Pierre de Nolac, ItaliaOggi 17/10/2009, 17 ottobre 2009
E SUGLI APPUNTI DEI GIORNALISTI VIGILA IL COLLEGA TELESE
Il veltroniano Walter Verini (è sempre stato definito come «il suo consigliere politico»), direttore di YouDem.tv, guardando l’Acquario romano gongola: «È tutto pieno». Sì, per il dibattito pubblico tra Pier Luigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino la sala è stracolma. Qualcuno però si lamenta: «Radio Radicale non sta mandando in diretta nulla e meno male che li abbiamo pure portati in parlamento». Secondo quanto è stato stabilito da un sorteggio (così dicono, «ma forse era truccato», sibila un addetto ai lavori) al centro c’è Marino, a sinistra (ovviamente) Bersani e a destra Franceschini. «Ignazio doveva comunque essere messo in mezzo», dice sottovoce uno degli organizzatori. I giornalisti vengono portati al primo piano, dove si domina la scena: sembra di stare al Globe Theatre.
E sopra c’è Luca Telese che tiene banco, specie tra le colleghe: pendono dalle sue labbra. Si esalta: «È uno spettacolo di democrazia», dice, ammirando il trio in competizione per la segreteria del Pd. Lassù fa caldo, perché chi prende appunti deve farlo sotto potentissimi riflettori installati per l’occasione, roba da set cinematografico. Senza dare nell’occhio, dietro ai professionisti dell’informazione passa Filippo Penati: indossa scarpe antirumore e ha un vestito che lo fa sembrare pronto per una battuta di caccia.
C’è chi nota che nel pubblico (centocinquanta persone «equamente divise tra le tre mozioni»), tra i maschi sono pochissimi quelli che hanno una cravatta: e i colori degli abiti sono degni di un arcobaleno, mischiati sapientemente, tanto che qualcuno pensa a una regia occulta di Oliviero Toscani.
Fatto sta che sono stati talmente sparsi, i fan dei tre candidati, che mentre un franceschiniano applaude fragorosamente il suo beniamino c’è accanto il bersaniano che lo guarda in cagnesco (Marino è stato più astuto: una sua sostenitrice stava nel piano superiore, e con lei gli applausi si sentivano benissimo, dall’alto).
Da ammirare i due «porgitori di domande», ovvero Tiziana Ferrario e Maurizio Mannoni, entrambi Rai, poggiati sul parallelepipedo trasparente a loro disposizione: ma non essendoci spazio per collocare nemmeno una bottiglietta d’acqua (a proposito, il prezioso liquido proveniva dall’Umbria, la regione che ha dato i natali proprio a Verini), il mezzo litro doveva per forza restare per terra. Solo quando Franceschini si è messo a concionare di «conflitto d’interessi», lamentandosi di quanti anni sono stati trascorsi dalla sinistra, e invano, al governo, la temperatura della sala è stata portata al calor bianco. I pompieri erano pronti a intervenire, ma subito dopo tutto è tornato alla normalità (bel messaggio: Massimo D’Alema ha sempre sognato «un paese normale»).
Piuttosto alcuni giornalisti sono rimasti colpiti dalle sedie di cartone, realizzate con il riciclo degli imballaggi (tanto che qualcuno ha parlato di «effetto Malagrotta»).
Qualcuno si è appoggiato delicatamente al sedile, per poi familiarizzare con il curioso oggetto d’arredamento: «Meno male che non c’è Giuliano Ferrara», ha detto uno spiritosone. Anche perché all’apparenza senz’altro meno solide di quelle in dotazione alla trasmissione di Raitre «Ballarò».
Per una coincidenza imbarazzante, a piazza Manfredo Fanti è passato un camion dell’Ama: proprio quella della raccolta degli imballi, con la scritta «Il cartone finisce qui, per non finire mai». In quel preciso istante, con il mezzo davanti al cancello dell’Acquario, viene decretata la fine del dibattito. E uscendo dalla sala alcuni militanti hanno staccato da un pannello una molletta (sì, quelle per il bucato), di colore verde, con la scritta «Ci tengo». Dicendo che «porta fortuna».