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 2008  giugno 02 Lunedì calendario

Ecco le barzellette che hanno seppellito l’ Unione Sovietica Sarà una risata che vi seppellirà: il vecchio slogan anarchico potrebbe andare bene come epitaffio per l’ Unione Sovietica (1917-1991), o più in generale per il comunismo, perlomeno inteso come sistema di governo

Ecco le barzellette che hanno seppellito l’ Unione Sovietica Sarà una risata che vi seppellirà: il vecchio slogan anarchico potrebbe andare bene come epitaffio per l’ Unione Sovietica (1917-1991), o più in generale per il comunismo, perlomeno inteso come sistema di governo. E’ la tesi di un libro pubblicato in questi giorni in Gran Bretagna, «Hammer & Tickle, a history of communism told through communist jokes» (Martello e Solletico, una storia del comunismo raccontata attraverso le barzellette comuniste - con un gioco di parole intraducibile in italiano, poichè in inglese tickle rima con sickle, falce). L’ autore, Ben Lewis, apprezzato regista di documentari per la Bbc, che sul tema ha realizzato anche un film. ha dedicato anni a raccogliere storielle irriverenti in tutti gli angoli dell’ Europa orientale, da Mosca alle capitali dei suoi ex-paesi satelliti; e alla fine si è convinto che il cosiddetto anekdot, l’ aneddoto, come si chiama in russo, non sia servito soltanto ad alleviare le sofferenze di chi viveva sotto il comunismo sovietico, ma che descrivendo costantemente quel sistema come qualcosa di ridicolo, patetico, incapace di funzionare, ha contribuito al suo collasso. Le barzellette contro il sistema, in Russia, sono sempre esistite, fin dai tempi di Gogol. Negli annali dell’ Urss cominciarono a essere classificate come un reato nel 1933, l’ anno del terrore staliniano, quando uno zelota di Stalin le denuncia in un discorso davanti al Comitato Centrale del Partito comunista sovietico (Pcus). Anche questo, ben presto, diventò una barzelletta: «Un giudice si piega in due dal ridere. Un collega gli chiede cosa c’ è di così buffo. "Ho appena sentito la storiella più divertente della mia vita", gli risponde il giudice. "Raccontamela", lo prega il collega. E il giudice: "Non posso, ho appena condannato un tizio a cinque anni di lavori forzati per averlo fatto"». Dopo la morte di Stalin nel ’54, la gente prese a raccontarle più arditamente e diventarono sempre più cattive. «Quali furono le ultime parole di Mayakowskij prima di suicidarsi? "Compagni, vi prego, non sparate"». Oppure: «L’ insegnante chiede all’ alunno chi sono suo padre e sua madre. "Mia madre è la Russia e mio padre è Stalin", risponde pronto il bambino. Compiaciuta, l’ insegnante insiste: "E tu cosa vuoi diventare da grande?" E il bambino: "un orfano"». Dopo averne elencate centinaia, il libro di Lewis si chiude con un interrogativo: perché il comunismo ha prodotto così tante barzellette, e il nazismo praticamente nessuna? La risposta contenuta nel volume è che il nazismo esemplificava il Male, mentre il comunismo, elevato a forma di governo, ha rappresentato soprattutto la Stupidità: mentre il primo fa rabbrividire, della seconda si può anche ridere. Come in questa barzelletta, che ho imparato quando facevo il corrispondente da Mosca per Repubblica, sul finire della perestrojka gorbacioviana, epoca di code e razionamenti per tutto. «Un operaio va a comprare la macchina, paga, poi chiede all’ impiegato quando gliela consegneranno. Quello controlla su un librone e dice: "Fra dieci anni". "D’ accordo", replica l’ operaio, "ma di mattina o di pomeriggio?". "E che ti importa - risponde l’ impiegato - tanto è fra dieci anni". "No, vedi compagno - spiega l’ operaio - è che di mattina viene l’ idraulico». - ENRICO FRANCESCHINI