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 2008  giugno 01 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Leader dei Popolari Liberali è Carlo Giovanardi
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è George Walker Bush
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Ehud Olmert
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Tutti gli anni il governatore della Banca d’Italia pronuncia un discorso che viene chiamato: «Considerazioni finali» e che chiude l’anno dell’Istituzione. Si tratta di un discorso che ha molto peso nella nostra dialettica politica. Prima di tutto, infatti, il governatore ci dice la sua sullo stato generale della nostra economia: trattandosi di un personaggio che è stato sempre scelto formalmente al di fuori della politica, questo giudizio, con la sua aria di essere neutrale, pesa. In secondo luogo, ogni volta si tenta di capire se il cosiddetto “inquilino di via Nazionale” (la sede centrale della Banca d’Italia è a Roma, in via Nazionale) è d’accordo col governo del momento, se ne condivide la politica fiscale o sociale, se ha suggerimenti diversi da dare, se un’eloquenza che non può non suonare impassibile, asettica e neutrale (e Draghi si sforza, tutte le volte che legge i suoi discorsi, di essere il più monotono possibile) non nasconda per caso critiche al presidente del Consiglio e ai suoi ministri...

• Stavolta?
Direi di no. Anche se il discorso è piaciuto un tantino meno del solito, come le dirò poi. Intanto Draghi ha detto cose che sappiamo: l’economia italiana è debole, questa debolezza durerà almeno per un anno, non è assolutamente detto che la fase di crisi mondiale provocata dai subprime e dall’improvvisa stretta generale del credito sia passata, le banche italiane tuttavia – grazie a criteri di gestione più saggi e prudenti (è sempre Draghi che parla) – hanno sofferto per i mutui molto meno delle altre, il nostro debito pubblico è esagerato e bisogna fare ogni sforzo per abbatterlo, la nostra pressione fiscale deve scendere al 40% del Pil (adesso è al 46 almeno), eccetera eccetera. Tutti discorsi con i quali siamo più o meno nell’ovvio: Draghi non poteva dire che quello che ha detto. I punti caldi – non proprio così ovvi – sono invece tre, e riguardano le pensioni, la pubblica amministrazione e il Mezzogiorno.

Le pensioni? Non è ancora finita la storia delle pensioni?
Le pensioni sono un capitolo sempre aperto perché i numeri della demografia sono sempre in movimento, la vita media continua ad allungarsi, che lo Stato possa farcela a pagar tutti è sempre dubbio. In poche parole: Draghi esorta ad alzare l’età pensionabile e a permettere di lavorare anche a chi ha più di 65 anni, se vuole. Cosa che tante volte il sistema attuale impedisce. Notiamo di passata che il capo del partito dei pensionati, cioè Epifani, ha elogiato il discorso e non ha detto niente su questo punto.

Mi immagino che sulla pubblica amministrazione abbia dato ragione al ministro Brunetta che vuole licenziare i fannulloni.
Il governatore non scende a questi livelli polemici. Ha inserito il problema degli statali all’interno del rilancio della produttività. Il concetto è: l’Italia produce poco, bisogna rilanciare la produttività, il discorso vale per il settore privato, ma anche per il settore pubblico. «Da più voci sale, ormai da tempo, la richiesta [...] di abbattere le rendite improduttive». Draghi premette: «Le cause del ristagno della produttività sono ormai ampiamente identificate». Quindi – implicitamente – non c’è troppo da discutere. Anche qui il capo della Cgil, che l’altro giorno dopo un quarto d’ora ha dato ordine di lasciare il tavolo del confronto col governo, stavolta non ha fatto un piega.

E il Mezzogiorno? Ha parlato dei rifiuti?
No, niente rifiuti. Mentre parlava, a Chiaiano ricominciava il casino, ma lui non ne ha accennato. Ha invece fortemente incoraggiato il federalismo fiscale, questo è il punto dove si è esposto di più: «Il sistema dei trasferimenti agli enti decentrati» deve abbandonare «il criterio della spesa storica», bellissima espressione per dire che non si può continuare come prima. Intanto al Sud è scoppiata una specie di rivolta contro il taglio dell’Ici: siciliani e calabresi dicono che è un regalo alla Lega e che colpisce soprattutto loro. Draghi però ha fatto notare che in un Paese dove si produce ormai poco, il Mezzogiorno produce il 40 per cento meno del Nord, è devastato dal lavoro nero, dall’immobilità e dall’arretratezza. Il Sud tedesco - ha aggiunto -, cioè le regioni che appartenevano alla Germania comunista, ha prodotti in questi dieci anni molto più del resto di quel Paese.

Le critiche?
Il discorso non è piaciuto a quelli di Rifondazione (Giordano, molto duro), a Cossiga («Draghi la smetta di giocare a superministro dell’Economia»), a Romiti (dice che Draghi ha sorvolato sui derivati di cui sono impestate le Regioni), ai dipietristi che non capiscono gli elogi per le banche. Per il resto: Berlusconi e Veltroni, Epifani e la Marcegaglia hanno applaudito senza riserve. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/6/2008] (leggi)

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