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 2016  maggio 03 Martedì calendario

La Cia twitta per ricordare l’azione in cui fu ucciso Osama bin Laden. Seguono polemiche

Washington Cinque anni fa. L’1.15 del pomeriggio del primo maggio: inizia da qui la ricostruzione della Cia. Un racconto minuto per minuto dell’Operazione Neptune Spear, l’assalto alla palazzina di Abbottabad, in Pakistan, il rifugio di Osama. Per ricordare quel momento chiave della sua storia – e non solo – l’agenzia di spionaggio americana ha scelto il canale mediatico di Twitter. Una ventina di messaggi, accompagnati da alcune foto emblematiche, che ripercorrono l’incursione dei Navy Seals. «Come se fosse oggi», è stata l’introduzione ad un’iniziativa accolta con giudizi opposti. Se Carolyn Reams, la responsabile-stratega di Twitter nel comando di Langley, soprannominata «Social Khalessi» in onore di uno dei personaggi della serie Game of Thrones, voleva sorprendere c’è riuscita. Perché la raffica di notizie, oltre ad attirare l’attenzione, ha innescato discussioni. Ma se la funzionaria, già protagonista di altri exploit, voleva strappare consensi dovrà rivedere la pratica: molti hanno reagito negativamente, definendo la sortita «poco appropriata» se non grottesca. E poi giù attacchi severi, anche caustici, per una mossa di pubbliche relazioni. Critiche stemperate da chi ha preferito ironizzare auspicando rivelazioni sulla fallita invasione nella Baia dei Porci, a Cuba. Mentre il portavoce Ryan Trapani l’ha riportata nel contesto: «La neutralizzazione di Bin Laden è una delle più grandi operazioni di intelligence di tutti i tempi... Nel quinto anniversario è opportuno ricordare quel giorno e onorare tutti coloro che contribuirono a questo risultato».
La serie dei post lanciati dall’intelligence non ha portato a novità o rivelazioni. Gli agenti si sono limitati a indicare, in modo schematico, quanto è avvenuto in quelle ore frenetiche, con gli intrecci tra Casa Bianca, Comando operazioni speciali, Afghanistan e Pakistan. Una missione rischiosa, con la fase critica dell’elicottero speciale che si schianta al suolo per un’avaria e rischia di compromettere l’intero piano. Un momento fissato dall’ormai celebre foto di un Obama teso che segue gli sviluppi nella Situation Room con a fianco i collaboratori. A destra nell’immagine, Hillary Clinton che porta la mano davanti alla bocca tradendo tutta la preoccupazione. A seguire i colpi sparati dai soldati per abbattere l’imprendibile guida di al Qaeda. Erano le 15.39. Quattordici minuti dopo il responsabile del team avrebbe mandato il messaggio con l’iniziale identificazione del bersaglio. La tesi ufficiale, ripetuta anche in questi giorni, è che non c’era la certezza che l’uomo nascosto in quell’anonima palazzina fosse proprio il grande ricercato.
I gestori della «campagna» avrebbero dovuto scegliere un’altra strada, magari diffondendo qualche particolare inedito, un paio di fotografie. Bastava poco per non essere accusati di «celebrare» una vicenda che non ha ancora dato le risposte alla montagna di interrogativi. Il raid spettacolare non avvistato dai radar, l’eliminazione di Bin Laden nella stanza del terzo piano, i resti dell’elicottero forse studiati dai tecnici cinesi pronti a carpirne i segreti, l’inumazione nell’Oceano Indiano del capo jihadista dopo un rito religioso sulla portaerei Carl Vinson. Per ognuno dei post su Twitter mille domande, alle quali si è cercato di replicare con spiegazioni d’ogni tipo. Compresa quella più complottista con un Osama ancora vivo e rinchiuso in una prigione segreta. In alternativa all’islamista morto anni fa per una malattia oppure al terrorista consegnato dai pachistani dopo un accordo sotto banco e inconfessabile.
Quanti badano al sodo preferiscono guardare avanti. La morte dello sceicco del terrore ha illuso, si pensava di poter passare ad una nuova fase, non più condizionata dalla lotta al terrore. E, invece, il suo posto è stato preso dal Califfo dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi oggi nella linea di tiro della Cia. Sempre che riesca. È lui il nemico che cercano, consapevoli però che una sua eventuale morte non metterà fine al problema jihadista.