Hannah Beech, Time. Internazionale, 15/22 gennaio 2010, 22 gennaio 2010
PAPUA NON VUOLE I CINESI
(riassunto)-
Tra il 2003 e il 2008 gli investimenti diretti cinesi all’estero sono passati da 75 milioni a 5,45 miliardi in Africa, da un miliardo a 3,7 miliardi in America Latina e da 1,5 a 43,5 miliardi in Asia. Oggi la Cina è il principale investitore straniero in paesi come il Sudan e la Cambogia. In cambio delle risorse naturali, Pechino finanzia stadi, ospedali ed edifici governativi. La sede del ministero degli esteri a Timor Leste è stata costruita dai Cinesi, il palazzo del parlamento di Guinea Bissau, con i pavimenti in marmo, è dono di Pechino. Alcuni paesi, però, non sono più disposti a stendere il tappeto rosso ai cinesi. Anche se il denaro di Pechino arriva senza vincoli politici, ci sono comunque trappole economiche. Nella maggior parte dei casi le strade, le miniere e tutte le altre infrastrutture sono costruite da eserciti di operai cinesi, riducendo in questo modo il beneficio economico per i paesi destinatari degli investitori. La miniera di Ramu, situata in una delle regioni più arretrate di Papua Nuova Guinea, uno dei paesi più poveri del mondo, è uno dei simboli del risentimento che suscita la Cina. Nel 2004 il primo ministro papuano era rientrato da Pechino trionfante dopo la firma di un progetto d’investimento. I proprietari terrieri dissero però che non avrebbero permesso l’estrazione mineraria nel loro territorio. Gli scontri tra gli abitanti e gli oltre 1500 operai cinesi (alcuni entrati illegalmente nel paese) furono duri e provocarono alcune vittime. Nel maggio 2009 i disordini anticinesi hanno nuovamente sconvolto il paese, molte persone sono rimaste uccise, i negozi gestiti dai cinesi sono stati saccheggiati.