Guido Olimpo, Corriere della Sera 17/10/2009, 17 ottobre 2009
VIOLENZA E BARBECUE. L’AMERICA CHE «TRAMA» NEL CORTILE DI CASA
L’eccentrica famiglia Heene teneva una mongolfiera nel backyard, il cortile dietro casa. Un oggetto volante che ha tenuto nell’angoscia milioni di telespettatori perché si temeva che a bordo vi fosse il figlio più piccolo, Falcon, 6 anni. Una storia incredibile seguita dal sospetto che il padre abbia organizzato una messinscena per attirare l’attenzione. Durante un’intervista alla Cnn , il bimbo, quando gli hanno chiesto perché fosse rimasto nascosto nella soffitta ha detto sincero: «Mi avevi detto che lo facevamo per lo show». Inteso come reality . Il padre ha farfugliato una scusa mentre lo sceriffo, pur escludendo l’imbroglio, ha precisato che indagherà (e se gli Heene hanno mentito saranno a loro carico i costi della missione di recupero).
La polizia dovrà partire da quello che è accaduto nel cortile dove era il pallone. Uno spazio ridotto con alberello e staccionata, non certo una piattaforma di lancio. Fine agosto, altre immagini in tv. Meno divertenti. Fanno vedere la casa di Phil Garrido, l’uomo che ha segregato per 18 anni Jaycee Dugard. Il mostro aveva costruito «un cortile nel cortile », con tendoni e baracche, per impedire che i vicini scoprissero il suo segreto. Bizzarrie, storie nere ma soprattutto momenti felici che hanno come centro di gravità i backyard , microcosmo che ben rappresenta le mille facce d’America. Spesso così simili che se vai, per la prima volta, a casa di uno puoi immaginare quello che troverai. Ma spesso così diversi, capaci di riservare sorprese. Nelle zone residenziali è raro vedere qualcuno fermo davanti all’abitazione, di solito le persone stanno dietro – nel backyard – dove fanno quello che gli pare. Leggono, ricevono gli amici, fanno giocare i figli. Ma c’è anche chi si è organizzato il suo orto.
I «cortili» possono essere pochi metri quadrati con l’erba che fatica a spuntare.
Oppure un giardino ben curato. Dipende dai soldi e dal gusto. Attorno, per chi ha denaro da spendere, una siepe curata e magari una staccionata bianca. Chi ha solo spiccioli si accontenta di quattro assi. Immancabile il fornello del barbecue. Suntuoso al pari di una cucina da chef o spartano come il fuoco dei boy scout. Ad accomunarli l’aroma della carne arrostita. Data-simbolo il 4 luglio, giorno nel quale gli americani onorano la festa nazionale con bandiere e grigliata. Evento accompagnato dalla chiamata del vicino: «Vieni, c’è un party nel mio backyard».
Non è stata così gentile la reazione di deputati e sindaci quando hanno scoperto che la Casa Bianca voleva trasferire alcuni prigionieri di Guantánamo nelle carceri americane. Compatti, tranne qualche rara eccezione, hanno mandato a dire al presidente Obama: «Mettili ovunque, ma non nel mio cortile». Messaggio che hanno capito tutti, dall’Oregon alla Florida, perché è uno slogan abusato per indicare tanto la proprietà privata come le aree di influenza della politica Usa. Oltre al backyard di casa tua, c’è quello della città, dello Stato. Ma uno più degli altri è diventato il simbolo. Racchiude il Centro e parte dell’America Latina, appunto il «cortile» degli Stati Uniti. Da proteggere – come recitavano le vecchie dottrine – dagli intrusi. Fino a qualche anno fa c’era solo Cuba a fare da vicino scomodo. Oggi si sono aggiunti il Venezuela di Chávez, il Brasile di Lula, l’Ecuador di Correa, tenuti d’occhio in quanto amici dell’Iran e dell’ospite meno desiderato. La Cina. Perché, come ha titolato l’ Economist, «il dragone è entrato nel cortile». Difficile che voli via come la mongolfiera degli Heene.