
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi è il 2 giugno, festa della Repubblica, e il bravo Renato Mannheimer, l’uomo che fa i sondaggi per Vespa e per il Corriere della Sera, ha rivelato proprio ieri sul Corriere che il 29% degli italiani non ha la minima idea di che cosa si festeggi nella giornata di oggi. Questo, benché sia vacanza a scuola, cosa che rende la festa particolarmente percepita. Il sondaggio – di cui non conosciamo le caratteristiche (quanti intervistati, come è stata fatta la domanda, eccetera) – ha anche rivelato una preoccupante mancanza di amor di patria. Alla domanda se l’intervistato si sentisse più cittadino del suo comune, della sua provincia, della sua regione, italiano o europeo, la maggioranza sceglie un’identità non nazionale e solo il 45% dice di sentirsi italiano. Seguono: il 22% che dice di sentirsi soprattutto cittadino della sua città e un 12% che sceglie la sua regione o l’Europa.
• Dati sconfortanti, no?
Mah. Nel 2001, sempre in occasione del 2 giugno, fece un sondaggio identico a questo l’Abacus e venne fuori che il 42 per cento degli italiani non sapeva che il 2 giugno si festeggiava la Repubblica. Anche quelli dell’Abacus avevano messo a confronto nazione, città, regione eccetera, adoperando però il termine “fiducia”. La domanda era: ha più fiducia nello Stato, nella Regione, nel Comune? Classifica: 23% aveva fiducia nello Stato (ma il 35% aveva fiducia nella Repubblica...), 27% nella Regione, 26% nel Comune, 15 nel governo, 11 nel Parlamento. L’84 per cento conosceva bene Ciampi (al Quirinale c’era lui).
• Ma allora il Paese è migliorato...
Non si possono paragonare Abacus e Mannheimer. Mannheimer ha anche confrontato i dati sul sentimento nazionale (la minoranza del 45% che si sente italiana) con una sua ricerca del 2004, dove questo gruppo era maggioranza col 52%. La cosa più saggia è prendere questi questionari con molta prudenza e, al limite, considerarli un gioco a cui non va dato troppo peso. Oltre tutto il 29 per cento ignaro del fatto che il 2 giugno è festa della Repubblica sottintende l’esistenza di un 71 per cento che invece lo sa. Una percentuale che mi pare enorme. I risultati di Mannheimer, a pelle, sono troppo positivi.
• Secondo lei stiamo ancora peggio?
Ma scusi, tutti i sondaggi ci danno ultimi in tutte le classifiche minimamente culturali. Il report 2006 del ramo italiano dell’indagine internazionale All-Ocse (Adult Literacy and Life Skill), coordinato dalla pedagogista Vittoria Gallina, ha accerttato che 21 laureati (e sottolineo laureati) su cento non riescono ad andare oltre il livello elementare di decifrazione di una pagina scritta. Significa che un dottore su cinque ha serie difficoltà con la parola scritta. E infatti sette laureati su cento ammettono di non leggere mai (e sottolineo mai). Ha dimenticato l’orrore del concorso per magistrati con 3700 candidati bocciati perché scrivevano cose tipo «egli ha» senza l’acca? E stiamo parlando dei laureati, i quali poi sono solo il 9 per cento della popolazione adulta contro il 21 per cento della media europea. Tullio De Mauro, quando era ministro della Pubblica Istruzione, fece sapere che due italiani su tre sono a rischio di analfabetismo e che due milioni sono di sicuro analfabeti totali. In quel momento andava in onda la prima edizione del Grande fratello dove furoreggiava il simpatico pizzaiolo Salvo. De Mauro disse: «Il fenomeno più preoccupante sono le persone che hanno ricevuto un livello minimo di scolarizzazione ma hanno poi lentamente disimparato a leggere e scrivere. Penso a persone come Salvo, del Grande Fratello, che sa scrivere il suo nome ma ignora se Dante era un poeta o un olio d’oliva». E vuole che il 71 per cento degli italiani sappiano cos’è il 2 giugno? Non ci credo neanche se me li interrogano uno per uno.
• Non sia troppo crudele. Ci dica qualcosa su ’sto 2 giugno.
A un certo punto, durante la guerra, il re aveva fatto una figura miserevole, scappando da Roma con tutto il suo seguito per salvare la pelle. Alla fine si decise di chiedere al popolo, con un referendum, se bisognava tenersi la monarchia fellona o mettere in piedi una repubblica. Si fece questo referendum e vinse la Repubblica con due milioni di voti di vantaggio. Era il 2 giugno 1946.
• Beh, facile. Perché a scuola non lo spiegano?
Non lo so. Siamo un Paese arretrato. Quel 2 giugno votarono, per la prima volta nella storia, anche le donne. Lo Stato italiano esisteva da 80 anni. E per dare il voto alle donne bisognò aspettare di perdere una guerra combattuta dalla parte sbagliata. Di trovarsi in un Paese ridotto in macerie. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 2/6/2008]
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