Severino Colombo, Corriere della Sera 27/03/2011, 27 marzo 2011
LA TIPOGRAFIA IN SALOTTO CHE SFORNA UN LIBRO AL GIORNO
Come un dinosauro in salotto. L’effetto è un po’ questo anche se non di un animale si tratta, ma di un pezzo di archeologia industriale, un torchio tipografico Nebiolo degli anni Sessanta. Roba che si credeva estinta decenni fa, in tempi di notebook, palmari e stampanti multifunzioni. Pesa più o meno cinque quintali e occupa mezza stanza: «Per portarlo in casa ho dovuto abbattere un muro. Viene dalla Same, dove lavoravo» , racconta il 58enne stampatore poeta, «papà» delle edizioni d’arte Pulcinoelefante, Alberto Casiraghy. Dove la «y» è un vezzo «per dare colore a un cognome molto comune» . Un di più che spicca subito in una piccola realtà come Osnago, quattromila abitanti e, in passato, alcuni villeggianti illustri quali Manzoni e Foscolo, la cui ode All’amica risanata è dedicata alla nobildonna che qui lo ospitò, la contessa Antonietta Fagnani Arese. Siamo nella Brianza lecchese, a un passo dall’Adda, terra sobria e operosa, dove senso pratico e ordine sono valori.
Come per la «y» del cognome anche la casa di Casiraghy, pur allineata alle altre villette in una via defilata e tranquilla, si distingue subito. Da fuori. Per un allegro disordine: oggetti-sculture appesi alla porta o in giardino, animali-giocattolo incastonati nel muro. L’abitazione— due piani; sul retro: pergolato, vasca d’acqua, orto e pollaio— pare una casetta delle favole.
Il messaggio giusto per lo zerbino sarebbe, non «Welcome» , ma «Viva la fantasia» . Ad accogliere l’ospite è, invece, sul soffitto l’adagio Scripta manent, la parola scritta rimane. E, rifuggendo l’horror vacui, ha prodotto, negli anni, un tempio etnopop affollato e caotico. Le pareti sono invase da libri, quadri, stampe, fotografie, fogli volanti. Un catalogo a vista dove non mancano stranezze, rarità e pezzi unici. Quasi un freakshow artistico-letterario. Un raro disegno, poco più di uno schizzo, di Alda Merini. Uno scatto della poetessa — della quale Casiraghy fu fino all’ultimo amico — con il presidente onorario di Einaudi, Roberto Cerati; un disegno di Fausto Melotti; un’immagine dell’editore Vanni Scheiwiller, appesa accanto al torchio («è la mia fonte di ispirazione» )... Era stato proprio Scheiwiller a trovare la definizione più azzeccata per Casiraghy: «l’unico editore che stampa in giornata» . Come un panettiere. Qualche tempo dopo è arrivato anche il titolo onorifico di Patafisico: un diploma di Enrico Baj lo nomina «Reggente alla cattedra di Pulcinoelefantologia» .
Al piano superiore: una parete di maschere africane, dono di un amico; un letto con accanto un comodino ordinario, che lui ha ridipinto di turchese, sopra le ultime letture (La cognizione del dolore di Gadda e un Dizionario delle citazioni); un liuto e una viella, veri e funzionanti, fatti da lui che li sa pure suonare («sono copie di quelli che si vedono nelle Madonne del Perugino» ); qualche esperimento di riciclo creativo (un libro-palla che si apre a metà, un foglio scritto in Braille cui ha aggiunto una frase di Tiresia). Una scultura raffigura un albero con un nido e un elefante su un ramo, a richiamare il nome Pulcinoelefante, «nato per caso da un disegno quando ero ancora ragazzo» e diventato un «ossimoro editoriale» che in maniera ostinata (e inspiegabile) resiste, fuori dalle leggi del mercato e indifferente alle regole della distribuzione (le edizioni si trovano solo da alcuni librai affezionati, come le milanesi Libreria del Corso e galleria L’Affiche). In una stanza c’è l’archivio delle edizioni che, nate nel 1982, sono arrivate a quota ottomila titoli. Anzi 8001: Casiraghy ha appena «sfornato» il libro del giorno con una frase del cabarettista e «poeta catartico» Flavio Oreglio: «Gutenberg era di umore variabile, per questo inventò i caratteri mobili» .
Come nascono i libri, oggetti cult uno diverso dall’altro? «Più che un lavoro è un’esperienza antropologica: conosco persone e condivido esperienze» . Ogni incontro, una storia. Da casa passano un migliaio di ospiti all’anno tra scrittori, poeti e critici (Sebastiano Vassalli, Vivian Lamarque, Maria Corti a suo tempo), personaggi della cultura (Philippe Daverio e Ruggero Savinio, figlio di Alberto), disegnatori (l’habitué Fabio Sironi, Lorenzo Mattotti, Guido Scarabottolo), artisti (Emilio Isgrò e Maurizio Cattelan, quando ancora non era famoso) e musicisti (l’ultimo, Antonio Ballista). Ma anche perfetti sconosciuti. «A volte basta uno sguardo per capirsi» . Altre volte occorre attendere l’ispirazione: a riprova, di fronte al torchio, ingentilito da esseri fiabeschi (una Biancaneve, piccole ranocchie e mostriciattoli vari), uno schedario trattiene a fatica una quantità eccessiva di fogli. «Sono gli arretrati, circa cinquecento» . Prima o poi toccherà anche a loro.
L’esperienza di condivisione che sta dietro il libro prevede un rituale, non rigido ma consolidato. Gli ospiti arrivano la mattina: «passiamo del tempo insieme, si cucina, si chiacchiera, si va nell’orto e si crea. Nella scelta del carattere tipografico mi lascio guidare dal gusto del momento» . Poi si pensa alla frase, un aforisma o poco più, e alle immagini, a seconda che chi venga porti in dote (e in dono) parole o disegni. «Dopo la stampa, mi faccio aiutare a cucire le pagine. A sera l’ospite se ne va con il libro sotto braccio» . Il formato è sempre lo stesso (13,5 x 19,5 cm), la carta pure (la tedesca Hahnemühle). Otto pagine, trenta copie: quindici restano a Casiraghy (che le vende a circa dieci euro l’una) e altrettante vanno, gratis, all’autore. Gli usi sono diversi: Nicoletta Mondadori, che viene da una famiglia di editori, per il matrimonio del figlio ha voluto un libriccino esclusivo di Casiraghy; da anni, invece, una dottoressa regala ai parenti di malati terminali un pensiero di sant’Agostino («I morti non sono assenti, sono invisibili» ). Dell’autore delle Confessioni è anche la plaquette best seller di Pulcinoelefante con un’altra frase, «Signore dammi la castità. Ma non adesso» .
Il tesoro di Casiraghy è nascosto in due cassettiere: una è piena di caratteri mobili, di piombo («regalo del tipografo Lucini» ); l’altra di cliché in legno di bosso, incisi da Adriano Porazzi, che da sempre danno l’impronta grafica alle edizioni. In catalogo ci sono originali di Lawrence Ferlinghetti e di Allen Ginsberg (in perfetto stile beat, il suo contributo è stato creato e raccolto da Casiraghy per strada); versi di Pietro Ingrao e dell’ex ministro Sandro Bondi (pubblicati con lo pseudonimo Agostino da Turlago, «poeta colto— chiosa l’editore — fin troppo» ), invenzioni di Bruno Munari (l’introvabile A proposito di torroni con annesso martello per rompere il dolce); frasi di Fernanda Pivano, disegni di Emilio Tadini e Ugo Nespolo; ricette di Gualtiero Marchesi.
La magia di questo luogo ha incantato il fotografo Mario De Biasi, intenzionato a raccontarlo per immagini in un libro, e il regista Silvio Soldini che a Casiraghy e al suo mondo ha dedicato un film-ritratto («In cambio gli ho regalato la storia di un uomo, mio conoscente, che ha vissuto quarant’anni in una casa senza tetto» ). Chi non viene di persona, spedisce i materiali per posta. Quella ordinaria non l’email, ché in questo regno della fantasia non c’è traccia di tecnologie: niente tv, né elettrodomestici. Unica eccezione sono i cd che pendono in collane dal soffitto, usati come specchi per allargare gli ambienti. «Nulla contro la modernità, non ne sento il bisogno» . Al contrario potrebbe essere lei ad averne: le frasi e gli aforismi di 140 caratteri di Pulcinoelefante somigliano tanto ai messaggi di Twitter. Solo con più poesia.
Severino Colombo