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 2018  luglio 29 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Maria Elisabetta Alberti Casellati
Il Presidente della Camera è Roberto Fico
Il Presidente del Consiglio è Giuseppe Conte
Il Ministro dell’ Interno è Matteo Salvini
Il Ministro degli Affari Esteri è Enzo Moavero Milanesi
Il Ministro del Lavoro, Welfare e sviluppo è Luigi Di Maio
Il Ministro della Giustizia è Alfonso Bonafede
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giovanni Tria
Il Ministro delle Politiche comunitarie è Paolo Savona
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Marco Bussetti
Il Ministro della Difesa è Elisabetta Trenta
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Danilo Toninelli
Il Ministro della Salute è Giulia Grillo
Il Ministro per la Famiglia e disabilità è Lorenzo Fontana
Il Ministro per il Sud è Barbara Lezzi
Il Ministro degli Affari Regionali e Autonomie è Erika Stefani
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Alberto Bonisoli
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Gian Marco Centinaio
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Sergio Costa
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Giulia Bongiorno
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Riccardo Fraccaro
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Michael Manley

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Donald Trump
Il Presidente del Federal Reserve System è Jerome Powell
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Theresa May
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Emmanuel Macron
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Édouard Philippe
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Pedro Sanchez
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Ram Nath Kovind
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Tutti i guai della Rai, tra sprechi e incompetenze

il Fatto Quotidiano
Coi Mondiali di Russia 2018, Mediaset ha incassato 100 milioni di pubblicità in 15 giorni, la Rai ha chiuso lo scorso anno in calo di 50 milioni e quest’anno ci sarà una flessione almeno di altri 10. L’ultimo bilancio, relativo al 2017, elenca tutte le attenuanti di un settore in difficoltà, ma poi deve riconoscere che la raccolta della Rai lo scorso anno è scesa dell’8,1 per cento, quella di La7 soltanto del 2,3, Mediaset ha chiuso in pareggio (-0,8), mentre Discovery segnava addirittura un +9,6 per cento.È da numeri come questi che si capisce che per il governo gialloverde la parte difficile deve ancora arrivare. Una volta fatte le nomine, con attente logiche di bilanciamento di equilibri sempre identiche, ora bisogna pensare all’azienda. E la Rai è sempre la solita vecchia Rai. Letteralmente. A marzo 2018 la Rai e il ministero dello Sviluppo economico hanno definito il nuovo contratto di servizio 2018-2022, quello che definisce gli impegni dell’azienda in quanto concessionaria del servizio pubblico (e dunque beneficiaria del canone). L’articolo 25 di quel contratto impegna la Rai a presentare entro sei mesi dalla firma (cioè entro settembre) “un piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate giornalistiche nonché la riprogettazione e il rafforzamento dell’offerta informativa sul web”.L’ultimo tentativo, con il piano di Carlo Verdelli, si è scontrato con resistenze interne tali che sono saltate le poltrone sia di Verdelli sia dell’allora direttore generale renziano Antonio Campo Dall’Orto, nel 2017. Il nuovo cda Rai e i nuovi vertici, il direttore Fabrizio Salini e il presidente Marcello Foa, dovrebbero combattere di nuovo quella guerra di trincea e vincerla. Ma in poche settimane invece che in lunghi mesi. Altrimenti la Rai si troverà già a essere inadempiente rispetto al suo contratto di servizio.Visto l’immobilismo Rai, comunque, è impossibile che tutti gli impegni indicati dal contratto vengano assolti, dato che finora, durante la gestione del direttore generale Mario Orfeo, poco o nulla si è mosso. Non si ha notizia alcuna, per esempio, del progetto di canale tematico di educazione civica che deve “promuovere il valore dell’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”. E sarà interessante vedere che fine farà ora, con un presidente euroscettico e un consigliere, Giampaolo Rossi, sulle stesse posizioni.Ma la partita vera resta quella dell’informazione. Il negoziato in corso sul rinnovo dei vertici dei telegiornali e delle reti rischia di bloccare di nuovo ogni riforma: se i partiti ottengono un direttore poi non vorranno certo ridurre i suoi poteri. L’attuale organizzazione, infatti, risponde soltanto a logiche di spartizione politica. Come ha riassunto di recente Milena Gabanelli. fuori dalla Rai da quasi un anno, la tv di Stato conta su 8 diverse testate giornalistiche e 1760 giornalisti che, nel 2015, secondo la Corte dei Conti, avevano un costo medio aziendale di 145.000 euro a persona (molto elevato per un settore che, nel privato, è sempre più povero). Questo sistema, scrive la Gabanelli sul Corriere della Sera, “ha generato costi enormi perché ogni testata ha un direttore, i vicedirettori, i tecnici, i giornalisti, e tutte le testate a coprire lo stesso evento”.Finora per ogni regione c’erano un responsabile della sede e un caporedattore, senza che nessuno abbia mai capito a cosa servisse la duplicazione di poltrone che ora dovrebbe essere abbandonata. Un sistema inefficiente ma solidissimo, capace di resistere a ogni tentativo di razionalizzazione: non si riescono neanche a organizzare in modo sensato gli uffici. A Genova, per esempio, ogni dipendente continua ad avere 120 metri quadri a disposizione.Gli immobili sono un altro enorme problema. Da anni la Rai cerca di vendere la prestigiosa sede di viale Mazzini, in centro a Roma, ma non ci riesce. E da molto più tempo cerca un’alternativa al grande centro di produzione di Saxa Rubra (le prime indiscrezioni sul desiderio di fuga risalgono addirittura al 1994), ma niente da fare. Tenere tutto il comparto informazione a Saxa Rubra costa intorno ai 550 milioni all’anno. Ma mettere sul mercato gli immobili Rai sembra un’impresa quasi disperata. Da anni si trascinano cause giudiziarie dovute alla presenza di amianto in molti immobili della tv pubblica, ma nel bilancio 2017 si legge ancora che “una importante attività in corso è quella della valutazione della rispondenza strutturale degli edifici aziendali ai requisiti di sicurezza prescritti dalla vigente normativa tecnica”. Poi la relazione finanziaria si dilunga a spiegare quanto meticolosa sia la valutazione, ma la sostanza sembra essere che la Rai ancora non sa neppure quali sono i suoi edifici a rischio e dunque cosa vada messo in sicurezza.Questi problemi strutturali, così come quelli strategici (privatizzare due reti, come vuole Beppe Grillo? e il sito web di news che fine ha fatto?) non sono la priorità, anche se dovrebbero esserlo. Come sempre le esigenze della politica prevalgono su quelle industriali: i 5Stelle scalpitano da mesi e finalmente ora potranno intervenire sui contratti che hanno sempre contestato, a cominciare da quello di Fabio Fazio per Che tempo che fa su Rai1 (la Corte dei conti sta valutando se era congruo o esagerato) e forse quello di Bruno Vespa, altro bersaglio frequente delle polemiche pentastellate.Al vertice della Rai ci sarà un manager con notevole esperienza di prodotto, Salini, e un giornalista con competenze manageriali, Marcello Foa, fino a ieri ad del gruppo del Corriere del Ticino. Se vogliono cominciare a mettere ordine nell’informazione almeno uno strumento ereditato dal caos dell’ultima gestione c’è: una direzione editoriale che per ora si limita a compiti burocratici ma che, almeno sulla carta, dovrebbe essere la cabina di regia da cui ripensare tutta l’offerta informativa. Vasto programma, ripetuto all’insediamento di ogni cda. Ma prima o poi qualcuno ci riuscirà.Stefano Feltri e Carlo Tecce


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