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 2010  gennaio 22 Venerdì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

La settimana prossima gli Stati Uniti protesteranno formalmente con la Cina per le censure su Internet, quelle che hanno indotto Google a minacciare di andarsene. Ieri Hillary Clinton ha parlato al Newseum di Washington. Un discorso di 40 minuti diffuso attraverso la rete in tutto il mondo. Due concetti: i pirati informatici devono essere combattuti e pagare il fio del male che fanno; la lotta per difendere la libertà su Internet è lotta per un diritto fondamentale dell’uomo, quello della libertà d’espressione. «Due mesi fa» ha detto ancora il segretario di Stato americano (quello che noi chiamiamo “ministro degli Esteri”) «sono stata in Germania a commemorare i vent’anni dalla caduta del muro di Berlino. Quel muro divideva il mondo e impediva alle idee di circolare. Oggi qualcuno – la Cina, la Columbia, l’Iran – erige un muro virtuale con l’intenzione, ancora una volta, di rendere difficile il dialogo tra gli uomini. Contro questo gli Stati Uniti intendono battersi: a tutti deve essere consentito di criticare un governo senza timore di conseguenze». La Clinton ha ricordato che il presidente Obama sta alla Casa Bianca grazie anche al favore che ha saputo conquistarsi attraverso la rete, una nota carica di sense of humour dato che del fascino web di Barack ha pagato le conseguenze soprattutto lei, che era il suo avversario alla nomination democratica.

La Clinton nel suo discorso alludeva soprattutto alle proteste di Google, no?
Sì, le proteste di Google (certamente concordate con la Casa Bianca) hanno dato a Washington la possibilità di aprire un fronte con la Cina alternativo a quello riguardante il cambio dello yuan o la quantità di dollari posseduti da Pechino (quantità di dollari che la rendono quasi padrona dei destini americani). I cinesi tendono infatti ad abbassare i toni e hanno affidato la loro replica a una figura di secondo piano, il viceministro degli Esteri He Yafei: «L’incidente di Google non deve essere legato alle relazioni tra Cina e Usa, altrimenti si rischia di sopravvalutarlo. I rapporti tra i nostri due paesi restano sostanzialmente stabili. Se Google o qualsiasi altra impresa straniera ha dei problemi in Cina, questi devono essere risolti in accordo con la legge cinese, e il governo cinese vuole essere di aiuto nel risolvere i loro problemi».

Ma in che consiste l’incidente di Google?
Google è arrivata in Cina nel 2000, lanciando un website in lingua cinese. Per due anni non è successo niente. Poi, in un certo giorno del 2002, il sito è diventato invisibile per i pc cinesi. Ogni tanto era di nuovo raggiungibile, poi spariva. Per porre fine a quest’andamento a singhiozzo i responsabili del website accettarono di rendere operativi alcuni filtri voluti dai cinesi, grazie ai quali certi siti diventano irraggiungibili. Nonostante i mugugni del resto del mondo, la cosa è andata avanti avanti senza intoppi fino a marzo dell’anno scorso: quando Youtube ha messo in rete un video in cui si vedevano soldati cinesi irrompere in un monastero tibetano e malmenare selvaggiamente un gruppo di monaci, è scattato il sabotaggio dei pirati pagati da Pechino. Youtube è scomparsa.

Pirati?
Secondo la Casa Bianca, Pechino ha organizzato decine di migliaia di persone che stanno lì, con programmi e tecniche sofisticatissime, a monitorare gli scambi d’informazione in rete . A metà dicembre Google ha scoperto che alcuni sconosciuti avevano cercato di entrare nei server dell’azienda, rubando documenti ma anche violando le caselle di posta elettronica di attivisti nel campo dei diritti umani e residenti in Cina. E che, separatamente, erano state attaccate una ventina di altre aziende, tutte nella Silicon Valley.

Per questo la Clinton ha attaccato nello stesso tempo sia i pirati che la Cina?
Esattamente. Google pochi giorni fa ha annunciato l’intenzone di abbandonare il mercato cinese, se la Cina non smetterà di censurare gli internauti e far sabotaggi. Le probabilità che la Cina ceda su questo punto sono naturalmente zero.

E a Google conviene andarsene? Non ci rimetterà un mucchio di soldi?
Quelli di Google spiegano che il fatturato generato dalla rete in Cina è, per quanto li riguarda, irrisorio, cioè appena l’1% dei loro introiti, una cifra che s’aggira sui 200 milioni di dollari. Deve essere un numero vero, perché JP Morgan ha calcolato che il mercato cinese dei motori di ricerca vale in tutto un miliardo. Il 64% del traffico è controllato da Baidu, il website cinese. Google è seconda con un 31%. Quello che resta se lo dividono Yahoo e qualche sito locale. Qualcuno pensa che Pechino sarebbe contenta se Google se ne andasse: Baidu avrebbe a quel punto il controllo totale del mercato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 22/1/2010]

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