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 2008  giugno 01 Domenica calendario

Studiava nella camera di monsignor Wojtyla. Il Messaggero 1 giugno 2008 Avete un computer? Cliccate subito www

Studiava nella camera di monsignor Wojtyla. Il Messaggero 1 giugno 2008 Avete un computer? Cliccate subito www.libreriaborgo.it. Si aprirà la pagina del sito dell’ingegner Pino Miceli. Capelli grigi, ma un cuore rosso fuoco, 54 anni: in via del Falco 35, lui vende libri scolastici. A settembre e ottobre c’è la folla davanti all’entrata. Adesso ha tempo e voglia di togliersi la maschera di serioso ingegnere specializzato in informatica. Gli chiedo: perché ha i calli sulle sue mani? «Vado fiero di questi calli, mi ricordano la giovinezza: aiutavo mio padre falegname a lavorare per le Guardie Svizzere del Vaticano». Dunque questa, prima di una libreria, è stata una falegnameria? «Certo. E il bancone principale del negozio, papà Rosario l’ha portato su in treno dalla Calabria. Lui e mia madre Wanda venivano da Platì». Ma come siete arrivati a lavorare per le Guardie Svizzere? «Papà è diventato amico di ”Barbetta”. Un tempo si chiamavano così i capitani delle Guardie. Dal ”54 al ”65 per quattro volte abbiamo fatto gli armadi delle Guardie. Altissimi, con delle ante fino a tre metri, per non dover piegare le divise. Io andavo dentro al Vaticano con la Giardinetta a portare il lavoro: e ”Barbetta” mi ringraziava con panini al gorgonzola, un formaggio che arrivava direttamente dalla Svizzera». Ma non ha mai smesso di studiare. «Lo dico sottovoce, ma fui il secondo laureato di tutta Platì». Armadi e libri, faceva anche il Cicerone in piazza San Pietro. «Vero. Col mio amico Giorgio svelavamo ai turisti le curiosità della piazza. Come quel sanpietrino a forma di cuore che sta tra l’obelisco e la fontana, guardando la Basilica. E’ firmato dal Bernini. Poi nel ”79, un pomeriggio tardi, nella piazza abbiamo visto Giovanni Paolo II. Papa da un anno, vestito in clergyman e cappello nero, scortato da due preti, che parlava con dei fedeli polacchi, tenendo in braccio un bambino. Un’emozione unica». Wojtyla è stato sempre sul suo cammino? «Era una creatura imprevedibile. Non mi sono stupito quando ”Barbetta” mi ha raccontato che Sua Santità ha giocato a tennis con il vincitore del torneo delle Guardie Svizzere. E nemmeno quando mia mamma Wanda, che è volata via due mesi fa, mi ha rivelato che nella camera della nostra casa di via Germanico, dove ho studiato per anni, aveva dormito monsignor Wojtyla prima di diventare Papa. Sapere di respirare nella sua stessa stanza, mi ha fatto diventare un leone. Laurea con 30 e lode». Poi papà s’è ammalato. «Lui respirava quelle maledette vernici per il legno. Papà, gli ripetevo, lo vedi che c’è il teschio sui vasi delle vernici? Così, per salvarlo, ho trasformato la falegnameria in libreria scolastica. A 65 anni, per cento giorni, lui è andato a scuola con i miei libri: ha preso il diploma in coraggio, ed è volato in cielo felice». Ha sposato una ragazza etiope? «Sì, l’ho incontrata nella biblioteca in piazza del Collegio Romano. Si chiama Betlemme, e mi ha regalato Valentina, una figlia stupenda». C’è una foto, in cui Papa Wojtyla ha in mano il vocabolario di greco-italiano del Rocci. E lei che ha fatto? «Ho ideato un piano informatico, con gli accenti e gli spiriti rinnovati dall’alfa all’omega, e l’ho affidato a cinque greciste. Presto uscirà la seconda edizione per la Dante Alighieri. Dedicata a Wojtyla…». Paolo Mosca