
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Procura di Milano pensa che in febbraio ci siano stati strani movimenti sul titolo Parmalat, e così ha aperto un’inchiesta, pm Eugenio Fusco, ipotesi aggiotaggio. Ieri è stato interrogato l’amministratore delegato del gruppo, Enrico Bondi. Poi un giornalista italiano, profittando della conferenza stampa, ha fatto a Sarkozy una domanda su Parmalat, e il presidente ha risposto: «Mi piacerebbe avere una posizione… ehm, può ripassare? Intanto mi preparo». Il giornalista ha chiesto il permesso di telefonargli, e Sarkozy ha detto: «Magari può chiamare mia moglie, eh? Così parlate italiano… Ma forse è il momento di chiudere questa conferenza stampa, sta diventando molto pericolosa».
• Che cosa c’è di pericoloso con la Parmalat?
Se la sta comprando un’azienda francese, che si chiama Lactalis, ed è un colosso del settore. Il magistrato sospetta che in febbraio, quando nessuno sapeva niente dell’operazione, tre fondi esteri abbiano speculato sul titolo in Borsa illegittimamente, cioè profittando di informazioni riservate. I tre fondi – Zenit, Skagen e MacKenzie - detenevano allora il 15,3% di Parmalat. Che hanno poi venduto a Lactalis.
• E Sarkozy? Dove sta la pericolosità delle domande su Parmalat?
A parti invertite, Parmalat non avrebbe potuto comprare Lactalis, perché i francesi hanno varato una legge in base alla quale certi comparti produttivi – undici per il mondo, sette per i partner europei - sono stati proclamati di interesse nazionale e prima di comprare uno straniero deve chiedere il permesso al governo. Tra i comparti sotto tutela c’è l’alimentare. Fecero questa legge per impedire agli americani di pigliarsi la Danone. L’Europa, che in teoria proclama la libera concorrenza, per ora tollera. Quindi, se un italiano si volesse comprare la Lactalis dovrebbe farsi autorizzare.
• E noi non abbiamo una legge simile?
No, non ce l’abbiamo. Tremonti adesso, proprio per respingere l’attacco della Lactalis, ha varato un decreto che permette di tenere le assemblee più tardi di quanto previsto… ehm, forse è un po’ complicato.
• Già, che c’entrano le assemblee? Quali assemblee?
Allora. La Lactalis ha prima comprato in Borsa un po’ meno del 15 per cento della Parmalat. Poi ha persuaso i tre fondi esteri di cui abbiamo parlato prima (Zenit, Skagen e MacKenzie) a vendergli il loro 15 per cento. Il padrone della Lactalis, monsieur Emmanuel Besnier, s’è presentato ai tre fondi con 744 milioni di euro in mano e ha detto: avete tempo a vendere fino alla mezzanotte di oggi, dopo di che mi ritiro. L’offerta era irresistibile: 2,8 euro ad azione, mentre durante il rastrellamento precedente il titolo era arrivato al massimo a 2,6. Ora, con quasi il 29,9 per cento delle azioni in mano, i francesi possono eleggere un consiglio d’amministrazione controllato da loro. Certi dicono sei consiglieri su undici, altri addirittura nove consiglieri su undici. Il consiglio d’amministrazione è stato convocato per il 14 aprile, e quel giorno i francesi potrebbero diventare padroni in tutti i sensi: hanno le azioni e, con il loro cda, avrebbero il governo del gruppo. Ma il decreto di Tremonti stabilisce che l’elezione del consiglio d’amministrazione si può rinviare e che quindi si può guadagnare tempo. Le assemblee, per rispondere alla sua domanda, sono le assemblee dei soci, cioè di coloro che hanno in mano le azioni. Sono gli azionisti, riuniti in assemblea, che eleggono il cda. Anche se il 29,9 per cento può sembrare una quota di minoranza, in realtà non lo è: Parmalat ha il suo capitale diffuso in Borsa, con quasi il 30 per cento si è tranquillamente padroni. Un problema è: se il cda sarà rinviato, che cosa farà Tremonti nel frattempo? Potrebbe, per esempio, far passare in Parlamento una legge uguale a quella francese, e nessuno avrebbe titolo per recriminare. Si tratterebbe dell’applicazione del principio di reciprocità: se tu non mi fai fare una cosa in casa tua, non te la faccio fare nemmeno io a casa mia.
• Se Parmalat è così attraente, perché non se l’è comprata un italiano?
Vecchia storia. I francesi, da noi, hanno comprato un sacco di roba. Lactalis controlla già Locatelli, Galbani, Invernizzi e Cademartori, hanno in mano la distribuzione, al tempo dei furbetti si sono presi la Bnl. Eccetera, eccetera. Gli imprenditori italiani, quando li hanno, non mettono i soldi sul tavolo: vogliono farsi finanziare dalle banche o dallo Stato, altrimenti non si muovono. Voglia di rischio? Zero. Adesso si parla di una cordata Ferrero-Granarolo, che potrebbe opporsi lanciando un’opa di 5 miliardi (cioè si comprerebbero tutto) oppure convincendo i francesi a rivendergli questo 29,9, oppure rastrellando un altro 29% e cercando di mettere in piedi un’alleanza, con gli italiani al comando. Molto difficile. La Borsa non ci crede: dopo l’annuncio che i tre fondi avevano venduto, il titolo è precipitato.[Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 26/3/2011]