Marco Lodoli, la Repubblica - Roma 27/3/2011, 27 marzo 2011
IL NOBILE MESTIERE DI IMPASTARE PANE
Il fornaio è sicuramente uno dei mestieri più faticosi e più nobili: tutta la notte a impastare acqua e farina, a comporre pagnotte, a infornarle, in un´aria surriscaldata, mentre la città dorme. Conosco un fornaio che mi ha confessato di non sapere più come funziona il mondo, perché lui lo vede e lo pensa in un tempo diverso, lunare, forse sbagliato. Va a dormire quando la vita degli altri inizia a muoversi, si alza e va al lavoro quando per gli altri è tempo di riposo. Un´esistenza capovolta, fatta di farina e silenzio, di pazienza e di fretta, di sigarette fumate in solitudine, sul marciapiede al gelo dell´inverno, e di braci e vampate che squagliano i pensieri. Ogni tanto qualcuno bussa - ragazzi agitati che escono da una discoteca, qualche bonario metronotte, qualche esemplare dell´inquieto popolo degli insonni – e chiede un cornetto, una rosetta, un etto di pizza bianca. Poi più niente. Anni e anni di lavoro per il mondo, ma fuori dal mondo. E forse ogni fornaio romano pensa che quando tutto sarà finito, sarebbe bello avere un sepolcro come quello di Eurisace e di sua moglie Atistia, quello che sta accanto a Porta Maggiore, carico di simboli di questo mestiere scomodo e necessario. Il sepolcro fu scoperto nel 1838, quando papa Gregorio XVI fece demolire le torri difensive che stavano lì da secoli. Così venne fuori questo bizzarro monumento funebre, sul quale casca l´occhio di tutti gli automobilisti fermi al semaforo.
L´elemento architettonico originale sono quei fori sistemati su ogni lato: potrebbero sembrare fornetti, in realtà sono della grandezza di uno staio, cioè di un contenitore di grano. E´ un sepolcro imponente, che già da allora vuole ricordare a tutta Roma che per vivere serve amore, fantasia, ma soprattutto pane caldo ogni benedetta mattina, da godersi giorno dopo giorno, fino all´ultima mattina.