Corriere della Sera, 29 luglio 2018
Ballerine ritrovate, ritratti rovesciati: i capolavori dietro i capolavori
L’altra faccia dell’opera. Che cosa nascondono il retro di un quadro, di un telaio, di una cornice che fanno da corollario a paesaggi, nature morte, ritratti, scene «classiche» sacre e profane? Quali storie possono svelare del pittore, del suo tempo, dei passaggi di proprietà? Uno scandaglio, in questo senso, porta a curiose scoperte. E così Chiara Casarin, direttrice del Museo civico di Bassano del Grappa (Vicenza), decide di indagare sul retro dei lavori esposti permanentemente nella pinacoteca ed anche nei depositi.
Frasi dell’artista con messaggi talvolta misteriosi, rattoppi, timbri, dediche, etichette di partecipazione a mostre, disegni come appunti; stato di conservazione, età e origine del dipinto; persino articoli di giornali. Nuove letture, nuove interpretazioni? Certo, storie di un certo interesse, magari – in qualche caso – addirittura capaci di rovesciare quanto sinora «contabilizzato».
Da qui, Abscondita. Segreti svelati delle opere d’arte (sino al 3 settembre): un centinaio di lavori dal tardo Medioevo al Novecento, attraverso Jacopo Da Ponte, Giandomenico Tiepolo, Antonio Canova, Francesco Hayez, Antonio Bianchi e Mario Sironi, dove, accanto al recto (parte anteriore), convive il verso (parte posteriore). Ma c’è anche il caso in cui il verso è rappresentato dal recto.
Il primo caso? Verso la fine del ’600, ad Anversa, quando Cornelius Norbertus Gijsbrechts (1630-1675) decide, nell’ultimo lustro della sua vita, che il soggetto di un suo quadro rappresenti il retro. «Lo dipinse nei minimi particolari – spiega la Casarin, in catalogo – avendo cura di riprodurre le venature del legno sul telaio, creando le zone d’ombra riprodotte dallo spessore delle assi e la fitta connessione fra trama e ordito della tela, dipingendo minuziosamente i chiodi e un piccolo cartellino inventariale aderente solo in parte alla superficie. Un’opera fuori dall’ordinario per la pittura dell’epoca». Una perfetta riproduzione del dipinto, conservato al Museo nazionale di Copenaghen, fa da introibo alla mostra del Comune vicentino.
Le sorprese di Bassano? Tante. A cominciare dal retro del Mercato degli amorini (fine ’700) del Canova, dove sono raffigurate cinque donne «che riprendono le caratteristiche grafiche e pittoriche degli altri studi (…). Soggetto frequente nei disegni e nei monocromi, le danzatrici occupano uno spazio che verrà usato dal Canova per ulteriori composizioni. Che per lo scultore il retro fosse una superficie utilizzabile, perché non visibile, per fini di studio?».
Sempre del Canova è il retro del Trasporto a terra della salma di Orazio Nelson (1805), orizzontale, dove un uomo sta per essere incoronato (con figure in verticale). Il Ritratto (fine ’800) di Antonio Bianchi, sul retro ne presenta un altro, capovolto.
Ed ancora: nella donazione di Maria Teresa Dalla Valle al Museo bassanese, di novanta fogli e una tavola di Mario Sironi, si vede come spesso l’artista, per studiare un dettaglio, disegni su entrambi i lati. Domanda logica: quale parte esporrà, un curatore, in un’eventuale mostra di queste carte? Magari i lavori potrebbero essere appesi al centro di una sala e il visitatore girarci intorno. Un sorta di gioco che dà l’idea di una pittura-scultura?
Operazione analoga (Recto Verso) alla Fondazione Prada di Milano, tra il dicembre 2015 e il febbraio del 2016. Fra le testimonianze curiose, quella di Gastone Novelli, che, alla Biennale veneziana del ’68, aveva esposto il retro di un quadro con la scritta «La Biennale è fascista».
E che cosa dire dei lavori di Llyn Foulkes e di Giulio Paolini, «visibili solo se mostrati al contrario»? E della doppia esposizione, magari guardando «attraverso l’opera» (Sarah Charlesworth) o sostituendo la tela con plastica trasparente (la mite e dolcissima Carla Accardi)? Per non parlare di Alberto Burri e delle sue Combustioni (1962-63), visibili da entrambi i versi, o Un libro, il lato letterario del quadro (1970) di Michelangelo Pistoletto, formato da 31 pannelli, dove può leggersi una frase a senso compiuto.
Alla fine, sembra che l’opera si liberi da pastoie in cui, per secoli, è rimasta impantanata. E la sua lettura? Può anche passare da una porta secondaria.