la Repubblica, 29 luglio 2018
Non svegliate Mr G, il Tour in una bolla. «Ma è tutto vero?»
ESPELETTE In squadra tutti lo chiamano G, forse Geraint è troppo complicato. I genitori, Howell e Hilary, gli hanno dato il nome di un protagonista della saga arturiana. Entra sotto il tendone- sala stampa e nessuno accenna a un applauso. Incassa sorridendo, ed è chiamato a spiegare il momento di commozione subito dopo il traguardo. «Mi è venuta incontro Sara Elen, mia moglie. Ci siamo sposati due anni fa, è stata la migliore iniziativa della mia vita. Non sapevo che era qui. Anzi, non avrebbe dovuto esserci, ogni volta che è venuta a una corsa io sono caduto». Stavolta ha solo rischiato. «Sì, poi ho capito che dovevo rallentare». Quando ha capito che poteva vincere il Tour? «Fino a Parigi non rispondo, non mi sembra vero neanche adesso». L’avversario più duro? «Dumoulin. Ho fatto la corsa su di lui. Un po’ mi assomiglia. È freddo, sa controllare la corsa. Ma anche Landa e Bardet, attaccando da lontano, hanno avuto coraggio». In che momento è diventato capitano? «Sull’Alpe d’Huez, penso. Sui Pirenei era chiaro che a Chris mancava qualcosa, un po’ di energia e un po’ di fortuna. Nel mio Tour è filato tutto liscio grazie alla squadra e a Froome in particolare. Ci siamo parlati molto, siamo amici, non è geloso della mia vittoria, ha svolto benissimo il suo nuovo lavoro. Ringrazio lui e tutti gli altri, ringrazio il pubblico francese che in larga maggioranza m’ha sostenuto, per il resto non è il caso di drammatizzare. Lo stress, in corsa, c’è sempre. L’ostilità di una parte del pubblico non mi ha tolto il sonno, ho vissuto tutto il Tour come in una bolla. Senza leggere giornali, scusate, senza andare sui siti ciclistici, al massimo m’informavo sui risultati del rugby».
Thomas, come altre stelle dello sport gallese (Gareth Bale del Real, il rugbista Sam Warburton) ha studiato alla Whitchurch High School, 2.400 studenti, molta attenzione allo sport. La City Hall di Cardiff da ieri sera è illuminata di giallo in suo onore. Sarà nominato Sir, come Wiggins. E cosa farà, col contratto in scadenza? Resterà a Sky, dove Froome ha ancora due anni di contratto e dove stanno crescendo Bernal? «Bella domanda, fatela ai manager di Sky. Voglio restare dentro la bolla, attento solo alle piccole cose. Ci sono riuscito finché non ho visto mia moglie. Lì il muro e crollato e mi sono lasciato andare. Stasera una birra, forse due, la festa vera a Parigi. Mi dicono che Cardiff è impazzita di gioia e sono contento. Siamo un piccolo Paese, se qualcuno dei nostri emerge è una felicità per tutti».
In tv rivela di aver tifato Francia, al Mondiale. E Olivier Giroud in particolare. E parte il collegamento con Ibiza, dove Giroud in canottiera sta passando le vacanze. Scambio di gentilezze e promessa di scambiarsi le maglie. G, se non si fa caso alla maglia da ciclista, ha una testa spettinata da batterista anni ’60. Pare sia molto bravo nel cantare le canzoni dei minatori, attivi fino agli anni ’80. Ma è giusto sentire anche Froome: «G ha fatto una corsa perfetta, a me è mancato qualcosa. Sono orgoglioso di salire sul podio al suo fianco: è stato fondamentale in molte mie vittorie, sono felice di avergli dato una mano in questo Tour. No, il Giro non c’entra, sono contento di averlo corso e di averlo vinto. Primo e terzo, segno che non è impossibile correrli tutti e due nella stessa stagione, lo dimostrano anche i due secondi posti di Dumoulin». Nel 2019 cosa sceglierà? «È troppo presto per rispondere. Adesso voglio solo andare a casa per festeggiare la nascita del secondo figlio, è questione di giorni». Ultima cosa: l’ostilità del pubblico? «Non è piacevole correre così, è chiaro, e ci sono due possibilità: o reagisci o ti deprimi. Noi abbiamo reagito meravigliosamente, mai vista la squadra così unita. Il Tour non era più Froome contro Dumoulin o Bardet, ma Sky contro tutti. Il podio di Parigi è la nostra risposta». Anche Dumoulin parla dell’accoppiata Giro-Tour. «Fattibile, ma l’anno prossimo ne correrò uno solo, dipenderà dal percorso. Della mia corsa sono strafelice, avrei firmato per un risultato così prima di partire. Thomas è stato il più forte, mi complimento con lui e gli esprimo il massimo rispetto. Quando si parla di Sky molti fanno scivolare il discorso sul budget. È ovvio che avere soldi è meglio che non averne, ma squadre così non si costruiscono solo col budget».
Infine, la tragicomica avventura di Andrea Pasqualon. Esce per il riscaldamento pre-gara scortato da una moto della gendarmeria, che però si perde. Siamo a St.Pée sur Nivelle, non a Parigi. Ma passi. Si perde di brutto, tant’è che Pasqualon parte con 6’ di ritardo sull’orario previsto, parte così com’era, senza body. E deve tirarsi il collo per non chiudere fuori tempo massimo. Ci riesce, arriva penultimo, ed è premiato da una multa della giuria: 200 franchi svizzeri per circolazione non conforme nella zona di partenza.