Francesco Sisci e Maurizio Molinari, La Stampa 22/1/2010, pagina 9, 22 gennaio 2010
CINA-GIAPPONE, SORPASSO VICINO (2
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Pechino. Mentre nel resto del mondo il 2009 rimarrà un anno di temperature polari nell’economia, con crescite quasi ovunque sotto zero, in Cina l’anno scorso c’è stato surriscaldamento, con il prodotto interno lordo salito di un formidabile 8,7%. Pechino è così andata ben oltre l’obiettivo annunciato all’inizio della crisi quando, fra l’incredulità generale, aveva dichiarato che il suo Pil sarebbe aumentato dell’8%.
Il primissimo impatto dei nuovi dati economici cinesi è stata una flessione dello yen giapponese, che nei mesi scorsi era cresciuto sul dollaro americano, agganciato saldamente allo yuan cinese. Il Pil della Cina supera di fatto quello giapponese, sfiorandolo ora e superandolo certamente nel corso dei prossimi mesi.
Ma se l’Occidente fa fatica a uscire dalla crisi, la Cina soffre di una economia in crescita disordinata dove si temono i rischi di inflazione o di bolle speculative. Secondo l’ufficio nazionale di statistiche cinesi, che ieri a Pechino in una conferenza stampa ha rilasciato i dati, l’indice dei prezzi al consumo a dicembre ha toccato il +1,9%. Su base annua l’inflazione è stata ancora sotto zero, con un -0,7%, ma la tendenza a novembre e dicembre è stata di crescita netta, trainata in particolare dai prezzi dei metalli non ferrosi, +17,6%, e dal ferro e cemento.
Questi aumenti sono quelli più pericolosi perché sottolineano i rischi in uno dei settori chiave dello sviluppo dell’anno scorso, quello immobiliare. Qui, secondo molti esperti c’è il rischio di bolla speculativa, con prezzi delle case aumentati del 10-20% dall’inizio dell’anno. Anche qui si interverrà nelle prossime settimane per frenare gli aumenti arrivati a livelli eccessivi per la capacità di spesa della nuova classe media. Il governo ha imposto nuovi regolamenti ai costruttori i quali hanno ora limiti di tempo per costruire sui terreni che si sono aggiudicati e non possono più aspettare i momenti favorevoli al rialzo. Inoltre le municipalità sono state incoraggiate a mettere all’asta il doppio dei suoli edificabili concessi l’anno scorso. Gli investimenti immobiliari del 2009 sono stati guidati dall’acquisto di seconde e terze case, per questo le banche nel 2010 ridurranno del 40% il credito per chi acquista un appartamento che non sia il primo. Nei giorni scorsi la banca centrale aveva aumentato il tasso di sconto e ridotto il volume totale del credito.
Ma al di là di queste misure di contenimento, negli uffici di ricerca centrali sono molto ottimisti almeno per quest’anno e i prossimi due. «I piani per le grandi infrastrutture sono stati avviati e molti cantieri sono stati aperti. Per questo la costruzione di strade e ferrovie dovrebbe trascinare la crescita cinese almeno fino al 2012», ci dice un alto funzionario di Pechino. Le esportazioni comunque dovrebbero andare bene, pensano a Pechino. Il rischio non è a casa quanto fuori casa, temono qui. La Cina paventa una nuova crisi economica mondiale a metà dell’anno. In quel caso anche una rivalutazione del 10% dello yuan sul dollaro, prevista da molti centri studi cinesi, potrebbe non essere sufficiente a far ripartire l’America la quale possiede forse oltre il 70% del credito cinese.
Francesco Sisci
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SOLO A PECHINO CREDONO NEL MERCATO -
Se la Cina cresce più degli altri Paesi è perché è rimasta l’unica a credere davvero nell’economia di mercato». Così Steve Hanke, economista della Johns Hopkins University ed ex consigliere di Ronald Reagan, legge la cifre dei pil di Pechino sottolineando però «che hanno un tallone d’Achille nelle rivolte contadine».
Nell’ultimo trimestre del 2009 il pil cinese ha fatto un balzo del 10,7 e Pechino si avvia a strappare a Tokio il posto di seconda economia del Pianeta. Da dove viene tale forza?
«Dal modo in cui i leader di Pechino reagirono al crollo di Lehman Brothers che innescò la crisi finaziaria globale. Nei due mesi dopo, il presidente e il premier cinese girarono il mondo esprimendo, anche in Europa, fiducia nella stabilità dei mercati finanziari e acquistando imponenti quantitativi di materie prime».
Quel viaggio a cosa portò?
«Nel momento in cui l’intero Pianeta tremava nel timore del collasso finanziario, con i Paesi industrializzati presi dal panico e gli Usa addirittura terrorrizati dall’incubo di una nuova Grande Depressione, la Cina si pose come elemento di solida stabilità dei mercati internazionali. Il risultato è stato raccogliere investimenti, fiducia e commesse».
Eppure alcune analisi sottolineano che la Cina si è risollevata soprattutto grazie al proprio pacchetto di stimoli...
«Non c’è dubbio che gli stimoli funzionino meglio in Cina che altrove, per il semplice fatto che il sistema di controllo del sistema produttivo è molto centralizzato, ma da sole tale contromisure non possono spiegare il grande balzo del pil. Il motivo è altrove, nel fatto che la Repubblica popolare cinese è l’unica nazione che si è coportata da autentica economia di mercato, ovvero dimostrando fiducia nell’autoregolamentazione dei mercati finanziari, senza cedere al pathos».
I cinesi sono gli unici veri capitalisti rimasti in circolazione...
«Sono gli unici che interpretano alla lettera cos’è un’economia di mercato: quando c’è una crisi bisogna trasmettere fiducia per superala. Ora raccolgono i risultati».
Perché l’acquisto delle materia prime fu importante?
«Portò a risollevare l’indice delle spedizioni marittime di grandi cargo. Fu il primo segnale di ripresa globale, venne dalla Cina e suggerì che era lì che bisognava investire per tornare a registrare profitti. Poi c’è stata una seconda decisione-chiave, quella di non cedere alle pressioni americane di alterare il tasso di cambio fra yuan e dollaro. Difendendo sempre un cambio favorevole Pechino ha consolidato, difeso e aumentato la propria credibilità sui mercati valutari».
C’è il rischio di inflazione?
«E’ reale, dovuto al fatto che si tratta di un’economia ipervivace. Il rischio esiste e va tenuto d’occhio ma è una conseguenza della forza economica e, per il momento, non è in grado di metterla a rischio».
Quali sono allora i pericoli maggiori che incombono sull’economia cinese?
«La Cina è una grande nazione povera. Le campagne rispecchiano questa debolezza. Mancano posti di lavoro e si susseguono rivolte contadine, in località diverse e con dimensioni differenti. E’ il tallone d’Achille del pil nazionale».
Maurizio Molinari