
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Adesso non bisogna dire, e tanto meno titolare, che il Papa ammette l’aborto...
• Perché? Che cosa ha detto il Papa?
Non «detto», ma «scritto»: l’aborto «è un peccato grave, perché pone fine a una vita innocente». E però i sacerdoti si facciano «guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti» in un cammino «di speciale riconciliazione». I sacerdoti mettano in atto «un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante» per comprenderev che «ognuno porta con sé il peso e la ricchezza della propria storia». Quando il sentiero della vita nuziale è «interrotto da sofferenza, tradimento e solitudine», scrive il Papa, l’esperienza della misericordia «ci rende capaci di guardare a tutte le difficoltà con l’atteggiamento dell’amore di Dio che non si stanca di accogliere e accompagnare». Queste parole significano che le madri che hanno abortito, e i medici che le hanno aiutate in quella pratica, non sono più scomunicati, ma, come per i divorziati nell’Amoris Laetitia, potranno accedere ai sacramenti. Presa di posizione enorme, se solo si ricorda quali battaglie la Chiesa ha sostenuto contro il diritto all’aborto reclamato dalle femministe e dalla sinistra in genere. Su questo punto si scontravano due visioni a loro modo ugualmente fondamentaliste: «il corpo è mio e lo gestisco io» dei movimenti femministi, assunto che dava alle donne il diritto di vita e di morte sulla «cosa» che ognuna portava in seno (e che, in questa visione, non era ancora considerata «umana»). E il punto di vista, millenario e non negoziabile, in base al quale la vita non ci appartiene, ma appartiene a Dio, dunque non possiamo disporne a nostro piacimento. Inclusa la vita del concepìto, essere umano fin dal primo istante. Sulla base di questa concezione l’aborto è un omicidio, la madre che abortisce un’assassina, il medico che l’aiuta il complice di un delitto.
• Francesco ha rovesciato questo punto di vista?
No. Francesco invoca dentro un evento tanto tragico la comparsa della misericordia (anzi, della Misericordia), l’angelo pietoso a cui è stato intestato il Giubileo del 2016. Il Pontefice aveva annunciato la lettera Misericordia et misera
, anticipandone lo spirito nel discorso che ha accompagnato la chiusura della Porta santa domenica scorsa, discorso in cui era stata esaltata «la regalità paradossale» di Cristo in croce, all’apparenza «più un vinto che un vincitore». «Quante volte siamo stati tentati di scendere dalla croce, ha detto domenica scorsa il Papa. La forza di attrazione del potere e del successo è sembrata una via facile e rapida per diffondere il Vangelo, dimenticando in fretta come opera il regno di Dio [...] La misericordia, portandoci al cuore del Vangelo, ci esorta a rinunciare ad abitudini e consuetudini che possono ostacolare il servizio al regno di Dio, a trovare il nostro orientamento solo nella perenne e umile regalità di Gesù e non nell’adeguamento alle precarie regalità e ai mutevoli poteri di ogni epoca [...] Anche se si chiude la Porta Santa, rimane sempre spalancata per noi la vera porta della misericordia, che è il Cuore di Cristo. Dal costato squarciato del Risorto scaturiscono fino alla fine dei tempi la misericordia, la consolazione e la speranza». Diffusa ieri la lettera, si è scoperto fino a che punto si spinge la Misericordia di Francesco: la Misericordia «non può essere una parentesi nella vita della Chiesa», la Misericordia «è un valore sociale» che deve spingere «a rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone». È in nome della Misericordia che anche chi si è macchiato di uno dei delitti più orrendi - l’aborto - deve essere ascoltato, capito, perdonato poiché «niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono». «Nessuno di noi può porre condizioni alla clemenza divina: noi per primi siamo stati perdonati in vista di questo ministero».
• Sul piano pratico?
Sul piano pratico diventa permanente la possibilità per i sacerdoti di assolvere chi ha procurato l’aborto, viene concessa una proroga fino a nuove disposizioni alla validità delle confessioni celebrate dai sacerdoti lefebvriani e viene confermato il mandato dei missionari della misericordia, che erano stati inviati a predicare, ascoltare e perdonare i fedeli.
• Come si spiega che, nonostante tutte queste aperture, il Giubileo sia stato un mezzo fallimento?
Francesco ha voluto un giubileo sobrio, senza iniziative da marketing. E ha voluto un giubileo planetario, e non solo romano. La Porta santa che ha inaugurato l’anno giubilare è stata aperta un anno fa a Bangui nel Centrafrica, e ne sono poi state aperte più di diecimila in 2.089 circoscrizioni. Monsignor Luciano Cappelli ha portato una Porta santa di legno tra le isole dell’arcipelago delle Samoa, installandola ogni volta nelle chiese locali perché venisse aperta.
• I venti milioni di pellegrini che si sono visti a Roma sono quelli che, più o meno, arrivano tutti gli anni.
Monsignor Fisichella, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha ringraziato il governo italiano, ministro Alfano e la Regione Lazio, e ha volutamente negato la sua gratitudine al Comune di Roma e ai tre personaggi che ne hanno retto le sorti in questo anno: l’ex sindaco Marino, il prefetto Tronca, l’attuale sindaca Virginia Raggi.
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