Matteo Collura, Corriere della Sera 17/10/09, 17 ottobre 2009
La saga dei Bixio senza Garibaldi - Tre fratelli, un cognome celebre: Bixio. E subito viene in mente il generale elogiato da Garibaldi come «primo dei Mille»
La saga dei Bixio senza Garibaldi - Tre fratelli, un cognome celebre: Bixio. E subito viene in mente il generale elogiato da Garibaldi come «primo dei Mille». Ed è comprensibile che sia lui, Nino (Girolamo all’anagrafe) a essere ricordato come il più importante dei Bixio. Ma i suoi due fratelli, Alessandro e Giuseppe, meritano di essere conosciuti non meno del loro congiunto più famoso. Lo dimostra una biografia di Massimo Nava, giornalista, corrispondente del «Corriere della Sera» da Parigi, che intreccia le tre vite con un racconto romanzesco non ascrivibile alla tipica narrativa di casa nostra, a partire dall’originalità d’impianto e dalla resa espressiva: La gloria è il sole dei morti (Ponte alle Grazie). il generale garibaldino, già un vecchio a cinquant’anni, ad aprire e chiudere il romanzo, ma, grazie a ben congegnati flashback , le rispettive vite dei tre fratelli s’impongono come esperienze memorabili degne di essere raccontate autonomamente. Nel 1872, quando Nino Bixio entra nella casa di Rue Jacob, a Parigi, dove il fratello Alessandro è morto da sette anni, è come se per lui si aprissero le porte di un museo (le stesse che si schiudono alla fantasia del lettore). Il generale non sa più quante cicatrici ha in corpo, si sente vecchio e stanco. Ma un ambizioso progetto lo tiene ancora in piedi: farsi costruire una nave, armarla, e con essa solcare le acque dell’Estremo Oriente, laggiù tra le isole dell’Indonesia. Cosa ne penserebbe il fratello «francese »? Muovendosi in quella che ormai gli appare come una casa-museo, accolto da un nipote che ne conosce le gesta dai racconti del padre, ora può misurare la distanza che lo separa da Alessandro, ma riconoscere anche l’ammirazione che ha sempre avuto per lui. Nato a Chiavari nel 1808, terzogenito di sette fratelli (Nino, di tredici anni più giovane, era ultimo), Alessandro aveva studiato a Parigi, dove aveva intrapreso una brillante carriera politica, divenendo, tra il 1848 e il 1851, membro dell’Assemblea Costituente e della Legislativa. Un francese illustre, «Alexandre» Bixio, la cui agiata casa era divenuta sede di riunioni conviviali talmente importanti per la cultura e la politica da passare alla storia come i Dîners académiques. Vi partecipavano funzionari di governo, deputati, banchieri, diplomatici, intellettuali, artisti; lo scrittore Dumas padre tra i più assidui. Alessandro aveva aiutato il fratello minore, finanziandone imprese e pagandone i debiti. Lui aveva ricambiato con l’ingratitudine del suo orgoglio. Sempre. Ma ora, reduce da troppe avventure, sazio di vita, il generale sa in che parte del cuore custodire la memoria del fratello, trarre dai suoi consigli un viatico. Con questa convinzione può partire per l’Inghilterra dove, accumulando debiti su debiti, riuscirà a farsi costruire la nave dei sogni e a prendere il mare, primo comandante italiano ad attraversare il canale di Suez. Anche un altro fratello, pure lui staccatosi ragazzo dalla famiglia, sarebbe bello sapesse della sua nuova impresa. Ma Giuseppe Bixio si trova da qualche parte negli Stati Uniti, missionario gesuita. E qui Nava apre un altro capitolo che ha dell’incredibile per la varietà di avventure di cui è protagonista il gesuita «Joseph» Bixio. Basti dire che, come cappellano, si trovò a partecipare alla guerra di secessione e che, anche lui spinto dal carattere ardito, viaggiò in Australia, facendo poi ritorno negli Usa, dove fu tra i fondatori dell’università cattolica di San Francisco. Una triplice biografia, dunque, il romanzo di Massimo Nava. Ma è anche altro. Soprattutto un modo diverso di raccontare la vita di uno dei nostri eroi nazionali, per farne risaltare la vocazione marinara, fin da quando, ragazzo scacciato da una scuola di Genova per motivi disciplinari, Nino si era imbarcato come mozzo, destinazione i mari d’Oriente. Sfuggito agli squali e ai pirati malesi, dopo essere stato venduto come schiavo e poi liberato, aveva iniziato la carriera di avventuriero pronto ad accorrere, classico eroe dell’Ottocento, al richiamo della patria. E siamo all’epopea garibaldina di cui Nino Bixio fu protagonista indiscusso. Anche per i noti fatti di Bronte, in Sicilia, dove il generale ligure, dopo un processo sommario, fece sbrigativamente fucilare cinque imputati ritenuti capi della sanguinosa rivolta (due di loro, tra cui lo scemo del paese, innocenti). Ma quell’episodio, sembra volerci dire Nava, è piccola cosa nella vita di Bixio. Il generale non se ne sarebbe neanche ricordato, quando, divorato dalla febbre e prosciugato dalla diarrea, sarebbe morto di colera nel 1873, nella cabina della sua nave, nelle acque dell’isola di Sumatra, proprio là dov’era naufragato da ragazzo.