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 2018  luglio 29 Domenica calendario

Come e quando gli inglesi inventarono la (loro) civiltà

Dalle buone maniere all’imperialismo, il passo è breve. È il senso del documentatissimo volume di Keith Thomas, storico a Oxford, intitolatoIn Pursuit of Civility: Manners and Civilization in Early Modern England. Un volume che traccia il percorso, dalla Riforma protestante all’inzio dell’Ottocento, in cui si forma il concetto di civilizzazione e condotta educata: e come ciò avvenga in contrasto con gli Altri, di volta in volta definiti «barbari» o «selvaggi».
Attraverso un ventaglio di fonti amplissimo, dai filosofi più noti ai pamphlet anonimi, Thomas ripercorre lo sviluppo dei concetti di civiltà e raffinatezza. È in particolare nel XVI secolo che si verifica una trasformazione nell’atteggiamento verso le buone maniere: fino ad allora esistevano rituali di comportamento cortese, in particolare nell’aristocrazia, ma nulla a che vedere con un generale codice di condotta supportato da giustificazioni filosofiche. Il cambiamento è dovuto in parte all’avvento del Protestantesimo, ma anche alla diffusione della stampa, che consentì di propagare i nuovi costumi. Il risultato fu una vera ossessione degli inglesi per le buone maniere: fra il 1690 e il 1760 vennero pubblicati circa 500 manuali sull’argomento. Le persone ben educate venivano definite come «civilizzate», cioè elevate da uno stato di «barbarie»: un termine di uso sempre più comune dopo il 1570. La «civiltà» consisteva soprattutto nella considerazione degli altri: comportamento gentile, conversazione interessante, lavarsi e vestirsi con decenza. Ma scivolava facilmente in un senso di acquisita superiorità.
Applicato ai popoli, il concetto di «civilizzato» implicava un sistema di leggi e di governo occidentale (o britannico), una avanzata produzione materiale e commerciale, l’interesse per le arti e le scienze. In forma di contrasto veniva costruita l’immagine dell’«Altro» barbaro: rozzo, violento e povero, esattamente come i popoli in cui i viaggiatori europei si imbattevano.
La civilizzazione diventava per gli inglesi misura di superiorità culturale, il che dava giustificazione teoretica all’impero britannico. Gli inglesi esaminavano le loro pratiche e comportamenti e trovavano che – straordinaria coincidenza – era proprio ciò che si richiedeva per ottenere preminenza. Di qui l’idea della «missione civilizzatrice»: il dovere degli inglesi di raffinare il mondo. E poco importa se si trattava di strappare terre ai «selvaggi» e condannarli al genocidio.
Il quesito di fondo di Thomas è come si giustifichino le pretese di superiorità di una civiltà: e si chiude con l’appello a una concezione più ricca di comunità umana. Una in cui non esistono i «barbari».