secondo molti analisti stavolta il regime non cadrà, ma sarà solo costretto ad democratizzarsi. In ogni caso, ci sono stati parecchi morti anche ieri, gli agenti qui sparano senza esitazione nello stesso momento in cui il sovrano promette riforme, partiti, costituzione, liberazione dei detenuti, abrogazione della solita legge d’emergenza che consente di avere una parvenza di democrazia e una sostanza di dittatura.
• Sa che non so nemmeno bene dov’è la Siria?
Sotto la Turchia. Quel tratto di costa di fronte a Cipro occupato da tre paesi: nell’ordine, da nord a sud, Siria, Libano e Israele, uno sotto l’altro. Poi ci sono il Mar Rosso e l’Egitto. Solo che, anche a guardarli sulla carta geografica, Libano e Israele sono due striscette di sabbia, mentre la Siria, dietro l’affaccio sul Mediterraneo, ha un entroterra grande due terzi dell’Italia. Guardando la carta geografica si capisce subito che è una posto di passaggio: si deve attraversare in Siria se si vuole andare in Iraq e poi magari in Iran oppure in Arabia. Come succede in genere, la posizione geografica ha determinato la storia di questo pezzo di mondo, storia molto tormentata.
• Come mai “Assad I”, “Assad II”, come se fossero dei re? Invece sono dei presidenti?
Sì, formalmente c’è una repubblica, persino con una matrice socialista. Il partito Baath – le cui sedi ieri sono state prese di mira dai manifestanti – è lo stesso di Saddam: laico e quasi marxista. Questo, alle origini. Adesso siamo in presenza di una dittatura, giustificata dalla legge d’emergenza emanata mezzo secolo fa per via degli israeliani. Gli israeliani occuparono allora, e occupano ancora oggi, le alture del Golan, che sono siriane, e quindi formalmente le due nazioni sono ancora in guerra. Il Golan, tuttavia, è la zona più tranquilla di tutto il Medio Oriente. E ha perciò fatto sensazione che manifestazioni violente abbiano avuto luogo anche lì. I presidenti siriani si chiamano con il I e con il II come se fossero re, perché di fatto si tratta di re. L’attuale Assad è figlio del vecchio Assad e ha preso il posto del fratello, morto prima del padre in un incidente stradale. Quindi tutto si svolge come se si trattasse di una monarchia.
• Dittatura sanguinaria? Miseria?
Miseria sì e il loro petrolio sta per finire. Sono anti-americani e stanno con l’Iran. Nel corso degli anni hanno ammazzato parecchi palestinesi, tuttavia fanno asse con i terroristi di Hamas e con i semi-terroristi Hezbollah, quelli che dal Libano si divertono a bombardare le città israeliane. I siriani hanno di fatto occupato il Libano fino al 2005, facendo ammazzare tutti quelli che gli davano fastidio. Regime saldamente familiar-militare. Figli, fratelli, zii, cognati amministrano il potere e stanno dappertutto, tant’è vero che i manifestanti ce l’hanno specialmente col fratello del presidente, Maher, capo delle guardie presidenziali, e col cugino Rami Makhlouf, che controlla importanti settori dell’economia. La famiglia è alleata con i militari e non sembra che questi siano intenzionati a passare dalla parte dei rivoltosi. Con gli Assad, sono potentissimi. Ma bisogna vedere.
• Che cosa ci dobbiamo augurare?
Non lo so. I Fratelli musulmani, massacrati nella loro città di Hama che fu poi demolita con i bulldozer, ce l’hanno a morte con gli Assad, che sono quasi sciiti (per l’esattezza alawiti) in un paese che all’80 per cento è sunnita. Potremmo passare da un regime amico degli ayatollah, ma laico, a un regime fondamentalista di altro tipo. Assad II è un pezzo d’uomo alto quasi uno e novanta e ha 45 anni. Cioè è giovane, ha studiato in America e in Inghilterra, è un oftalmologo mancato, ha sposato una donna elegantissima che si chiama Alma al Akhras e ha una portavoce – Bouthaina Shaaban – che ci tiene anche lei ad apparire moderna secondo il concetto occidentale. Quindi non si tratta di una mummia alla Ben Alì o alla Mubarak. Il giovane re-presidente potrebbe effettivamente provare a cambiare il paese e scamparla. Se fa ancora in tempo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/3/2011]
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