
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ecco una lettera apparsa su Internet qualche giorno fa: «Quest’estate dovrei andare a New York. Cercando nei vari siti di prenotazione aerea ho trovato un’ottima offerta che prevede uno scalo a Londra. Il problema è che a Londra da Milano si va con Alitalia, mentre la tratta Londra-New York è effettuata da altra compagnia. La mia perplessità è questa: se in quel giorno l’Alitalia dovesse essere già fallita perderei il diritto di viaggiare fino a New York?»
• Una lettera molto cinica. Il problema delle vacanze supera quello di 18 mila lavoratori messi eventualmente per strada, di una grande azienda chiusa, eccetera.
Sì, però il problema delle vacanze esiste e il pensiero di quel viaggiatore coincide con quello di parecchi italiani: se devo andare all'estero mi conviene prenotare Alitalia o no? Posso dirle che questa domanda, comprensibile, è però assurda? Negli ultimi vent'anni Alitalia ci ha fatto impazzire con i suoi scioperi. Ciononostante abbiamo accettato di buon grado il rischio di prenotarci. Che Alitalia possa smettere di volare la settimana prossima mi pare improbabile. È vero che la depressione è tanta. L'altro giorno ho fatto il check in a Fiumicino e l'impiegato addetto, molto paziente, molto cortese, si consolava con la frase: «Tanto, dura ancora una settimana...» Nonostante tutto, se si deve partire e i prezzi sono convenienti, penso che si possa prenotare Alitalia senza troppi timori.
• Ma se lei stesso l'ultima volta ha detto che l'azienda è tecnicamente fallita.
È tecnicamente fallita da un pezzo. Però la si tiene in vita a forza e dunque la si obbliga a volare. Ieri è stato approvato il bilancio, tutti dicono che la cordata è pronta, Berlusconi starebbe lavorando in silenzio, intanto i 300 milioni sono arrivati e sono stati patrimonializzati...
• Questa non l'ho capita.
L'azionista, cioè il ministero del Tesoro, ha prestato 300 milioni alla compagnia, in modo da garantire, intanto, il pagamento degli stipendi. Con i soldi in cassa in quel momento (era poco prima delle elezioni) non si sarebbe infatti arrivati a fine giugno. L'altra settimana poi il governo ha annunciato che questi 300 milioni non erano più un debito, ma venivano “patrimonializzati”. Il significato è semplicemente questo: l'azionista che ha prestato soldi alla sua società ed è diventato perciò un azionista-creditore rinuncia a un certo punto al suo credito. I 300 milioni cambiano allora di casella: escono dalla casella del debito ed entrano nella caselle delle ricchezze dell'azienda, cioè del suo patrimonio, insieme alle case, ai terreni, alle macchine. È come se si fosse aumentato il capitale.
• Sta dicendo che Alitalia non restituirà mai i soldi che lo Stato le ha prestato?
Esattamente. Una porcheriola che serve alla compagnia per tirare avanti. Si tratta in fondo di 5 euro a italiano. Lo so che è una vergogna, ma che ci vuol fare? Oltre tutto è una vergogna nella quale Prodi e Berlusconi vanno a braccetto. Salvo Tremonti perché so che, quando c'era ancora Air France in ballo, voleva che la partita venisse chiusa con monsieur Spinetta. Oh, naturalmente contro la porcheriola si preparano i fulmini dell'Unione europea. Qualunque cosa dicano Berlusconi e Tajani, i 300 milioni sono evidentemente un aiuto di stato, a maggior ragione adesso che sono stati messi in patrimonio. Ma l'Unione in concreto potrà poco e intanto Berlusconi ha guadagnato tempo. Il bilancio ha certificato perdite per 495 milioni. Senza la patrimonializzazione del prestito il fallimento sarebbe stato inevitabile.
• E la cordata?
Bruno Ermolli, l'incaricato da Berlusconi, dice che ci sono imprenditori pronti a versare un miliardo e mezzo. Su questo si è sentito qualche grido di giubilo, ma, a dir la verità, Air France di miliardi ne aveva pronti 11, tra ricapitalizzazioni, investimenti nella flotta eccetera. Ieri è tornato a farsi sentire il sindacato, nella persona del segretario della Uil, Angeletti: «Insomma, Berlusconi vuol farci sapere che cosa intende fare?». La Marcegaglia, a domanda, se l'è cavata con un sibillino: «È il momento di andare avanti». Scajola ha parlato con molta serietà di «un silenzio operoso», cioè secondo lui anche se non dicono niente si stanno dando da fare. Prevede una soluzione «in poche settimane». Veltroni invece è partito all'attacco: la cordata non esiste, il centro-destra ha fatto saltare l'unica trattativa vera, eccetera. Ha poi annunciato il voto contrario del Pd al decreto relativo ai 300 milioni, approvato ieri dalla Commissione Trasporti della Camera. I democratici voteranno contro proprio per la storia della patrimonializzazione. Tanto, è un “no“ senza rischi, il decreto passerà lo stesso.
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