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 2010  gennaio 22 Venerdì calendario

IL LONTANO OTTIMISMO DEL PRIMO «JUMBO»

Una nave di 350 tonnellate capace di staccarsi da terra, la coda alta come un palazzo di cinque piani, una cabina lunga quasi come un campo di calcio. Quando, quarant’anni fa, in una gelida notte di gennaio il primo «jumbo jet» della Pan American decollò dall’aeroporto Kennedy di New York diretto a Londra, il modo di volare della gente, la stessa percezione del volo, cambiarono radicalmente. Non più fusoliere strette e basse da attraversare a capo chino: il Boeing 747 per la prima volta offriva «stanzoni» coi soffitti alti: luoghi di viaggio e di socializzazione.

Chi, perfino tra gli ingegneri, aveva giudicato folle il progetto di far volare un simile mastodonte, pian piano scoprì che il «jumbo» era un gigante docile e affidabile. Il 747 divenne ben presto il simbolo di una nuova età di ottimismo, di dialogo, di incontro tra i popoli. Erano anche anni di fiducia quasi messianica in un progresso tecnologico senza limiti: pochi mesi prima, nel luglio 1969, l’uomo aveva conquistato la Luna e tutti si chiedevano quali meraviglie avrebbe riservato il futuro. Se 40 anni prima del «jumbo», nel 1930, si volava ancora su biplani di legno e tela, cosa sarebbe accaduto 40 anni dopo, nel 2010? La fantasia correva: viaggi intergalattici, motociclette volanti parcheggiate nel balcone di casa. Tutta roba rimasta nei libri di fantascienza. Nel 1970 chi avrebbe mai immaginato che le compagnie che avevano lanciato il «jumbo», Pan American e Twa, sarebbero ben presto scomparse, o che 40 anni dopo la Boeing avrebbe lanciato un altro 747, la serie 8, esternamente quasi identica al primo «jumbo»? E che tutta l’attenzione delle autorità aeronautiche Usa si sarebbe concentrata sulla «blindatura» dei sistemi informatici dell’aereo, potenzialmente attaccabili dagli «hacker», ora che i jet mantengono i collegamenti Internet attivi anche quando sono in aria?
La tecnologia è andata molto avanti, ma l’economia è cambiata e il mondo è diventato un luogo più affollato, inquinato, conflittuale. Nello spazio, con i tagli di bilancio e l’esplorazione affidata quasi solo a robot e vascelli automatici, il mestiere dell’astronauta rischia l’estinzione. Quello del trasvolatore no, ma la minaccia del terrorismo, il rischio di epidemie, l’allarme per il riscaldamento globale e per il calo delle riserve petrolifere, hanno trasformato quella del volo in un’esperienza di massa meno costosa, ma anche meno seducente.

Si viaggia di meno per piacere, di più per necessità. Nessuno, da anni, parla più di «jet set»: oggi le navi dei cieli sostituiscono soprattutto i vecchi bastimenti colmi di folle di migranti. La modernità ha trasformato il trasporto di persone in una commodity, il volo in un’esperienza meno romantica ma più utile. Coi luoghi di villeggiatura sempre più spesso sostituiti, nei tabelloni delle destinazioni dei voli, dalle capitali del lavoro a buon mercato.