Flavia Amabile, La Stampa 29/5/2008, pagina 2., 29 maggio 2008
Ho scelto i figli, addio al lavoro La Stampa, giovedì 29 maggio Ci sono modi e modi per dirlo. La ex-socia di Marinella Amoroso non ha usato perifrasi
Ho scelto i figli, addio al lavoro La Stampa, giovedì 29 maggio Ci sono modi e modi per dirlo. La ex-socia di Marinella Amoroso non ha usato perifrasi. «Allora sei diventata poco affidabile», la gelò. Era l’inizio degli anni Novanta, avevano insieme uno studio commercialista a Roma. Alla sua socia Marinella aveva appena confessato di essere incinta e che però doveva restare un po’ a riposo: c’era una minaccia di aborto. Forse da una donna si aspettava solidarietà. Invece, quella frase, e poi il loro rapporto di fiducia che si spezzava. Marinella due giorni dopo il figlio lo perse davvero e riprese a lavorare. La ex-socia le trattenne dallo stipendio la paga dei giorni di malattia ed era ben chiaro quel che sarebbe successo in seguito. Nulla di nuovo, in fondo. «Quando andavo a fare i colloqui tutti mostravano sempre un grande interesse verso la mia voglia di fare figli». Marinella rimase incinta di nuovo un anno dopo. Gravidanza difficile, doveva stare a letto. La sua vita lavorativa terminò lì. Aveva 27 anni. Ora è mamma di due figlie: una di 12, l’altra di 8. Dal punto di vista statistico è «inattiva» come altri tre milioni di italiani, ogni anno di più. «Lo so, sono inattiva e sprecata in certe situazioni, però non avevo molta scelta». Marinella ha 40 anni, le figlie sono ormai abbastanza grandi, tutto sommato potrebbe ricominciare. «E’ vero, la mia è un’età in cui si potrebbe dare ancora tanto, ma quando avevo le figlie piccole e ho pensato di riprendere a lavorare mi sono resa conto che avrei dovuto lasciarle con un’estranea per dodici ore e sono entrata in crisi. Il lavoro mi avrebbe tenuta troppo a lungo fuori di casa. Ho preferito rinunciare». Rimpianti? «Da figlia di casalinga non contenta, mi manca la mia autonomia. All’inizio perlomeno mi pesava molto. Ora va meglio. Riesco a fare cose che non potrei fare se lavorassi. E ho un marito che non mi fa pesare il fatto che dipendo da lui economicamente». Marinella non rimpiange nemmeno l’eventuale secondo stipendio e quello che potrebbe comprare. «Non sono mai stata una che andava a comprare il vestito costosissimo. Al massimo compravo libri o spendevo per un viaggio, ma questo lo faccio tuttora. E poi se lavorassi dovrei avere una donna per le pulizie in casa e una per tenere i figli. Alla fine non so se ne varrebbe la pena. Quello che mi pesa davvero è che come donna sposata, non lavoratrice e non immigrata, non ho avuto diritto nè all’asilo nido, nè alla materna pubblica: non avevo mai il punteggio. Per cui sono una madre, sono inattiva, e il peso dei miei figli è tutto sulle mie spalle». Inattiva ora, forse per sempre . «Un po’ di anni fa pensavo che, crescendo , tutto sarebbe stato più facile. Ora invece mi rendo conto che vanno seguite ancora, e sempre di più. Tornerei a lavorare se potessi gestire il mio tempo in modo da rispettare gli impegni ma senza penalizzare i ritmi delle mie figlie. Se un pomeriggio devo accompagnarle dal medico devo poterlo fare. Per un lavoro così potrei fare qualsiasi cosa, non soltanto la commercialista». Flavia Amabile