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 2018  luglio 29 Domenica calendario

L’amaca

Nessuno dei vecchi partiti, ahimè proprio nessuno, ha le carte in regola per denunciare la lottizzazione della Rai. Men che meno la Lega, la cui storia “rivoluzionaria” è stata brevissima: ci ha messo un attimo a diventare uno dei più collaudati partiti di governo e sottogoverno, e in perfetta coerenza con il suo lungo passato oggi giostra con i nuovi incarichi. Quello che fa veramente impressione, piuttosto, è vedere seduto a quel decrepito tavolo (quello attorno al quale sono i partiti a decidere la governancedella Rai) il cosiddetto movimento fondato da Beppe Grillo, i cui tonanti comizi contro la Rai serva dei partiti quasi scheggiavano i muri. Non risulta che, una volta al potere, i suoi seguaci abbiano portato, nel metodo come nei risultati, alcuna variazione apprezzabile. Come tutti, e come sempre, sperano di buttare fuori i nemici e mettere al loro posto gli amici, secondo una visione del tutto antiaziendale, e vecchia come il cucco, della maggiore azienda culturale italiana. La presidenza e il telegiornale più seguito e politicamente più strategico, il Tg1, vanno al partito del vero capo del governo, che è Salvini, l’amministratore delegato è indicato dai cinquestelle. Dove stia il cambiamento non si sa, ma è quanto basta a Gigi Di Maio per annunciare, gongolante, che «ci libereremo finalmente di raccomandati e parassiti». È uno spettacolo antico come il mondo: licenzieranno Pagliuzza e assumeranno Trave.