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 2016  maggio 03 Martedì calendario

La favola del Leicester di Ranieri raccontata da Mario Sconcerti e Gianni Mura

Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
La vera favola è quella di Ranieri. Arrivava sempre un momento prima o un momento dopo, pur facendo bene qualunque squadra toccasse. Aveva imparato così tanto a rinviare le proprie ragioni che forse non ci credeva più nemmeno lui. È stato per geografia di lavoro e ordine di gioco uno dei migliori allenatori europei, ma era come non lo sapesse nessuno. C’era sempre del silenzio tra lui e l’ultimo risultato, come una signorilità che ti distingue e limita. Leicester è stata una liberazione. Era alle parole finali, ha deciso di capovolgerle. Niente tattica, niente lezioni di grammatica del calcio. In Inghilterra i giocatori sulla teoria si annoiano e temono gli italiani per il loro accanimento. Così Ranieri li ha fatti giocare. Poi quasi una bestemmia, ridurre gli allenamenti. I suoi già correvano troppo, doveva aumentare il riposo, non lo sforzo. Infine l’ultima curva: abbandonarsi, lui per primo. Scommettere forte e crederci, la fiducia nella bellezza dell’ultimo sogno, quello che cambia la vita. Questo è successo, Ranieri è diventato un entusiasta, ha perso il peso del buon senso. Ha guidato i suoi ma si è anche fatto portare per mano. Tra un’accelerazione e uno scoglio, si è finalmente abbandonato oltre l’ostacolo: il nemico era lui stesso. Ora non è più schiavo dell’equilibrio a tutti i costi. Detta lui le regole.

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Gianni Mura per la Repubblica
Caro Ranieri, è tutto vero.
Attorno al carro del vincitore si accende e chissà quanto durerà la gioia dei tifosi di sempre, gli uomini (e donne) blu, e non c’entrano i tuareg. C’entra una squadra piccola. I bookmakers a inizio stagione quotavano il suo scudetto 1 a 5.000. E non hanno motivi per gioire, loro. Il blu è di moda. A Leicester da tempo hanno adottato Modugno e volano nel blu dipinti di blu. Forse hanno rifatto il verso agli Stones: non più “Paint it black”, non nero ma blu. Di blu si tingono il municipio, le statue, le facciate delle case. Sempre più blu è cielo sopra Leicester, ma anche sopra Crotone. Sono due imprese, più vistosa quella di Ranieri perché si lega all’italiano che vince all’estero. Nel nostro provincialismo anglofilo (solo quando serve), vincere nella Premier conta più che vincere in Spagna o in Germania.
Lei, Ranieri, in 29 anni ha allenato 14 squadre in 5 diversi campionati. Non è l’esperienza che le manca, questo l’ha riconosciuto pure Gary Lineker, blu dalla nascita, nato a Leicester che aveva twittato un “Ranieri? Really?“ aggiungendo che si trattava di una scelta banale, i soliti vecchi riciclati. Il carisma semmai mancava, e un po’ di fortuna. Adesso non so quanto le facciano piacere i complimenti di Mourinho (“Zero tituli” era anche diretto a lei) o di altri che hanno sempre visto il calcio all’italiana come una volgare violazione dell’etica e dell’estetica. Un po’, Lineker si può capire. In un mondo senza passato, chi si ricorda tutto il buono che Ranieri ha fatto, da allenatore, e le sue scarsa concessioni all’ego? Si ricorda solo il passato recentissimo, quindi Ranieri ct della Grecia licenziato dopo aver fatto un punto in 4 partite e aver perso in casa con le Far Oer. Tra quell’abisso nero e questa vetta blu meno di un anno è passato, ed è questo il dato che più dovrebbe farci riflettere. Dice quanto il calcio possa sorprendere, nel bene (lo scudetto vostro) e nel male (se l’aveste fallito). Dice che una squadra come il Leicester, o il Verona, può vincere se gli squadroni non reggono il passo. Dice che una persona civile e un allenatore serio possono trovare in fretta la quadra, con i giocatori giusti. I paragoni con Robin Hood sono inesatti: non avete rubato nulla a nessuno, in termini ladreschi. Non ai ricchi per dare ai poveri, relativamente poveri visto l’impero del vostro presidente. Avete fatto molto di più, alla faccia (livida, oggi) dei fautori del G14. Lasciamo in pace anche David e Golia. Avete dimostrato che nel calcio conta anche quello che si fa, non solo quello che si fattura, che l’ultima parola non è mai scritta, che la speranza non è una malattia, che le volpi possono evitare le tagliole. Questo conta, e canta, in blu.