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 2011  marzo 27 Domenica calendario

Il lavoro sporco dell’energia pulita Schiavi per montare pannelli solari - Lavoro sporco dietro l’energia pulita

Il lavoro sporco dell’energia pulita Schiavi per montare pannelli solari - Lavoro sporco dietro l’energia pulita.È questo il so­spetto che prende consisten­za in Puglia, capitale italiana del fotovoltaico, il nuovo grande affare già finito al cen­tro di aspre polemiche dopo che l’invasione di pannelli so­la­ri ha fatto terra bruciata del­le distese di ulivi secolari che raccontano la storia di que­sta terra. Adesso, però, spun­ta anche l’ombra dei nuovi schiavi: sono centinaia di per­sone, immigrati in gran parte venuti da Africa e Asia, tutti finiti a lavorare dall’alba al tramonto per realizzare i grandi impianti fotovoltaici che ormai stringono d’asse­dio buona parte della regio­ne, in particolare il Salento. E così piovono denunce, che hanno inflitto le prime crepe al muro di silenzio e paura al­zando il velo sulle storie di sfruttamento quotidiano che si consumano ai margini del­la green economy. Il caso è esploso dopo la protesta dei lavoratori impe­gnati nella costruzione di un megaimpianto in provincia di Lecce. In tanti si sono pre­sentati al commissariato di Galatina per raccontare quel­lo che accade nelle campa­gne assolate di queste parti, poco distante dalle masserie ricercate dai vip: paga da fa­me quando va bene, turni massacranti, anzi molto spes­so nessun turno perché si la­vora sempre e comunque, an­che dalle 7 del mattino fino al­le 10 della sera. La procura di Lecce ha aper­to un’inchiesta. L’ipotesi di reato è riduzione in schiavi­tù. E loro, gli immigrati appro­dati in Puglia, sono i nuovi schiavi: quelli che hanno pre­so il posto di altri extracomu­nitari costretti a raccogliere pomodoro nelle torride cam­pagne di Capitanata, quelli che di fatto sono le nuove le­ve di una catena di montag­gio umana che sembra celar­si dietro una terra che è stata terra di accoglienza ma an­che terra di sfruttamento. Le presunte irregolarità fio­rite attorno al grande busi­ness del fotovoltaico sono già da qualche tempo sotto i ri­flettori degli inquirenti: ri­chieste di autorizzazione per piccoli impianti che in realtà nasconderebbero strutture gigantesche spezzettate per non dare nell’occhio; e poi i problemi legati al lavoro. Un fascicolo era stato aperto già un mese fa dopo l’esposto di nove pakistani, senegalesi, kenioti e marocchini; poi so­no arrivate altre segnalazioni e le storie degli immigrati di Galatina, storie che si assomi­gliano e raccontano di ore e ore trascorse a montare pan­nello dopo pannello con pa­ghe ridotte al minimo e spes­so anche senza ricevere un centesimo. I disperati del fo­tovoltaico sono centinaia. Molti di loro, sostenuti dal sindacato Ugl, si sono affidati a diversi avvocati e dopo le de­nunce il caso è finito sul tavo­lo del procuratore di Lecce, Cataldo Motta. Il magistrato, esperto di lotta al traffico di umanità e titolare delle pri­me inchieste sull’immigra­zione clandestina ai tempi dell’emergenza albanese, ha avviato indagini. Intanto la protesta si è este­sa a Brindisi, dove l’altra sera gli immigrati sono scesi in piazza. E così aumenta la ten­sione in una vasta fetta di Pu­glia che è diventata la terra delle opportunità per chi vuo­le l­anciarsi nell’affare dei pan­nelli solari. Basti pensare che solo nella provincia di Lecce sono stati installati 2.597 im­pianti. Un business che fin dal primo momento ha inne­scato aspre polemiche. A co­minciare da quelle legate al paesaggio. Ma ora diventa sempre più concreta l’ipotesi che attorno all’energia imma­colata si sia sviluppata l’ulti­ma frontiera della schiavitù: una forma più moderna di sfruttamento, una specie di caporalato dal volto ecologi­co e alimentato con criteri manageriali. Per il momento si tratta di sospetti da verifica­re, ma i drammatici racconti degli immigrati, tutti regola­ri, si accavallano: c’è chi dice di aver lavorato con una gam­ba e un braccio rotti perché minacciato di licenziamen­to, c’è chi da tempo non rice­ve u­n euro ma è costretto a la­vorare perché ha paura di tor­nare a casa. Il fenomeno è or­mai all’esame della magistra­tura, ma sulla vicenda inter­viene anche il governo. «Mi auguro – dice il sottosegreta­rio all’Interno, Alfredo Man­tovano - che l’episodio trovi in tempi rapidi una sanzione giudiziaria dura, adeguata al­la gravità di uno sfruttamen­to indegno».