Libero, 29 luglio 2018
Contro Michela Murgia
Se siete fan di Michela Murgia non vi farà nessun effetto, ma chi va sul profilo Twitter della scrittrice “premio Campiello” 2010, e prezzemolina dei salotti buoni di sinistra, si imbatterà in una strana conta quasi quotidiana. La scrittrice, infatti, pubblica a intervalli irregolari le fotografie della prima pagina del Corriere della Sera e di Repubblica, cerchiando in blu o in nero le firme degli uomini e in rosso le firme delle donne: ne fa la somma e commenta nei 280 caratteri consentiti da Twitter. Facciamo qualche esempio recente. Il 14 luglio scorso scriveva: «Al 105° giorno di osservazione del divario di genere sulle prime pagine dei 2 giornali principali, lo stato delle cose è il seguente: @repubblica 50/50, @Corriere insolitamente ha 3 firme di donna in cronaca. Commenti e analisi saldamente #tuttimaschi»; oppure: «Anche oggi il discorso pubblico italiano su @corriere e @repubblica è fatto da #tuttimaschi che parlano solo di maschi. La realtà come uno spogliatoio dopopartita. Le giornaliste esistono solo di contorno #italiasaudita» (1 luglio).Perché Murgia si prende la briga di fare questa cernita a giorni alterni? Sembra che per lei questa sia una misura congrua di quanto nel mondo dei giornali il sessismo sia ancora imperatore. Questo ruolo, da autoproclamata Giovanna D’Arco delle “quote rosa”, farebbe anche tenerezza se non si accorgesse che fa del male alla stessa causa che difende. Intanto, la libertà è anche che un giornale possa far scrivere chi gli pare sull’argomento che gli pare, inoltre fare la tara alle intenzioni su una base aritmetica è sia semplicistico che fuorviante. Non essere in prima pagina non vuole dire non essere bravi: vuol dire che nel momento in cui il giornale esce, il giornale ha bisogno che la prima pagina offra al lettore determinati servizi invece che altri, e non firme maschili piuttosto che femminili.
Non solo: se sulla prima pagina del Corriere dell’8 luglio scorso le donne si sono occupate “di lupi e surgelati” non capiamo dove stia il problema. Intanto, lupi e surgelati non sono merda. E poi non si deve neppure trascurare il fatto, sciovinista quanto si vuole, ma vero, che donne e uomini spesso sono diversi in gusti, interessi, passioni, oltre che nel corpo e nel carattere. Possiamo ereticamente suggerire che forse le donne hanno più voglia di scrivere d’altro? Che a molte di loro la politica (proprio quella che, ahinoi, è destinata sempre alla prima pagina) non piaccia? È discriminazione? Non c’è modo peggiore per qualificare una cosa che renderla uguale a un’altra; e, per emarginare una donna, che spingerla a sembrare un uomo.
E poi: siamo sicuri che gli argomenti che vediamo sulle prime pagine di Corriere e Repubblica siano quelli più letti? Una tirata di Salvini è davvero più attraente di un’inchiesta sulla società? Camilla Cederna fu grande con la sua rubrica di costume Il lato debole, sull’Espresso; la prima Oriana Fallaci lanciò la sua carriera dedicandosi al costume, alla moda e agli spettacoli, dai frivoli “fatti romani” alle star di Hollywood. Tutti temi femminili, ma così retrivi… Insomma, Murgia corre dietro a un femminismo antico, e non si è accorta di essere già stata superata, e di slancio, non solo dalla storia ma anche dalla letteratura: Jessa Crispin, ultrafemminista americana al di sopra di ogni sospetto di connivenza con l’altro sesso, nel suo “Perché non sono femminista”, ha scritto che il rischio più grave per le donne di oggi è quello di diventare uomini, di rinunciare ad essere femmine, perfino nella pratica di valori tradizionali. E così facendo, non abbiamo «un mondo più egualitario; è lo stesso identico mondo, solo con più donne dentro». E quindi «anche tu, donna, sei il patriarcato», parte del sistema. Murgia invece è ancora lì ed è così fissata da cadere nelle trappole della sua stessa retorica: in un’intervista dell’anno scorso dice che «l’uomo etico dà regole a se stesso e il moralista dà sempre regole agli altri», ma poi critica nei dettagli ogni azione altrui. Dunque, per le donne è un sillogismo che non vale? A noi è concesso fare la lezione agli altri? Infine, durante la festa di Repubblica 2018, Murgia ha fatto un confronto tra populismo e popolarità. Il primo «agisce sui timori, se ne prende carico, cerca un colpevole, cerca il voto»; la seconda: «agisce sui valori, li deve condividere, trova una soluzione, costruisce il consenso». Ma non si è accorta che lei, voto escluso, sfrutta esattamente le dinamiche che attribuisce al populismo... Facciamo una cosa, smettiamo di farci trattare come «inutili gingilli muti», come lei ha detto in un’altra intervista, e scriviamo sempre meglio per arrivare alla prima pagina. E magari faremo pure degli editoriali. Ricordiamoci chi siamo e basta: «Le donne e i gatti faranno ciò che vogliono. Gli uomini e i cani dovrebbero rilassarsi ed abituarsi all’idea», scriveva lo scrittore Robert Henlein. Che era un uomo ma aveva capito tutto.