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 2008  maggio 29 Giovedì calendario

La Stampa, giovedì 29 maggio Lui, l’«X-Factor» ce l’ha senz’altro, se per «X Factor» si intende quella misteriosa combinazione di talento e comunicativa che lega un artista al suo pubblico

La Stampa, giovedì 29 maggio Lui, l’«X-Factor» ce l’ha senz’altro, se per «X Factor» si intende quella misteriosa combinazione di talento e comunicativa che lega un artista al suo pubblico. Ma se chiedi a Morgan cosa si prova a passare da cantante di una band di nicchia come i Bluvertigo, alla grande popolarità del talent show che si è concluso ieri su Raidue, si irrigidisce: «Non faccio questo mestiere per aver successo ma perché non potrei fare altro. La musica è la mia vita. Se il successo capita, bene, altrimenti bene lo stesso». E alla Ventura che gli dice di smetterla di prendersi così sul serio se vuole essere un personaggio tv risponde secco: «Non ho tempo per le cazzate. Sono una persona, non un personaggio». In verità Marco «Morgan» Castoldi sembra proprio un personaggio degli stralunati cartoon di Tim Burton: esile nel vestito nero come l’amoroso della Sposa cadavere, i ciuffi brizzolati ritti in testa, lo sguardo da folletto gentile di Nightmare Before Christmas. Aldo Nove ha ragione quando dice che è «un frullatore di immaginari, di idee, di spunti musicali» tanto che quasi non riesce lui stesso a star dietro alle idee che gli vengono. Inizia: «Mi sento come il Mr. Vertigo di Paul Auster... Ma pensa, Vertigo come i Bluvertigo, non me ne ero mai accorto». Si involtola nello spiegare che ha scelto Morgan perché «il nome di un pirata è scaramantico, apotropaico: rifuggire dal male assumendone il peso, identificandomi in esso». E un minuto dopo sghignazza sui filmati di You Tube addentando il salame che gli hanno messo in tasca i costumisti per scherzo. Vicino a lui in camerino la sorella Roberta, stesso viso dolce, guizzi di imprevedibilità solo appena più nascosti, stessa passione per la musica. Sono nati nei primi Anni 70 da papà Mario, mobiliere, scomparso quando erano ragazzini e mamma Luciana, maestra elementare. «Amavano moltissimo la musica» ricordano a due voci, alternandosi in tempistica perfetta, in fondo da tutta la vita non fanno altro che suonare insieme. «Certo a casa nostra non si ascoltava Gianni Morandi, la mamma adorava David Bowie, papà i Kraftwerk». Il primo spettacolo lo hanno improvvisato insieme, per strada, a sei-sette anni. Era Grease. «Ma la mia specialità era Elvis Presely, andavo forte in Friend of mine, la chiamavo la canzone del freno a mano». «Ti ricordi che in macchina armonizzavamo i Beatles?» «Mi ricordo l’ultimo concerto di Elvis da Las Vegas, era il 1977, ce lo siamo visto in diretta tv». Marco suona di tutto, da sempre: «15 anni di gavetta, pianoforte, batteria, canto, sono un teorico del polistrumentismo». Roberta, dottoranda in Filosofia, suona il violoncello. «Ha fatto tournée con David Byrne, gli Afterhours, John Parish» dice Morgan orgoglioso, ma adesso ha appena avuto una bambina e si è presa una pausa. Anche Morgan ha una bambina di sette anni, Anna Lou, figlia di Asia Argento. «E’ fortissima, molto musicale ma soprattutto brava con le parole: compone delle ballate in stile De André, l’ultima l’ha fatta sulla neve, a Natale». La separazione da Asia, ha confessato di recente Morgan « è stata una cosa mortale. Quella persona con tanta speranza, tanta buona volontà, tanta voglia di essere un padre, è stata uccisa. Lavoro molto, e aiuta. Ma resta una grande tristezza». Però a X Factor, ammette, «mi sono proprio divertito, anche se è un mondo con cui non ho nulla a che fare. La cosa che mi è più piaciuta è stata la preparazione. E poi hanno vinto i miei (il gruppo degli Aram Quartet, ndr). Solo temo che non mi riconfermino l’anno prossimo, l’ho anche sognato». La sorella lo guarda con indulgenza: «Ma no, Marco, lo sai che nei sogni non esiste la negazione, sei tu che stai esorcizzando la paura di non essere riconfermato». «Ma che negazione e negazione, questa è una pre-mo-ni-zio-ne». «Sì, ma Freud diceva in quel suo bellissimo libro del 1914...» «Anno fantastico, il 1914, quello di Cabiria» . Esco dal camerino e non se ne accorgono nemmeno. Raffaella Silipo