La Stampa, 29 luglio 2018
Intervista a Silvio Berlusconi
Sul profilo professionale e politico del nuovo presidente della Rai, indicato da Lega e M5S, non si pronuncia. Ma sul metodo sì. Sottolineando il «carattere unilaterale» della proposta avanzata da Salvini, Silvio Berlusconi lascia intendere di non essere stato preventivamente consultato dall’alleato (ex?) su un nome che «la maggioranza – precisa – ha concordato solo al proprio interno».
Un «pessimo segnale» per il leader di Forza Italia, che sembra così preparare il terreno per un clamoroso no a Marcello Foa. In questa intervista marca le distanze dal governo su tutti i fronti aperti. E prevede vita breve per un’alleanza di centrodestra che sembra ormai tale solo sulla carta.
«Sessantottini in ritardo», «arroganti» e «ignoranti». Così ha definito due giorni fa i Cinque Stelle. Si è pentito di aver consentito a Salvini di farci un governo insieme?
«Per la verità non ho mai usato la parola “ignoranti”: non appartiene al mio lessico insultare gli avversari sul piano personale. Confermo che sono del tutto inadatti a governare il Paese e che le loro idee sembrano una cattiva riproposizione, con 50 anni di ritardo, della confusa ideologia del ’68: sovvertire tutto, per non combinare nulla».
Quanto può durare questa anomalia di un’alleanza di centrodestra che vale solo per le regioni mentre Salvini a Roma governa con chi non si è nemmeno voluto mettere a sedere con lei?
«Nella prima Repubblica il Psi di Craxi per 15 anni governò a Roma con la Dc e invece nella maggior parte dei Comuni e delle Regioni con il Pci. Non credo però che questa volta accadrà la stessa cosa».
Dalla Tav al Decreto dignità, dalle tasse alla politica estera, ogni giorno nel governo è una Babele di voci dissonanti. Secondo lei il governo “mangerà il panettone” o la legge di Stabilità sarà un ostacolo impossibile da superare?
«Se lo farà, sarà un panettone molto amaro per gli italiani. L’idea di rimettere in discussione la Tav è una follia contro le imprese italiane, contro le Regioni del Nord, contro la stessa tutela dell’ambiente. C’è di peggio: l’ambiguità del governo sta facendo rialzare la testa ai gruppuscoli violenti di eversori che in Val di Susa aggrediscono la polizia e mettono in pericolo la sicurezza dei lavoratori».
Il suo appello a Salvini perché fermi Di Maio è caduto nel vuoto.
«Come può la Lega permetterlo? Come può permettere che si approvi un “Decreto Dignità” contro le imprese e contro il lavoro? Se questo è l’inizio, cosa succederà nella legge di stabilità?».
Vi state preparando all’eventualità che si vada a nuove elezioni a breve?
«Noi stiamo rinnovando e rilanciando Forza Italia, con la democrazia dal basso e con un vasto cambiamento dei vertici, per essere pronti al momento in cui l’esperimento giallo-verde fallirà».
Il governo non ha ancora prodotto molto, salvo il decreto Di Maio. Come mai i sondaggi continuano a premiarlo e danno voi e il Pd in discesa?
«Salvini, ma anche Di Maio, sono ottimi comunicatori, hanno saputo dare l’idea di essere il cambiamento rispetto ad anni di governi del Pd, non scelti dagli italiani, dei quali la gente era effettivamente stanca».
Forza Italia non se la passa bene. Oltre alla nomina di Tajani come pensa di intervenire?
«Forza Italia sta molto meglio di quello che si pensa. Giovedì abbiamo riunito i quadri dirigenti di tutt’Italia e ho trovato una qualità, un entusiasmo, una voglia di combattere e di tornare a vincere, che mi hanno molto confortato. Noi siamo il futuro liberale: il presente populista-sovranista è rumoroso ma fragile. La scelta di Tajani, al di là dei suoi meriti personali, significa proprio questo: la nostra strada è quella dell’Europa dei popolari e dei moderati, ma non certo quella dei difensori dello status quo».
Ci racconta il progetto de «L’Altra Italia»? È solo un nuovo «brand» oppure c’è dietro l’idea di una nuova forza politica?
«“L’Altra Italia” non è un “brand”, non è una nuova sigla politica. Se qualcuno ha inteso questo è caduto in un equivoco. Forza Italia va avanti, è il nostro futuro, e sarà un futuro vincente. “L’Altra Italia” è il mondo al quale ci rivolgiamo, è la gente comune con la quale ci identifichiamo, è l’Italia seria, laboriosa, onesta, concreta, che si aspetta risposte altrettanto serie e concrete».
Stando ai sondaggi esiste ancora questa “altra Italia” a cui intende rivolgersi oppure è ormai tutta conquistata dalle sirene di Salvini-Di Maio?
«Stando ai sondaggi questa “altra Italia” non soltanto esiste ma è maggioritaria, in buona parte non va a votare, o disperde il proprio voto, mentre alcuni votano già per noi, e altri hanno dato fiducia alla Lega o ai Cinque Stelle, ma è una fiducia molto labile e certamente reversibile».
La Cei, le testate giornalistiche del mondo cattolico, la Confindustria, il mondo produttivo del Nord: non le sembra che l’opposizione al governo la facciano più quelli fuori dal Parlamento?
«Quando parlo di altra Italia mi riferisco ai singoli cittadini, ma anche alle realtà organizzate, come quelle che lei ha citato. Molte delle loro battaglie sono le nostre battaglie anche in Parlamento».
L’Italia guarda a Putin e a Trump, sembriamo isolarci dal resto degli europei, stiamo sbagliando qualcosa?
«Il problema è proprio l’isolamento: l’Italia può avere un ruolo da protagonista se è in grado di costruire alleanze. Non si fa politica estera picchiando i pugni sul tavolo, ma trovando - come ho sempre fatto io - convergenze di idee, di interessi, anche di sensibilità e di affinità personale con i diversi leader».
Ho lasciato per ultima la domanda che si stanno facendo tutti in Parlamento: come valuta la nuova ondata di nomine, a partire dalla Rai? Voterete il presidente Foa in Vigilanza?
«Vedo una forte volontà spartitoria. Il carattere unilaterale della proposta per la Rai, che la maggioranza ha concordato solo al proprio interno, mi sembra un pessimo segnale».