
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il papello per i palermitani è la pergamena che viene imposta, dietro pagamento di una tassa, alle matricole dell’università. Ma adesso indica il documento nel quale la mafia di Totò Riina ( in alto, nella foto Ap) presentava allo stato la sua piattaforma in 12 punti. Questo papello, in particolare, risale, o risalirebbe, al 1992. Riina faceva sapere allo Stato che, se si fossero accettati i 12 punti della piattaforma, le stragi, cominciate con l’omicidio Lima e continuate con Falcone, Borsellino, gli attentati di Roma, Milano e Firenze.
• Prima che lei mi descriva i 12 punti, le chiedo se è possibile veramente che lo Stato collabori o tratti con la mafia.
Non solo è possibile ma, in termini generali, è sicuro. Martelli lo ha confermato l’altro giorno ad Annozero . Diciamo che potremmo non credergli. Ma c’è, per esempio, una dichiarazione di molti anni fa dello stesso Riina, che era rimasto latitante per un quarto di secolo: «Io latitante? Per più di vent’anni nessuno mi ha cercato, io prendevo l’autobus, il treno, l’aereo, ho lavorato, ho viaggiato». Lo Stato, nelle sue varie articolazioni, ha nello stesso tempo perseguito la mafia e le altre organizzazioni criminali, e le ha anche aiutate, arrestando, per esempio, Riina, ma dimenticandosi di perquisire la sua villa. Per la collusione patente Stato-malavita io cito sempre il caso del procuratore Caccia, ammazzato a Torino dai calabresi perché, a differenza degli altri magistrati, era troppo duro con i criminali.
• Come esce fuori questo papello?
Il primo a parlarne fu l’ex boss Brusca. Raccontò al giudice Chelazzi che Riina gli aveva detto: «Si sono fatti sotto. Gli ho fatto la richiesta. Gli ho fatto l’elenco dei patti. Gli ho fatto un papello tanto». Questo papello, fino a ieri mai visto da nessuno, è diventato poi il pezzo forte delle rivelazioni di Massimo Ciancimino, un signore palermitano di 46 anni, ufficialmente imprenditore, soprattutto figlio del Vito Ciancimino che negli anni Sessanta fu assessore democristiano all’Urbanistica di Palermo e poi sindaco della città, all’epoca in cui tutti gli appalti finivano in mano alla mafia (specialmente quelli per la ricostruzione del Belice). Ciancimino jr è stato condannato in primo grado per riciclaggio, è stato definito «socialmente pericoloso», ma nello stesso tempo è un teste protetto perché ha ereditato il patrimonio conoscitivo del padre, che fu intimo soprattutto di Provenzano. Ciancimino parla e non parla, secondo una strategia che tende a creare un desiderio di rivelazioni e a fargli acquisire meriti che gli addolciscano la situazione processuale. Ha tirato fuori il famoso papello, lo ha evocato e ieri ne ha fatta avere una fotocopia ai magistrati. L’originale starebbe in Liechtenstein. Secondo lui, questo papello, proveniente da Riina, ma vergato da un figlio o da Antonino Cinà, fu consegnato dal padre al prefetto Mario Mori, il quale avrebbe dovuto farlo avere all’allora ministro dell’Interno Mancino e all’allora ministro della Difesa Rognoni. Negano tutti: sia Mori, sia Mancino, sia Rognoni. Negano anche la trattativa con lo Stato.
• Che cosa chiedeva il papello?
1) Revisione sentenza del maxiprocesso; 2) Annullamento decreto legge 41 bis; 3) Revisione legge Rognoni-La Torre; 4) Riforma legge pentiti; 5) Riconoscimento benefici dissociati (Brigate rosse) per condannati di mafia; 6) Arresti domiciliari dopo i 70 anni di età; 7) Chiusura delle supercarceri; 8) Carcerazioni vicino alle case dei familiari; 9) Niente censura posta familiari; 10) Misure di prevenzione e sequestro: non familiari; 11) Arresto solo in flagranza (nel testo «fragranza») di reato; 12) Levare tasse dai carburanti in Sicilia. I punti più strani sono il 6 e il 12. Quasi tutti i boss a quell’epoca erano ancora liberi, che cosa gliene importava degli arresti domiciliari dopo i 70 anni? Nel 12 si vede una mafia che fa politica e cerca, attraverso la defiscalizzazione della benzina, il consenso della popolazione.
• Non potrebbe essere un falso?
Certo. Oltre tutto abbiamo solo una fotocopia, le perizie calligrafiche non sono possibili. C’è un altro punto che si deve sottolineare: nessuna di quelle richieste è passata, e oggi la legislazione antimafia è ancora più dura di quella del 1992-93. Su tutta la faccenda c’è già un inizio di speculazione politica. La destra s’è affrettata a ricordare che a quell’epoca governava il centrosinistra (Amato, poi Ciampi). La sinistra vede nei 12 punti elementi anticipatori del partito del Sud e del berlusconismo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/10/2009]
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