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 2016  maggio 03 Martedì calendario

Referendum, chi è dalla parte del “no”

Una sola risposta per tante voci, indistinguibili ma separate: il fronte del no al referendum confermativo della riforma costituzionale è diviso e frastagliato. E i contorni combaciano con quelli delle appartenenze partitiche e di coalizione.
L’unico vero esperimento di sintesi a reggere, per ora, è quello del centrodestra. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia hanno presentato già a gennaio il loro comitato del no presieduto da Annibale Marini. La trazione, soprattutto al sud, è affidata a Forza Italia. Berlusconi in questi giorni ha scritto ai coordinatori regionali e provinciali del partito per chiedergli di iniziare a lavorare per la costituzione dei comitati locali. Su Roma dovrebbero lavorare gli esponenti del partito di Giorgia Meloni mentre al nord toccherà a al Carroccio mettere a disposizione la propria macchina. L’unità referendaria del centrodestra per ora regge, ma la realtà è che prima del risultato delle amministrative nessuno è in grado di dire se e quanto le spaccature interne al campo che ha governato il paese con i quattro governi Berlusconi rischino di produrre un rompete le righe anche sul voto contro la riforma Boschi. Specie dopo la conclusione traumatica della partita romana per la scelta del candidato sindaco.
Oltre a quello del centrodestra ci sono anche i comitati dei centristi di Mauro e Giovanardi e quello appoggiato da Sel. E anche il M5S va verso la presentazione di un suo comitato, ma la sua posizione è più complessa.
I vertici vorrebbero depotenziare il più possibile la portata politica del voto ragionando sul fatto che, solleticato sul tema dei costi della politica, anche il loro elettorato potrebbe essere tentato di dare semaforo verde al testo. Per questo l’idea di appoggiare la proposta dei Radicali di spacchettare il referendum inizialmente era piaciuta. Ma per i Cinquestelle le difficoltà tecniche di arrivare a una soluzione che permetta ai cittadini di esprimersi su singoli punti della riforma rendono impraticabile la scelta. Più agevole, invece, evitare lo scontro e stemperare il più possibile la contrapposizione.
C’è poi il capitolo della sinistra Pd. Anche da quelle parti si attende il risultato del voto delle amministrative. Poi, a risultato consolidato, si capirà se esiste lo spazio per mettere in difficoltà Renzi sul referendum. Se il governo dovesse uscire rafforzato o senza troppe ferite dal voto di giugno allora in molti potrebbero decidere di svoltare convintamente sul sì. Se invece dovesse arrivare uno stop politico al governo allora la contropartita chiesta dalla minoranza per non spaccare a ottobre sarebbe la riapertura dell’Italicum chiesta più volte. Ieri Miguel Gotor è tornato a chiedere al premier-segretario che «un grande partito come il Pd lasci lo spazio per la costituzione al suo interno di comitati del no», auspicando una sorta di libertà di coscienza sul tema per «abbassare la temperatura plebiscitaria della consultazione». E ieri Bersani chiariva: «Voteremo sì purché non venga fuori un sì cosmico contro un no cosmico». Quel che pare assodato è che né Speranza né Cuperlo promuoveranno in prima persona comitati del no: saranno, in caso, gli attivisti legati al periodo bersaniano del partito a farlo.