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 2016  novembre 22 Martedì calendario

Musicarelli, l’epopea 
di un’Italia spensierata 
che viaggiava a 45 giri

La differenza è sostanziale, e Rita Pavone, eterna ragazza, imbattibile combattente, ci tiene a mettere i puntini sulle i: «Una cosa sono i “musicarelli”, termine che, per altro, ho sempre detestato, un’altra i film che ho fatto con Lina Wertmüller, costruiti sul modello dei musical americani con Doris Day». 

Eppure, nel documentario che Steve Della Casa e Chiara Ronchini hanno dedicato al glorioso filone del cinema interpretato dai cantanti di successo, Rita la sempreverde ha un ruolo essenziale, legato alle sue interpretazioni in Rita la zanzara, Non stuzzicate la zanzara, Rita la figlia americana: «L’incontro con Lina Wertmüller risale al ’62: dopo avermi trasformata in un maschietto per Gian Burrasca, decise di mettermi in testa una parrucca rossa, di far emergere la mia femminilità e di affidarmi il ruolo di Rita la zanzara. L’esperimento andò benissimo, per la prima volta qualcuno scrisse di me usando il termine “appetitosa”». 

La saga andò avanti in un crescendo di successi, fino a Little Rita nel West «che è stato acquistato anche in Giappone». Il segreto era nelle storie, create su misura per la protagonista, nella maestria della regista e nella sua capacità di ideare accoppiamenti inediti, per esempio Rita Pavone e Giulietta Masina, nei rispettivi ruoli di figlia e di madre: «Ho un grande affetto per la Wertmüller, mi ha fatto fare belle cose, e mi è piaciuto molto essere circondata, grazie a lei, di personaggi importanti. E poi i suoi erano film con una costruzione originale, anche dal punto di vista dei costumi e delle scenografie». I «musicarelli» celebrati in Nessuno ci può giudicare, sottotitolo «un film a 45 giri», consistevano invece, puntualizza Pavone, in una semplice trasposizione: «Si prendevano i dischi dei cantanti noti e si creavano situazioni che permettessero loro di cantare». 

Ricetta semplice, ma efficacissima: «Quei film – fa sapere Della Casa – hanno fatto miliardi. Sappiamo che Goffredo Lombardo di Titanus amava quelle pellicole: per merito loro, diceva, era stato evitato il fallimento della sua gloriosa casa di produzione». I titoli più celebri del filone, Nessuno mi può giudicare e In ginocchio da te, «incassarono due miliardi ciascuno» e questo in un Paese che è sempre rimasto piuttosto impermeabile al genere musical: «Da noi – osserva Pavone – il cinema musicale non ha avuto fortuna. Un po’ perché dare una voce italiana a una come Julie Andrews non poteva funzionare, un po’ perchè non amiamo i sottotitoli. D’altra parte anche i biopic sui grandi artisti non attirano: se vedi la storia di Ray Charles, ha voglia di sentirlo interpretare i brani; se canta un altro, l’effetto è ben diverso». 

Insieme con i film di Pavone, si vedono in Nessuno ci può giudicare spezzoni di Perdono, di Non son degno di te, di Pensiero d’amore e dei Ragazzi di Bandiera Gialla. Un tuffo nel passato dell’Italia alla vigilia della rivoluzione culturale del ’68: «All’epoca soffrii molto – ricorda Pavone – ma non mi sembrava giusto fare la cantante impegnata dopo aver guadagnato tanti soldi. Eppure quella realtà la conoscevo bene, mio padre era un operaio Fiat». 

Sussulti di coerenza che oggi sembrano fantascientifici: «Togliatti era un mio ammiratore – svela Rita -. Una simpatia che mi creò problemi per un viaggio in Usa: mi chiamarono all’Ambasciata per il visto, mi chiesero se per caso ero comunista».