Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 26 Sabato calendario

PROCEDE IL TRASLOCO FIAT IN USA

La Fiat vuole spostare il quartier generale del gruppo negli Stati Uniti dopo la fusione con Chrysler. L’ipotesi è stata rilanciata dall’agenzia Reuters con un lungo report. L’operazione comporterà meno spese fiscali per la casa automobilistica italiana. Fassina (Pd): «Dov’è il governo?». Silenzio da Palazzo Chigi.
La replica della casa automobilistica della famiglia Agnelli non si è fatta attendere. Con una nota la Fiat ha fatto sapere che «la scelta sulla sede legale non è ancora stata presa e sarà condizionata da alcuni elementi di fondo». Il primo è il grado di accesso ai mercati finanziari, «indispensabile per gestire un business che richiede grandi investimenti e ingenti capitali». Il secondo ha a che fare con «un ambiente favorevole allo sviluppo del settore manifatturiero e quindi anche con il progetto Fabbrica Italia».
L’ipotesi di un trasferimento della sede era circolata nelle scorse settimane, ma sia Marchionne, sia il presidente Fiat, John Elkann, avevano smentito le voci e rinviato ogni decisione al 2014. Ma è chiaro che la testa dell’azienda automobilistica sarà americana. Anche per lo storico - ed esperto di Fiat - Giuseppe Berta «non ci sono dubbi che l’azienda, per la futura sede legale, farà una scelta fiscalmente vantaggiosa». Sarà negli Stati Uniti? «Credo proprio di sì - continua Berta -, l’Italia sarà l’avamposto per gli affari in Europa, come avviene oggi con il Brasile per l’America Latina». D’altronde, fonti Fiat spiegano che «è normale per una grande società avere una sede legale in un paese fiscalmente più vantaggioso rispetto all’Italia. Per esempio la Ferrero ha sede in Lussemburgo».
La questione è delicata. Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, chiede al governo di «non rimanere passivo» e di pronunciarsi, come ha fatto per il caso Parmalat - azienda strategicamente meno rilevante per l’Italia rispetto al Lingotto - anche sulla Fiat. «Come fatto da Obama, dalla Merkel, da Sarkozy, il governo - ha detto Fassina - si attivi per sostenere la qualità della presenza Fiat in Italia. Anche su Fiat, come su Parmalat sono altissimi i costi del vuoto di politica industriale». Anche l’Idv chiede fortemente al governo «che chiarisca e regoli il ruolo della casa automobilistica in Italia». Si smarca da questa linea il sindaco di Torino Sergio Chiamparino (pd ma di posizioni filo-marchionniane): «La Reuters non è il Vangelo è un’opinione, ce ne sono altre opposte, non è successo nulla». Per Nichi Vendola, leader di Sel, «non è vero che la Fiat si sta internazionalizzando e americanizzando, è la Chrysler che, inglobando la Fiat, sta iniziando ad europeizzarsi». Silenzio da Palazzo Chigi e dalla maggioranza.
Anche il mondo sindacale è in fermento. Secondo il leader della Fiom, Maurizio Landini, «il rischio di un trasferimento della Fiat negli Stati Uniti c’è tutto». Dimostrato anche dal fatto che il gruppo intende arrivare al 51 per cento in Chrysler e che il progetto di auto elettrica è progressivamente trasferito negli Usa. «Le indiscrezioni di stampa e le stesse parole della Fiat - ha aggiunto Landini - ci dicono che lo spin-off è funzionale alla costituzione di un nuovo gruppo auto che avrà Detroit come sede». Giorgio Cremaschi, esponente estremista della Fiom, lancia una provocazione: «Se si vuole tenere la Fiat in Italia c’è una sola strada, quella di procedere alla nazionalizzazione del gruppo che è già da tempo pagato dai contribuenti italiani». E anche per l’Ugl è «scontato» che dopo la fusione con Chrysler, Fiat possa decidere di aprire una sede negli Usa, ma «l’importante è che la testa resti in Italia». Luigi Sbarra, segretario confederale Cisl, fa sapere che il suo sindacato «resta alle parole e alle rassicurazioni che Marchionne ha sempre dato alla politica, alle istituzioni locali, alle commissioni parlamentari, al sindacato circa la volontà di Fiat di confermare in Italia testa, cuore ed anima dell’azienda».
A oggi la permanenza e lo sviluppo del gruppo in Italia sono incerti. Intanto, dal Lingotto c’è attesa per l’inchiesta che domenica aprirà la nuova edizione di Report (Raitre): sarà dedicata alla Fiat e al suo futuro.