Affari & Finanza 2 giugno 2008, PAOLA JADELUCA, 2 giugno 2008
Acqua minerale, grande business di famiglia. Affari & Finanza 2 giugno 2008 «L’Italia è il principale consumatore di acqua nel mondo
Acqua minerale, grande business di famiglia. Affari & Finanza 2 giugno 2008 «L’Italia è il principale consumatore di acqua nel mondo. Nessuna casalinga tiene pronti nel frigo birre o soft drink; le uniche bevande che trovi sul tavolo degli italiani sono vino e acqua». EcoWordly, il sito online specializzato in ambiente, ha dedicato un approfondito servizio all’acqua da bere, definita «uno stato mentale tipico degli italiani». Una propensione che riguarda in particolare le acque minerali naturali, ritenute più nobili di quelle di rubinetto. EcoWorldy, che ha un focus sull’ambiente, è molto critica, perché ritiene che questa moda aumenti il problema dello smaltimento delle bottiglie e l’inquinamento dovuto al trasporto. Critiche ambientaliste a parte, l’Italia fa tendenza: siamo primi in Europa per consumi e tra i primi per produzione in un settore che cresce in tutto il mondo al ritmo del 30% l’anno. Un mercato appetibile, sul quale s’è scatenata una corsa a investire. E’ dei giorni scorsi, per esempio, la notizia, che Otsuka, il big farmaceutico giapponese, ha acquisito il 49% di Alma, uno dei grandi produttori di acque minerali francesi che produce l’acqua Cristaline e StYorre: un esborso di 120 milioni di yen, motivato proprio con la volontà di diversificare il business in aree promettenti, come quello dell’acqua minerale. Con questa acquisizione Otsuka, che distribuisce nel Sol Levante l’acqua Crystal Gyser degli Usa, vuole mettere un piede saldo sul mercato francese, terzo produttore di acque minerali, e fare delle acque minerali lo strumento per affermare in Francia anche i soft drink della controllata Otsuka Beverage, come il Pocari Sweat, molto popolare tra gli sportivi nipponici. Nuovi protagonisti approdano su questo mercato, già interessato da una grande corsa alle fusioni e acquisizioni da parte dei big mondiali del food&beverage che fanno incetta di marchi di acque, più o meno famose, per completare il loro portafoglio di whisky, vino, yogurt e cibi. Nel risiko delle acque minerale si affacciano anche i marchi dei paesi emergenti. Tata Tea, per esempio, la divisione bevande quotata a Nuova Delhi della grande conglomerata indiana che possiede dalle acciaierie alla poltrona Frau, ha rilevato un anno fa il 32% di Mount Everest, rilanciandola alla grande sotto il brand Hymalian "l’unica vera acqua minerale indiana venduta anche in Usa", recita la pubblicità. E ora, si dice, è in trattative per creare una joint venture con la Danone, la multinazionale francese del food&beverage, tra le prime al mondo in questo settore. Danone, oltre ad altri asset italiani, aveva comprato acque minerali anche nel nostro paese, rilevando Italaque, con i marchi Ferrarelle, Boario e Vitasnella. Il gruppo è stato poi rivenduto ai Pontecorvo, una delle famiglie italiane che tiene saldamente in mano il settore dell’imbottigliamento delle acque minerali, uno dei pochi del nostro paese che resiste allo shopping delle multinazionali, tenendo testa ai concorrenti nelle classifiche internazionali. S’è aperta un varco nel nostro paese la Coca Cola, che ha comprato il gruppo Traficante, che produce l’acqua Lilia delle Fonti del Vulture. E Nestlé, con la quale Coca Cola ha ingaggiato un testa a testa mondiale, che ha acquisito la Vera, la San Pellegrino e altri brand storici come la Panna. Il resto è un business di famiglia. I De Simone, i Sant’Ambrogio, gli Arnone: i signori delle acque, come sono stati ribattezzati., che hanno portato questo asset italiano in cima alle classifiche di produzione internazionale. «Le multinazionali hanno il 23% circa del mercato, il resto è storicamente in mano a imprese di famiglia, alcune operano anche da oltre 100 anni» racconta Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua, l’associazione che raccoglie le imprese che imbottigliano le acque minerali. La proprietà del bene, le terre con le fonti, è delle regioni, gli imbottigliatori pagano un canone a metro cubo sull’acqua imbottigliata. Non sono mancate nel tempo le polemiche tra i sostenitori dello sfruttamento pubblico di un bene naturale, dunque teoricamente di proprietà di tutti. In alcuni paesi, come la Gran Bretagna, anche questo settore è stato completamente privatizzato. Un dato di fatto, però salta agli occhi: «L’acqua minerale italiana costa meno del resto d’Europa – afferma Ettore Fortuna – Il nostro prezzo medio è 0,21 per la bottiglia da un litro e mezzo, contro 0,39 in Belgio, 0,48 in Usa». Il motivo è presto spiegato: abbiamo 325 marche e 192 fonti sorgenti differenti, una forte concorrenza che si fa sentire sui prezzi. Una fonte di acqua minerale vuol dire ambiente protetto, lontano da pascoli e altri potenziali contaminatori: questo, almeno sulla carta, si traduce in arricchimento dell’ambiente. E poi investimenti, soprattutto ora che attorno alle acque, non solo quelle termali, si sta sviluppando il business del fitness e wellness. Siamo i maggiori consumatori di acque minerali, perché, come per il vino, il vasto patrimonio naturale ha stimolato la cultura dell’acqua minerale. «Il 99% dei consumi italiani è fatto da acque italiane. Nel resto del mondo le acque minerali naturali tipo quelle italiane sono limitatissime, non c’è il patrimonio che c’è da noi, che dipende dal tipo di rocce, granitiche, dolomitiche o vulcaniche», racconta Ettore Fortuna. Possiamo scegliere tra tanti, diversi, tipi. E i nuovi trend di consumo, sempre più proiettati verso il lusso a tavola, stanno accentuando questa tendenza, tanto che i ristoranti più glamour hanno una carta delle acque minerali e propongono abbinamenti delle diverse etichette con singoli piatti. Il nostro paese produce 12,3 miliardi di litri di acqua minerale, secondo produttore in Europa dopo la Germania che ne produce 13 miliardi di litri, e subito prima della Francia, attorno ai 10 miliardi di litri di produzione. C’è poi la Spagna, con 6 miliardi di litri. Ora si parla anche di acque minerali Bulgare, ma sono realtà minori. Spiega Fortunato: «Nel mondo circolano acque imbottigliate che non sono minerali naturali, sono acque potabili rese sicure, artesian water». Acque di pozzo rese nobili da una bottiglia e dal mercato. PAOLA JADELUCA