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 2011  marzo 27 Domenica calendario

Consorte, dalla finanza al calcio “Ma a tentarmi è la politica” - Dopo abbiamo una banca, ora abbiamo una squadra? Giovanni Consorte non si scompone di fronte alla battuta, un po’ scontata, sparata a bruciapelo appena varcata la soglia dell’elegante ufficio alle spalle di piazza Maggiore, vista mozzafiato sui tetti di Bologna

Consorte, dalla finanza al calcio “Ma a tentarmi è la politica” - Dopo abbiamo una banca, ora abbiamo una squadra? Giovanni Consorte non si scompone di fronte alla battuta, un po’ scontata, sparata a bruciapelo appena varcata la soglia dell’elegante ufficio alle spalle di piazza Maggiore, vista mozzafiato sui tetti di Bologna. «I primi a farmi questa battuta sono stati Fini e Casini in occasione della costituzione del fan club del Bologna a Montecitorio. Sì, avevamo una banca e poi è andata come è andata. Ora abbiamo una squadra di calcio. E, aggiungo: finalmente». Signori, riecco Consorte ingegner Giovanni, discesa all’inferno e ritorno. Il finanziere della sinistra, padre padrone delle assicurazioni rosse, quella Unipol che voleva volare alto, farsi una banca (Bnl) e diventare un gruppo di livello europeo, ma è rimasta fulminata fra i furbetti del quartierino (Ricucci e compagnia), banchieri trafficoni (Fiorani), governatori di parte (Fazio) e poteri forti che tanto forti, poi, non sono stati mai. Sei anni, un patteggiamento, 14 proscioglimenti, qualche processo ancora pendente e un tumore (sconfitto) dopo, questo chietino sessantatreenne è nuovamente omaggiato, cercato e riverito dalla sua città d’adozione, la stessa che gli aveva voltato le spalle. La Bologna schizzata da Francesco Guccini, «vecchia signora dai fianchi un po’ molli, col seno sul piano padano e il culo sui colli», la Bologna «arrogante e papale», «la rossa e fetale», «la grassa e l’umana, già un poco Romagna e in odor di Toscana», è ancora una volta ai piedi dell’ex amministratore delegato di Unipol, santificato per aver salvato il Bologna dal fallimento. «Veramente con la cosiddetta base del mio vecchio partito i rapporti sono stati sempre buoni - allarga le braccia Consorte - Nessuno che mi abbia insultato per strada o che si sia girato dall’altra parte. La gente sa che non si può mettere in croce uno perché ha fatto delle consulenze a Gnutti regolarmente fatturate, tanto è vero che mi hanno ridato indietro tutti i 25 milioni di euro che avevano sequestrato». Già, un conto è la base, un conto sono i vertici. E poi resta l’imbarazzo per quel «allora abbiamo una banca» dell’allora segretario Ds Piero Fassino nella famosa telefonata intercettata a Consorte e finita sulle pagine del berlusconiano «il Giornale». «Sono stato ritenuto ingombrante - ragiona ora l’ex finanziere rosso - Quasi nessuno mi ha difeso. Hanno dimenticato in fretta che nel 2003-2004 sono stato uno degli artefici del risanamento del debito dei Ds. Con loro, i capi del partito, solo rapporti formali ormai. Devo dire che ho apprezzato molto la deposizione di Fassino al processo di Milano per la Bnl del 4 febbraio scorso: è stato onesto. Ho un solo rimprovero da fargli: quelle cose avrebbe dovuto dirle molto prima. Ma non è mai troppo tardi». Proprio nessun rapporto con i big? Consorte ti guarda sornione. Non vuole creare imbarazzi. Ti fa capire che sì, ogni tanto, con i vari D’Alema, Fassino e Bersani, ci si sente. Ma non è più la stessa cosa, qualcosa si è rotto per sempre. «Come faccio a fidarmi? - ragiona quasi fra sé - Con qualcuno, comunque, il filo non si è mai interrotto. Penso a Nicola Latorre, Angelo Piazza e Ugo Sposetti: loro non hanno mai preso le distanze, non mi hanno ripudiato nei momenti bui». La verità è che c’è anche un problema politico. Lui stesso ricorda quell’intervento in tv a Matrix nel 2006 in cui disse che il Pd, così come era impostato, non aveva prospettive. «Rispetto la cultura cattolica - spiega Consorte - ma ritengo che i socialisti riformisti con i cattolici debbano fare un’alleanza, non una fusione di due Dna diversi. E come fai a dirti riformista se non aderisci all’internazionale socialista? Un ragionamento che i miei ex compagni non hanno molto gradito». Consorte tentato dall’avventura politica? Se lo chiedono in molti, e non solo a Bologna, con un misto di sospetto e preoccupazione. Lui non nega, ma precisa. «Vorrei portare avanti i valori riformisti nella politica italiana, perché oggi qui manca un pilastro: il riformismo socialista. C’è in tutta Europa. Da noi invece si è fatto l’impossibile per azzerarlo. Vado in giro per l’Italia a dire queste cose, incontro migliaia di persone, cerco di spiegare che cos’è. Poi si vedrà». Intanto dicono che farà lo spin doctor del candidato sindaco Stefano Aldrovandi e della sua lista civica. Lui puntualizza che Bologna ha bisogno di discontinuità rispetto al passato, che non è più possibile eleggere un sindaco perché designato dall’establishment di sinistra. Poi però ti sciorina la sua ricetta: «Serve un candidato civico, ma civico davvero. Per intenderci: su una lista di 36 persone, 9 devono essere chiaramente di sinistra, 9 definiamoli moderati, ma gli altri 18 devono essere veramente espressione della società civile e produttiva, del mondo delle professioni e dei mestieri. Se un candidato si presenta così, lo appoggio». Sarà Aldrovandi l’uomo giusto? Consorte non ne è ancora del tutto convinto. Dice di voler attendere la presentazione della lista prima di esporsi. Certamente, assicura, non voterà mai un candidato di centrodestra: «Sono e resto di sinistra». Intanto si gode il salvataggio del Bologna calcio che mercoledì è stato perfezionato con l’ingresso di Alfredo Cazzola, ex Motorshow, come amministratore delegato. Nega propositi di rivalsa, Consorte, ma non nasconde la soddisfazione per il lavoro svolto negli ultimi tre anni. «Il Bologna è l’operazione più nota, ma con la mia holding Intermedia faccio esattamente questo: ristrutturo e rilancio aziende, aggrego imprenditori. Dopo quello che ho passato per UnipolBnl, o abdicavo a me stesso, o tiravo fuori tutte le mie risorse e mi rimettevo in gioco. Ho scelto questa strada. Sono contento così». Si accalora Consorte a illustrarti cosa c’è dentro Intermedia, la sua creatura. Tira fuori diagrammi, slide e brochure. La holding aggrega 180 soci, con un patrimonio di 206 milioni. Opera nel settore assicurativo, nel parabancario e nel brokeraggio assicurativo. Poi c’è il ramo industriale ed energetico: «Stiamo installando 50 megawatt nel fotovoltaico e investiamo 220 milioni per costruire una rete gas in Sardegna». Quindi il comparto immobiliare che vede Intermedia insieme a Coopsette e alla famiglia Malacalza di Genova nella realizzazione di un insediamento immobiliare con tanto di ville, residenze, alberghi e porto turistico a Campione del Garda, valore 250 milioni. Ma l’uomo riemerso dall’inferno è ambizioso. Il prossimo obiettivo è la Borsa. «Presto vareremo un aumento di capitale da 40 milioni ed entro due anni conto di portare Intermedia in Piazza Affari».