
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è adesso questa storia che a scuola bisognerebbe insegnare la religione islamica…
• Una nuova legge? Il Parlamento lavora anche di sabato?
No, una proposta del vice-ministro Urso, finiano di ferro, fatta l’altro giorno ad Asolo, subito apprezzata da D’Alema, subito avversata dalla Lega (Castelli), che ha un po’ spiazzato perfino la gerarchia perché ieri sono piovute sui tavoli delle redazioni due dichiarazioni di eminenze cattoliche in contrasto, una favorevole, l’altra contraria. Bisogna però prima leggere questa presa di posizione politicamente.
• Vale a dire?
Ad Asolo s’è svolto in questi due giorni un convegno organizzato insieme da Farefuturo, la fondazione culturale di Fini, e Italianieuropei, la fondazione di D’Alema. Di passata notiamo che l’altro giorno D’Alema ha anche stretto la mano a Berlusconi, dunque il gran leader dei democratici è in movimento. L’asse con Fini fa naturalmente parte del gioco di tutti e due, ma soprattutto di quello del presidente della Camera, fedele a Berlusconi, ma in posizione fortemente dialettica. E qual è l’altro polo di questa dialettica? La Lega, a cui Fini ieri ha anche mandato il messaggio che chi nasce in Italia da genitori stranieri, o arriva in Italia in età molto tenera (2-3 anni), deve diventare cittadino italiano a dieci anni. In molte dichiarazioni degli ultimi mesi di Fini e dei finiani c’è però anche un sottofondo laico, piuttosto fastidioso per la Chiesa. Che lo si voglia o no, l’ora di religione islamica attraverso la questione dell’ora di religione cattolica, sulla quale il cardinale Zenon Grocholewski, responsabile della Congregazione per l’educazione cattolica, ha espresso appena lo scorso maggio una posizione netta: la religione cattolica deve costituire un insegnamento con la stessa dignità di tutti gli altri, quindi il voto in religione cattolica deve valere come il voto in matematica e fare media. I contenuti di questo insegnamento devono essere fissati dalla Chiesa. Infine questa disciplina non può essere sostituita da un «insegnamento del fatto religioso di natura multiconfessionale, o di etica e cultura religiosa». Questo in una lettera mandata ai presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo in cui si ammette anche che la libertà religiosa degli alunni non cattolici va rispettata. Quando il documento è stato reso noto in Italia, è scoppiato un piccolo putiferio. La Gelmini aveva già deciso che la religione cattolica doveva essere considerata una materia come le altre, cioè che fa media. E il Tar le aveva dato torto.
• In che modo l’insegnamento della religione islamica complica questo quadro?
Il cardinale Raffaele Martino dice che in questo modo si eviterebbe di spedire i giovani islamici nelle madrasse o scuole coraniche dove possono imparare la jihad. un ragionamento che ha fatto anche Urso. Martino aggiunge però che su questo insegnamento islamico andrebbero esercitati i «debiti controlli». Il cardinale Tonini è invece contrario del tutto: «Ci vuole prudenza nell’approccio con l’Islam». In realtà, l’idea è di fatto irrealizzabile.
• Perché?
I professori dovrebbero parlare italiano, prima di tutto, altrimenti tanto vale lasciar fare le madrasse. Come sarebbero scelti? Urso parla della formazione di un album professionale. una parola. A meno che non ci si rivolga ai professori di storia, incoraggiando le specializzazioni in islamistica. Ma qui sarebbero contrari anche i cattolici: non si tratta di insegnare la storia di una religione, si tratta di insegnare «la religione » (vedi Grocholewski). Un impianto diverso per le lezioni di Corano costituirebbe un precedente pericoloso per l’insegnamento del catechismo, che non è libero. In un certo senso, sono le regole del Concordato che rendono impraticabile la faccenda.
• Che cosa dice il Concordato?
Il concordato (quello siglato da Wojtyla e Craxi nel 1984) stabilisce che gli insegnanti di religione sono scelti dalla Diocesi e pagati dallo Stato. Chi stabilirebbe il contenuto dell’insegnamento islamico? Perché l’Islam, a differenza della Chiesa cattolica, non è uno, e non esiste un’autorità che governi da un centro la dottrina. Urso s’immagina che alla bisogna possano provvedere gli imam, ma anche gli imam non la pensano mica allo stesso modo. Bisognerebbe introdurre, anche nelle docenze religiose, il principio della libertà d’insegnamento. Ma come si potrebbe negarla questa libertà, allora, ai professori di religione cattolica che predicano la verità secondo un’impostazione non relativistica? Pare assurdo, ma per portare il Corano a scuola, bisognerà ragionare nuovamente sul Concordato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/10/2009]
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