Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 17 Sabato calendario

INTERVISTA A SARKOZY - «MIO FIGLIO JEAN NON UN RACCOMANDATO. CON I SUOI 23 ANNI SVECCHIA LA POLITICA»


Da tre giorni la polemica sulla futura elezione di suo figlio Jean alla direzione dell’Epad (azien­da pubblica che gestisce il quartiere de La Défen­se) monta, anche nella maggioranza. Cosa ri­sponde a chi l’accusa di «nepotismo»?

«Ci sono 45 consiglieri generali nel dipartimen­to Hauts-de-Seine, eletti a suffragio universale. Tutti hanno il diritto di aspirare a un posto di am­ministratore all’Epad. Meno uno! Perché è mio fi­glio. La presidenza dell’Epad è un lavoro non remu­nerato. Quindi non si tratta di una prebenda. un’elezione, non si tratta quindi di nepotismo. At­traverso tale polemica non è mio figlio ad esser preso di mira, ma io».

 stato eletto su un certo numero di valori: la­voro, meritocrazia, Repubblica irreprensibile. Suo figlio, a 23 anni, non è troppo giovane per assumersi questa responsabilità?

«C’è forse un’età per essere competenti? Io mi auguro un ringiovanimento delle élite politiche. Sono stato il primo ad esser sorpreso quando Jean ha voluto lanciarsi in politica. Mi ha fatto impres­sione per la tenacia. Lavora enormemente e fa fron­te con molto coraggio alla durezza e alla brutalità degli attacchi. Aggiungo che bisogna avere 21 anni per essere candidato a un’elezione cantonale. Lui ci è riuscito. Una volta eletto, non ha più diritti di altri, ma neanche meno».

Secondo lei, la vicenda Mitterrand è ormai chiusa?

«Sono presidente della Repubblica. Devo difen­dere certi valori. Non lascerò nessuno equiparare l’omosessualità alla pedofilia. un ritorno al Me­dioevo, che getta nella vergogna chi si è servito di questo argomento. Quando vedo il portavoce del Partito socialista seguire le orme di Marine Le Pen – e con che entusiasmo! – mi chiedo dove siano andati a finire i valori umanistici di quel grande partito democratico. Frédéric Mitterrand non ha mai fatto l’apologia del turismo sessuale e l’ha per­sino condannato fermamente. Non si devono con­fondere confessioni intime con proselitismo. Il ti­tolo del suo libro, La mauvaise vie , è abbastanza chiaro » .

Ma Frédéric Mitterrand non ha esagerato?

«Ha riconosciuto che la sua dichiarazione era un errore e ha detto che rimpiange di averla fatta. Capisco si sia turbati dalla gravità delle accuse con­tro Roman Polanski, ma non è un buon modo di amministrare la giustizia pronunciarsi 32 anni do­po i fatti, quando l’interessato ha 76 anni».

Ha intenzione di proseguire nell’«apertura»?

«Credo più che mai all’’apertura’. I ministri del­l’apertura svolgono un lavoro formidabile. Dimo­strano che le competenze e i talenti non apparten­gono a un solo campo».

Cosa pensa del dibattito sulla «ricompensa scolastica » ?

«Sono molto reticente nel prospettare una ri­compensa finanziaria per gli alunni che rinunce­rebbero all’assenteismo. Non posso accettare che si ricompensino semplicemente perché vanno a scuola. Mentre condivido l’idea di Martin Hirsch, Alto commissario alle Solidarietà attive, di ricom­pensare chi fa più del suo dovere».

L’ex primo ministro Jean-Pierre Raffarin pro­pone un’evoluzione verso un regime presidenzia­le, riducendo il mandato del presidente a quat­tro anni e sopprimendo il diritto di scioglimento delle camere. d’accordo?

«Il dibattito non mi scandalizza ma un mandato di quattro anni sarebbe un errore, perché rimarreb­bero solo due anni utili, dal momento che il primo è dedicato all’installazione e il quarto alla campa­gna per le presidenziali. D’altra parte, non sono fa­vorevole alla soppressione della carica di primo mi­nistro. Due persone non sono troppe per la respon­sabilità di un Paese di 65 milioni di abitanti. Quan­to alla soppressione del diritto di scioglimento del­le camere, significherebbe voltare le spalle alla V Repubblica » .

Rimpiange di aver commentato l’affaire Clear­stream e di aver usato il termine «colpevoli» nel­la sua ultima intervista televisiva?

«Quel che volevo è che la verità venisse a galla. La cosa migliore da fare è lasciare che il processo si svolga, dare fiducia alla giustizia e astenersi da qualsiasi commento. Avrei fatto meglio a seguire questa linea dall’inizio».

Oggi è a metà del suo mandato. Si candiderà nel 2012?

« una questione che si porrà durante il 2011, non prima. Voglio che i miei cinque anni di manda­to siano utili per la Francia. Ho al mio fianco un ottimo primo ministro, un governo che dimostra grande solidarietà e un partito di maggioranza che ha raggiunto un livello che non avremmo mai im­maginato, quando si guardava alla Cdu tedesca co­me a un gigante».

L’economia dà qualche segno incoraggiante. Stiamo uscendo dalla crisi?

«L’anno scorso, nello stesso periodo, c’era chi profetizzava la violenza nelle banlieue, l’esplosio­ne sociale e la paralisi nei dipartimenti d’Oltrema­re. Cosa accade un anno dopo? La Francia deve ri­vedere le previsioni di crescita al rialzo, perché era­no troppo pessimistiche. Fra i Paesi industrializza­ti, la Francia è quello che ha sofferto meno».

Ma i deficit aumentano sempre più e il debito cresce...

«Innanzitutto, con un deficit dell’8,2% del Pil nel 2009, la Francia avrà risultati in valore relativo migliori degli altri Paesi. Inoltre coloro che grida­no più forte sono quelli che per anni hanno lascia­to andare alla deriva i deficit e che, strano parados­so, criticavano il nostro piano di rilancio giudican­dolo troppo timido».

Anche in caso di ritorno della crescita, la Fran­cia non dovrà, prima o poi, aumentare le tasse per colmare i deficit?

«Non sono stato eletto per aumentare le tasse e non le aumenterò. Non toccherò lo scudo fiscale, perché credo nel principio secondo cui non si può prendere a qualcuno più della metà di quel che guadagna » .

Sulle banche lei è stato particolarmente duro in questi ultimi mesi. Oggi è soddisfatto del loro comportamento?

«Le banche hanno risposto alle nostre attese e stanno diventando esemplari. Chiudono le loro fi­liali nei paradisi fiscali e il dispositivo scelto dalla Francia per contenere i bonus dei trader si è impo­sto al resto del mondo durante il G20. L’aiuto che lo Stato ha fornito alle banche è stato utile ai contri­buenti » .

Quali risposte dare dopo i 25 suicidi fra i di­pendenti di France Télécom negli ultimi due an­ni?

«Ci ricordano che il lavoro deve essere messo in cima a tutto. Per troppo tempo la vita delle aziende si è imperniata sul corso della Borsa e sul breve termine, a scapito delle condizio­ni di lavoro e dei rapporti socia­li. la ragione per cui ho voluto mettere un limite ai bonus dei trader » .

Gli Usa si apprestano a invia­re 13.000 uomini supplementa­ri in Afghanistan. Anche la Francia deve rafforzare il pro­prio contingente?

«Bisogna restare in Afghani­stan? Rispondo di sì. Se ce ne an­dassimo da quel Paese, è il Paki­stan, potenza nucleare, che sa­rebbe minacciato. Ma la Francia non invierà un soldato di più. So­no convinto che occorra un mag­gior numero di soldati afghani. Ma occorre pagarli di più, per evitare diserzioni a vantaggio dei talebani».

Se l’Iran non accetta di coo­perare con la Aiea (Agenzia in­ternazionale per l’energia ato­mica) prima della data limite di dicembre che lei ha fissato, quali sanzioni occorreranno?

«Aspettiamo i controlli della Aiea. L’Iran e i suoi dirigenti sono con le spalle al muro. Sarebbe una buona notizia se lasciassero effettuare fino in fon­do tali controlli. Altrimenti dovrebbero assumerse­ne tutte le conseguenze. A tal proposito, mi ralle­gro delle recenti dichiarazioni del presidente russo Medvedev » .

Come giudica il rifiuto del presidente ceco Vaclav Klaus di firmare il Trattato di Lisbona?

« tanto più inammissibile in quanto il Parla­mento ceco ha votato a favore del Trattato e il go­verno ceco è favorevole alla ratifica. Ma il presiden­te ceco non potrà giocare su due fronti. giunta l’ora della scelta e non sarà priva di conseguenze. Comunque, la questione sarà risolta a fine anno».

Una volta ratificato il Trattato di Lisbona, Tony Blair potrà essere un buon candidato alla presidenza dell’Unione europea?

« presto per dirlo. Ci sarà un dibattito. Siamo in presenza di due tesi: ci vuole un presidente for­te e carismatico o un presidente che faciliti la ricer­ca del consenso e organizzi il lavoro? Credo in un’Europa forte politicamente e rappresentativa­mente. Ma il fatto che la Gran Bretagna non sia nel­l’euro resta un problema».

tienne Mougeotte, Gaëtan De Capele, Philippe Goulliaud, Charles Jaigu, Paul-Henri Du Limbert, Guillame Tabart
traduzione di Daniela Maggioni
© Le Figaro/Volpe