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 2011  marzo 27 Domenica calendario

SABAUDIA DOPO PONZA, ULTIMA FRONTIERA DELLA GUERRA AI CLAN DEL CASERTANO


L’età dell’innocenza di Sabaudia è finita una mattina di ottobre, quando si son presentati in piazza - la piazza dei portici, la piazza solcata da Moravia e Pasolini - gli uomini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Avevano da notificare un’ordinanza di sequestro per 30 milioni di euro di beni all’imprenditore Salvatore Di Maio e ai suoi figli.
Un piccolo impero economico finiva impigliato, così, nelle maglie della magistratura: 26 immobili, 3 «locali magazzini», 34 terreni, 7 negozi, 19 «stalle scuderie», 7 veicoli e «numerose quote societarie».
Ecco, quella mattina si capì, anche leggendo le accuse che erano state formulate per Di Maio (associazione a delinquere, riciclaggio di denaro sporco e turbativa d’asta) che la Sabaudia dei bei tempi non c’era più, aggredita, calpestata, scoperchiata da un odioso vento di camorra. Cadeva un amato tabù, tramontava l’idea che quel gioiello di cittadina -il cuore del Parco nazionale del Circeo- potesse e dovesse rimanere impermeabile a ogni tipo di infiltrazione, a tutti quei veleni che devastano la provincia di Latina da almeno vent’anni.
Fu un altro trauma scoprire che almeno un terzo di quei beni, quindi una decina di milioni di euro, risultava intestato a Rosa Di Maio, che è sì una dei tre figli di Salvatore -gli altri sono Andrea e Francesco- ma che, soprattutto, all’epoca sedeva tranquilla in consiglio comunale come capogruppo dei Popolari Liberali. A distanza di sette mesi, Rosa Di Maio continua a gridare al «complotto» -chissà chi lo avrebbe ordito alle sue spalle-, ma alle riunioni di Consiglio comunale non va più. Non perché siano stati provvedimenti nei suoi confronti, ma semplicemente perché si è autosospesa.
E’ di tre giorni fa, poi, l’interrogazione presentata ai ministri dell’Interno e della Giustizia dai senatori del Pd Ranucci e Passoni, in cui si chiede ai due rappresentanti del Governo se «ritengano di intervenire tempestivamente... per contrastare la criminalità organizzata e le infiltrazioni malavitose nella provincia di Latina...». Ma si spingono anche più in là, chiedono a Maroni se «intenda avviare con la massima urgenza le procedure per lo scioglimento del Consiglio comunale di Sabaudia».
A questo siamo, a ipotizzare addirittura lo scioglimento del Consiglio Comunale. E sembra davvero solo l’inizio di un brutto film, l’Attacco alle Dune, l’impresa che la camorra in tutti questi anni non aveva mai osato neanche immaginare, lo sfondamento di una Linea Maginot che porrebbero i clan storici del Casertano e anche quelli nati da poco sul posto a occupare tutta un’area per intero, fino a Nettuno e ad Aprilia e da lì fino a Roma.
Le sere sono ormai miti, ma Sabaudia trema. Tremano i poveri imprenditori costretti a farsi da parte alle aste pubbliche, tremano i proprietari di terreni ambiti, trema chi pensava che l’equilibrio di convivenza civile del paese non dovesse finire mai, quel misto di razionalismo arichettonico, di amore per l’ambiente e di vacanze snob che alla fine era diventato un marchio di fabbrica. Mentre le indagini della Dda vanno avanti -e si scopre una selva di prestanomi, e si tocca con mano che tipo di pressioni si riversino sulla vita pubblica- altre importanti partite stanno per essere giocate in vista della bella stagione. Gli stabilimenti balneari innanzitutto, le concessioni che dovranno essere confermate e con quali criteri, con quali modalita. Perché se cede quel fronte, se i casotti diventano cemento, se arrivanno davvero i servizi, potrebbe voler dire che il destino di queste splendide spiagge è già segnato.
Poi c’è il lago, il bellissimo lago di acqua salmastra, al centro di una disputa infinita -tutta all’interno della famiglia Scalfati- che non ha ancora un vero e proprio sbocco al mare, a parte uno stretto canale di epoca romana sotto la montagna del Circeo. Questo è il vero incubo: se si sfondasse a mare, se davvero si relizzasse un porto turistico finora periodicamente bocciato, ecco, questa per la malavita sarebbe la Vittoria Finale.

Nino Cirillo