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 2011  marzo 26 Sabato calendario

LA PRIMA GRANDE CENTRALE SOLARE OGGI È LA CASA DI UN GATTO – ACCENSIONE”

Lo scienziato sgranava gli occhi, guardava il bambino in faccia per sottolineare la solennità del momento. Poi schiacciava il pulsante rosso e intorno le catene cominciavano a cigolare, decine di grandi specchi rotondi puntavano il sole. Si riempivano di luce. “Non fissarli con gli occhi”, ordinava il professore nel suo camice bianco. Intorno scendeva il silenzio: le automobili, le campane del paese, perfino, avresti detto, gli uccelli, tutti tacevano come se comprendessero l’eccezionalità di quello che stava accadendo. O almeno così pareva al bambino. Poi, dopo lunghi interminabili secondi, una macchia chiara si disegnava sull’enorme caldaia sospesa a mezz’aria sopra gli specchi. Era la luce del sole, sì, davvero gli specchi l’avevano catturata, la proiettavano sul recipiente di metallo che sotto i suoi occhi e quelli dello scienziato diventava rosso fuoco. Incandescente. A quel punto il professore lo prendeva per mano e lo portava a vedere gli strumenti: “Guarda”, diceva, “La temperatura sale. Con la luce del sole abbiamo prodotto l’energia”. Già, l’energia, quella parola che al bambino sembrava vaga e magica, che era sinonimo di potenza.
Quel bambino di trentacinque anni fa è il cronista che oggi scrive. L’uomo con i capelli bianchi ordinati e gli occhiali scuri che non riuscivano a nascondere un entusiasmo altrettanto incontenibile era Giovanni Francia, uno dei pionieri mondiali dell’energia solare. Un italiano, tanto per cambiare. Le grandi scoperte a volte nascono così, in modo quasi artigianale, in una terrazza affacciata sul mare, in mezzo agli ulivi, a piantagioni di orchidee e siepi di rosmarino.
GLI ESPERIMENTI
DEL PROFESSOR FRANCIA
Siamo a Sant’Ilario, alle porte di Genova, nei terreni dell’Istituto Professionale Agrario Marsano.QuineglianniSettantailprofessorFrancia ottenne un francobollo di terra per poter realizzare i suoi esperimenti sull’energia solare. Non era un granché, già allora la ricerca in Italia non era troppo considerata, ma l’ingegnere non si perdette d’animo: insieme con i suoi collaboratori costruì praticamente a mano la sua prima centrale solare. Uno dei primi impianti del mondo. Gli studenti, i bambini del paese, i contadini che lavoravano nei campi vicini assistevano agli esperimenti. Fu un successo, la notizia rapidamente raggiunse mezzo mondo. A Sant’Ilario cominciarono ad arrivare delegazioni di scienziati per vedere gli specchi che imprigionavano il sole e producevano l’energia.
Sonopassatiquasiquarant’anniebisognatornare alla centrale solare di Sant’Ilario per capire lo strano destino dell’energia solare in Italia. Giovanni Francia purtroppo non c’è più, compirebbeproprioquest’announsecolo,madi lui come di tanti altri nostri scienziati ci siamo dimenticati. E la centrale ormai è in rovina. Uno spettacolo che mette malinconia: gli specchi in pezzi, il braccio che sostiene la grande caldaia si è piegato, alla sua base dorme beato un gatto. Intorno sono tutte erbacce che hanno ricoperto gli strumenti. “E pensare che oggi in California utilizzando gli stessi principi dell’impianto di Sant’Ilario si sta costruendo la più grande centrale solare del mondo”, racconta Cesare Silvi, ingegnere nucleare “riconvertito” al solare.
La centrale di Giovanni Francia è diventata comunque un simbolo. Non del successo della tecnologia italiana, ma delle difficoltà che le fonti di energia alternativa affrontano in Italia. Tra decenni di oblio, improvvisi risvegli con incentivi altissimi e finanziamenti a pioggia che dopano il settore e, infine, recentissimi tagli che rischiano di azzerare una produzione che offre ventimila posti di lavoro (ma si parla di quasi centomila con l’indotto).
Una cosa pare certa: il solare sta per essere sacrificato sull’altare del nucleare. Già, il grande nemico del sole è l’atomo. Ma non soltanto: ci sono anche le grandi multinazionali dell’energia che vedrebbero ridursi, e non di poco, la loro fetta di mercato. “Certo, il fotovoltaico sembra produrre poco, se confrontato alle tecnologie tradizionali: l’impianto di sei ettari a Castelnuovo Rangone(EmiliaRomagna)produce2megawatt, briciole di fronte alle centrali a carbone che vanno da 300 a 1.600 megawatt.
Ma la vera forza è nella diffusione capillare su tutto il territorio. Nel mix di grandi impianti e di installazioni domestiche”, spiega l’ingegner Rocco Viscontini, imprenditore del settore e consigliere del Gifi (Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane). Aggiunge: “A Castelnuovo Rangone, per esempio, diamo energia a un intero paese di diecimila persone senza inquinare l’atmosfera”. Già, una casa equipaggiata con pannelli fotovoltaici significa 2 tonnellate e mezzo di CO2 in meno immesse nell’atmosfera da ogni famiglia. Per non dire dei risparmi economici. Non solo: i 7.400 megawatt di solare già installati nel nostro Paese valgono quanto due o tre centrali nucleari.
Del resto, sempre il professor Francia diceva: “L’equilibrio termico della terra si recupera soltanto con l’energia solare”.
Tutto semplice? Mica tanto. Il filo conduttore della storia delle fonti alternative in Italia sembra essere la mancanza di un disegno politico per lo sviluppo dell’energia solare (che sfrutta due tecnologie: quella meno diffusa degli specchi solari riflettenti e quella dilagante dei pannelli fotovoltaici che accumulano il calore e lo trasformano direttamente in energia).
L’ultimo capitolo si scriverà in questi giorni. È del 3 marzo (appena due settimane fa, ma sembrano passati secoli dopo il disastro di Fukushima) la notizia del decreto firmato dal ministro Paolo Romani che corregge in corsa gli incentivi per i prossimi anni fissati appena sette mesi fa. In praticailfotovoltaicopotràgoderedegliincentivi fissati nell’agosto 2010 ed entrati in vigore il primo gennaio 2011, solo fino al 31 maggio 2011, e non più fino al 2013. Dopo verranno stabilite nuove tariffe e nuove modalità di incentivazione, ridotte rispetto a quelle previste, che saranno rese note solo ad aprile. Insomma, regna l’incertezza.Peccato,perchél’Italiainpochianni aveva raggiunto il secondo posto al mondo per energia prodotta con il sole: 7.400 Megawatt.
DAL SOLE ALL’ATOMO
CO2 E MEGAWATT
Ancora poco per un Paese dove il 67 per cento del fabbisogno energetico arriva essenzialmente dalle sorgenti fossili, come il carbone, altamente inquinanti. Dove il 19 per cento viene prodotto conl’idroelettrico(chenoninquina,marischiadi uccidere i fiumi, come il Piave che sacrifica all’energia più della metà delle sue acque). Insomma, il solare sarebbe davvero la soluzione ideale.Mailcondizionaleèd’obbligo.“E’proprio la mancanza di prospettive sicure il problema principale”, sostiene Edoardo Zanchini di Legambiente. Aggiunge: “In Germania hanno definito la curva degli incentivi fino al 2020, così hai la possibilità di pianificare gli investimenti potendo contare su incentivi minori, ma certi. Il contrario di quello che è successo in Italia dove le imprese non possono investire. Nessuno sa che cosa succederà dopo il primo giugno”. Già, ancora la Germania, il modello tedesco. Nel settore automobilistico, come nel fotovoltaico, sembraunacondanna.Adascoltaregliespertidel settore, la mannaia che pende sul fotovoltaico tricolore non è il taglio degli incentivi. Anzi, sono gli stessi operatori ad ammetterlo: “Gli incentivi finora erano eccessivi”. Lo hanno raccontato anche Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sul Corriere della Sera: i tagli agli incentivi non fanno tremare soltanto le imprese del settore, ma anche le banche che finanziano gli impianti e hanno trovato nel settore una forma di investimento perfino più vantaggiosa del credito tradizionale. Finora in Italia il costo medio dell’energia arriva a 70 euro al chilowattora, mentre producendo con il fotovoltaico si intascano fino a 402 euro. E a pagare gli incentivi, alla fine, sono gli utenti sulla bolletta, con un aggravio di circa 2 euro al mese, che nel 2010 è arrivato a 5,7 miliardi. Così è cominciata una grande corsa al fotovoltaico che farebbe impallidire la corsa all’oro: negli ultimi quattro anni sono state presentate domande di impianti alternativi per 130 mila Megawatt, mentre nell’ultimo secolo nel nostro Paese sono stati installati “appena” 105 mila Megawatt. Soltanto nel 2009 gli impianti solari sono aumentati del 418 per cento, un balzo che ha spinto il Governo a porre un tetto: 8.000 Megawatt. Ecco che i nodi vengono al pettine: la pioggia di incentivi che ha sostenuto i tanti imprenditori seri, ma anche i furbi che hanno cercato l’arricchimento facile, come dimostrano le inchieste – riportate con enfasi dalla stampa (di centrodestra) amica del nucleare – soprattutto nel Sud: a Siracusa sono stati sequestrati impianti fotovoltaici mai entrati in funzione, che però avevano fruttato dieci milioni di incentivi. Già, in Sicilia il fotovoltaico fa gola a molti, soprattutto politici. Così c’è chi ha sollevato una questione di opportunità per la concessione ottenuta dalla società diunassessoreregionale(“Nonhoavuto alcun favore”, giura lui), mentre la Procura di Palermo ha fatto scattare le manetteaipolsidiundeputatoregionale del Pd che si sarebbe intascato una mazzetta “solare” da diecimila euro.
DALLA PUGLIA
ALLA TOSCANA
E poi c’è il problema della convivenzanonsemprefaciletrafotovoltaico e agricoltura: in Puglia il valore dei campi incolti è quasi decuplicato. Via le coltivazioni, arrivano i pannelli. Il meraviglioso Salento da solo contribuisce alla produzione pugliese col 30 per cento (87,6 megawatt, dei quali ben 76,6 su 115 ettari in zone agricole). C’è poi la Toscana, soprattutto le province di Pisa, Livorno e Grosseto.ParliamodellaMaremmadovedal2006 al 2010 sono stati rilasciati oltre 30 permessi per parchi solari sopra i 200 Kw (per un totale di 30 Megawatt) che coprono più o meno 60 ettari. E si aspetta il via libera per altri quattro megaimpianti: uno a Roccastrada e tre a Manciano. “Se venissero approvati sparirebbero in un sol colpo più di 200 ettari di terreni agricoli”,diceAndreaMarciani,expresidentedel circolo locale di Legambiente. Mentre Mariarita Signorini di Italia Nostra avverte: “Nella splendida Val di Cornia, a 10 chilometri delle zone archeologiche di Baratti e Populonia, ci sono richieste da parte del comune di Piombino per 400 ettari”. Siamo di fronte a un paradosso: sono le stesse associazioni ambientaliste, favorevoli alle energie alternative, che lanciano l’allarme.
E il decreto Romani, per la soddisfazione del collega Giancarlo Galan, segna dei limiti severi anche per il rapporto tra coltivazioni e terreni destinati al fotovoltaico. Insomma, c’è stato un giro di vite. Ma per eliminare le storture si rischia di strozzare un settore che stava veramente decollando e che potrebbe consentire di produrre quote consistenti di energia con inquinamento zero. Qui si torna alla Germania dove il solare è uno dei settori principali dell’economia, con oltre 130mila occupati, sui 340mila complessivi delle energie rinnovabili. Spiega Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto club che raccoglie imprese e soggetti pubblici: “I tedeschi contano di produrre fino a 50.000 Megawatt con il solare entro il 2020. Nel 2050 la Germania riuscirà a ricavare oltre l’80 per cento del proprio fabbisogno energetico da fonti alternative pulite e sicure”. Insomma, non avranno più bisogno del nucleare. Il segreto? “Gli incentivi sono più bassi che da noi, ma sono stati fissati con grande anticipo. Non solo: i tedeschi entro un paio di anni potrebbero arrivare alla cosiddetta “grip parity”, in pratica il fotovoltaico diventerà conveniente anche senza incentivi”. Mailfotovoltaicopuòdavverostareinpiedisenza un’iniezione di denaro con le bollette? Silvestrini è convinto di sì: “Primo, i costi si ridurranno rapidamente con la crescita dell’industria. Secondo, il rendimento dei pannelli grazie alle celle a film sottili e alle biotecnologie aumenterà entro pochi anni da 12 al 18 per cento”. Il presupposto, però, è semplice: bisogna crederci davvero e investire.
E se lo Stato ti volta le spalle, il settore ancora fragile rischia rapidamente di crollare. Lasciando il posto al nucleare, appunto. Ma servono provvedimenti seri, strutturali. Ricorda Silvi: “In Gran Bretagna hanno varato un piano che prevede il rinnovo del 50 per cento del patrimonio edilizio entro il 2050. E uno dei nodi di questa rivoluzione è proprio il progetto di costruire edifici che consumano meno energia e che possono utilizzare energie alternative”. Come dire: per puntare sul solare occorre lavorare anche con architetti e urbanisti. Insomma, per lanciare davvero l’energia solare non servono più soldi. Anzi, semmai ne bastano di meno. Ma occorre una volontà politica chiara, un progetto che chiami in causa non soltanto le imprese interessate, ma anche chi costruisce le case. Che punti sull’energia pulita senza cancellare a colpi di pannelli splendidi paesaggi e migliaia di ettari di campi. Questa è la grande differenzatralaGermania,dovenel2020il47per cento dell’energia arriverà da fonti alternative, e la nostra Italia.