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 2008  maggio 29 Giovedì calendario

Quei timori esagerati sul clima mondiale. Il Sole 24 Ore 29 maggio 2008 Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha esposto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 20 maggio scorso, ndr) le sue guidelinee per una «politica dello sviluppo ecoliberale», ben tradotta nel titolo come «politica ecologica del sì»

Quei timori esagerati sul clima mondiale. Il Sole 24 Ore 29 maggio 2008 Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha esposto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 20 maggio scorso, ndr) le sue guidelinee per una «politica dello sviluppo ecoliberale», ben tradotta nel titolo come «politica ecologica del sì». Tra le priorità, dovrà essere affrontato anche un tema "caldo": il riscaldamento (appunto) climatico. In proposito, ricordiamo sinteticamente. Primo: non è vero, e su ciò moltissimi concordano, che il Protocollo di Kyoto, volto alla riduzione delle emissioni di gas serra, dia buoni risultati. Limitato, nella sua operatività, a soli Paesi sviluppati (con importanti esclusioni come gli Usa), esso apporterebbe scarsissimi vantaggi anche se realizzato con successo. Purtroppo anche tale successo manca, perché, quando dalle dichiarazioni alate si passa ai portafogli, i consensi cadono. In Italia, in particolare, il meccanismo per il mercato dei diritti di inquinamento ha incontrato notevoli difficoltà di attuazione. Inoltre, il riscaldamento globale dovrebbe essere affrontato anche dai grandi Paesi meno ricchi: Cina in particolare. Ma se è vero che le emissioni globali di anidride carbonica cinesi hanno superato il livello statunitense, è difficile criticare l’inazione del "gigante asiatico", quando si esaminano i dati specifici: le emissioni annue pro capite di anidride carbonica negli Usa sono 20,4 tonnellate, in Cina 3,84, circa cinque volte meno; e il reddito pro capite cinese è soltanto il 16,1% di quello americano. Infatti Cina e India si dicono disposte a intervenire, purché i costi siano rimborsati dai Paesi ricchi. Secondo: non è vero che l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), l’organo governativo che elabora le ipotesi sul cambiamento climatico, sia obiettivo. Già il fatto che esso sia gestito dai Governi i cui rappresentanti patteggiano attivamente i testi dei documenti riassuntivi dovrebbe insospettire. Infatti vi sono state vivaci critiche anche da parte di scienziati coinvolti nel l’Ipcc. Ciò può ben comprendersi, poiché le proiezioni climatiche del Panel derivano esclusivamente da complessi modelli su computer, che – con eroiche semplificazioni – forniscono scenari di lungo termine sul comportamento del complicatissimo sistema climatico terrestre (che talora nemmeno consente credibili previsioni meteo a breve). Terzo: non è vero che la comunità scientifica sostenga compatta l’evidenza del riscaldamento globale. Il consenso viene spesso forzato. Richard Lindzen, stimato meteorologo del Mit, ha scritto sul «Wall Street Journal»: «C’è un aspetto sinistro nel nutrire questa follia. Gli scienziati che dissentono dall’allarmismo hanno visto i loro fondi di ricerca sparire... sicché le bugie sul cambiamento climatico guadagnano credibilità anche quando sono in netto contrasto con la scienza che dovrebbe essere la loro base». Quarto: non è vero che il riscaldamento climatico sia la massima preoccupazione globale. Ciò avviene perché, mancando un governo mondiale, manca pure una fondamentale valutazione che, invece, i singoli Governi fanno: la classifica e stima dei problemi prioritari da affrontare. Tuttavia un gruppo di eminenti studiosi, fra cui alcuni Nobel, il Copenhagen Consensus, si è cimentato in questo fondamentale compito. I primi risultati sono del 2004, e hanno il pregio di corrispondere alla saggezza del senso comune: ai primi due posti sullo scenario mondiale stanno la lotta all’Aids e alla fame nei Paesi poveri, seguono malaria e altri problemi. Tra le ultime priorità il riscaldamento globale, sul quale necessitano approfondimenti. Fra l’altro, uno studio della rivista «Nature» prevede un raffreddamento delle attuali temperature fino al 2015, a causa di uno spostamento temporaneo delle correnti oceaniche. Una fortunata pausa per riflettere. Nel frattempo, la classifica dei problemi globali verrà aggiornata dal Copenhagen Consensus. Conclusione: non si chiede di abbassare precipitosamente la guardia sul riscaldamento globale. Ma, essendo le risorse scarse, è opportuno compiere ufficialmente valutazioni obiettive sulla priorità dei problemi legati a tale riscaldamento, mentre aumentano i morti di fame nel terzo mondo. Emilio Gerelli