Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Borsa di Milano è andata giù di quasi un punto per via della bocciatura della Popolare di Vicenza...
• Argomento popolarissimo stamattina...
Non faccia lo spiritoso e tenga conto che dopo il cosiddetto «disastro delle quattro banche» (Etruria, Marche, Ferrara, Chieti), tutto il nostro sistema del credito è sotto osservazione. È anche passata l’epoca in cui la mala gestione o addirittura la malversazione bancaria era coperta dai politici con le risorse della fiscalità generale, cioè facendo pagare a tutti noi le pastette che, specialmente in sede locale, le banche combinavano con gli amici e con gli amici degli amici. Si ricorda il sistema? «Ti concedo questo prestito, se tu mi compri un po’ di azioni della banca». L’hanno fatto le quattro banche, l’ha fatto pure la Popolare di Vicenza che vendeva le sue azioni a 60 euro, azioni che oggi valgono zero. Per riparare i danni provocati da queste porcherie, dallo scorso 2 gennaio valgono le nuove regole europee: pagano per intero gli azionisti e gli obbligazionisti. I correntisti rispondono per la parte eccedente i centomila euro, che viene azzerata.
• In altri termini: si fa fallire una banca come se fosse un’impresa qualunque.
Esatto. Solo che le banche stanno dentro un sistema, e il salto per aria di un elemento del sistema può avere effetti gravi su tutta la rete. Monte dei Paschi è stata salvata con la vendita da parte dello Stato di bond a carissimo prezzo. Le quattro banche di cui sopra sono state fatte saltare e adesso il governo ha regolato con un decreto i rimborsi ai clienti truffati. Restava in piedi il problema di queste altre due banche, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
• Qui mi pare è andata male, se è vero che la Borsa Italiana s’è rifiutata di mettere in quotazione Vicenza.
Bisogna raccontare la storia da principio. La Popolare di Vicenza, dopo aver bruciato sei miliardi di valore, varò un aumento di capitale, cioè chiese soldi ai soci. Banca Intesa, imprudentemente, aveva garantito la copertura delle quote non sottoscritte di questo aumento di capitale, ma quando si vide che le adesioni all’aumento di capitale erano appena dell’8%, scappò via. Si costituì a grande velocità un fondo, detto fondo Atlante (la figura mitica che regge sulle spalle il mondo). Ne abbiamo parlato qualche giorno fa: ogni banca mise qualcosa e la Cassa Depositi e Prestiti (cioè lo Stato) versò 500 milioni. Così alla fine si raccolsero 4,25 miliardi e con questi soldi si sottoscrisse il capitale della nuova Popolare di Vicenza per una quota del 92%. Si sperava di raccogliere un altro 8% in Borsa. Ma quelli che governano la Borsa ieri hanno detto no. Il titolo «Popolare di Vicenza» non è stato ammesso e per il momento non sarà ammesso.
• Perché?
Chiamiamo «flottante» la quantità di azioni che vengono messe liberamente a disposizione di chiunque voglia prendersele. Se lei va in banca e chiede di comprare - mettiamo - un’azione Telecom, questa azione Telecom viene pescata dal flottante di borsa, cioè dalle quantità che ogni giorno gli operatori comprano e vendono. Le regole di Borsa dicono che queste azioni non chiuse in cassaforte devono essere almeno il 25% del totale. La ragione è molto semplice: se il flottante è scarso sarà più facile speculare, cioè far oscillare i prezzi in su o in giù. Basterà vendere o comprare poco per terremotare il titolo. E nel caso di un titolo ancora fragile come quello della Popolare la speculazione al ribasso era facilmente prevedibile.
• È un brutto colpo per quelli che si sono imbarcati in questa avventura?
È soprattutto un colpo psicologico, che ieri ha anche provocato una caduta del 3% di tutti i bancari. È come se un giudice autorevole (la Consob) avesse sentenziato che quella banca non ha ancora le carte in regola per circolare a testa alta in società. Sul piano pratico accadrà poco. Il fondo Atlante, che opera attraverso la società Quaestio Sgr gestita da Alessandro Penati, si farà carico anche di questa quota residua (al prezzo di 10 centesimi per azione), arriverà cioè a detenere il 99,3 per cento della Popolare. La quale però ha comunque 1,5 miliardi di capitale in cassa e potrà ricominciare a camminare. Ricordando quello che ha detto l’altro giorno Elke König, l’economista che presiede il Consiglio di risoluzione europeo (l’organismo che le banche le fa chiudere): «Va tutto bene, ma se dopo l’aumento non fanno nulla, credo che non avranno ottenuto molto. Eccetto buttare soldi buoni dietro quelli che hai già perso».
(leggi)