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 2010  gennaio 22 Venerdì calendario

CRISTIANI MASSACRATI IN NIGERIA UNA MANOVRA TUTTA POLITICA

Non è vero che i massacri degli ultimi giorni in Nigeria tra cristiani e musulmani siano dovuti alla religione. Lo ha detto Lateef Adegbite, segretario generale del Consiglio supremo della Nigeria per gli affari islamici: «le fedi non c’entrano nulla». E Ibrahim Yakubu Lame, ministro della Polizia: «Qualcuno sfrutta l’ignoranza e la povertà della popolazione per alimentare la confusione nel nome della religione e dell’appartenenza etnica». Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos, in un’intervista all’Agenzia Fides: «La diffusione di notizie incontrollate incita gli animi delle persone e alimenta la violenza. Occorre fare attenzione a rilanciare notizie non verificate». Lo stesso Kaigama annuncia che già lunedì si riunirà un comitato islamico-cristiano, «per valutare la situazione e prendere provvedimenti». Non sarà la religione: intanto però sono ben 450 i morti che si sono ammucchiati, 800 i feriti e 18.000 gli sfollati in quattro giorni di guerriglia continua che ha sconvolto Jos, capoluogo dello Stato nigeriano del Plateau. Una violenza che ha richiesto il deciso intervento dell’esercito, e di cui in realtà non si sa neanche bene perché sia iniziata: la voce di una sommossa contro l’annuncio della costruzione di una moschea è tutt’altro che accertata. Kaigama ha citato invece che, più prosaicamente, sarebbe iniziata con l’assalto al cantiere della casa in costruzione di un musulmano. La sua analisi è che «all’origine degli scontri odierni, come quelli del novembre 2008, vi sono i contrasti tra gli hausa, di religione musulmana, e le popolazioni indigene, in gran parte cristiane, per il controllo politico della città». Gli hausa sono originari del Nord, e presenti nel Plateau come immigrati. Tutta l’Africa è attraversata da una colossale soluzione di continuità più o meno attorno all’Equatore, tra un Nord islamizzato e un centro-sud che invece rimase animista e dal XIX secolo in poi è stato convertito in massa al cristianesimo dai missionari. Fu il formidabile bastione montano dell’Etiopia, cristiano dal IV secolo, a bloccare la via diretta di espansione dell’Islam dal Mar Rosso all’interno, permettendo solo il più lento filtraggio attraverso il Sahara. Insomma, la fede si è sovrapposta a divisioni etniche e tribali precedenti. Così in Nigeria, Sudan, Costa d’Avorio e Ciad gli scontri tra Nord e Sud hanno spesso acquisito il carattere di una guerra di religione tra cristiani e musulmani, come la rivolta di somali e oromo islamici contro l’Etiopia cristiana o quella della Casamance cristiana contro il Senegal islamico. Nel Darfur, però, la comune fede islamica non ha impedito i massacri tra pastori arabofoni e contadini nilotici. Nella regione nigeriana del Delta la rivolta contro il governo centrale è una guerra tra cristiani, come le recenti faide in Kenya o in Madagascar. E le più feroci guerre civili africani sono avvenute proprio nei due Paesi più monoreligiosi e monolinguistici: la cattolica Ruanda e l’islamica Somalia. C’è insomma un problema panafricano: una politica di occupazione del potere e un’economia di predazione, basate sulla contrapposizione tra clan. Il problema cui si è riferito il ministro Frattini con la sua ultima intervista, a proposito della necessità «che l’Europa affronti strategicamente l’Africa». Mentre il Parlamento Europeo ha adottato all’unanimità una risoluzione che parte dagli ultimi attacchi ai cristiani in Egitto e Malaysia, per chiedere la protezione dalla violenza di tutte le minoranze.